Google pagherà al fisco britannico 130 milioni di sterline (172 milioni di euro) di tasse non pagate fino al 2005.
E’ questo l’accordo raggiunto dalla web company americana con le autorità della Gran Bretagna che segna un altro importante traguardo nella lotta all’evasione fiscale delle grandi multinazionali.
L’Italia ha fatto da apripista, annunciando a fine anno l’accordo con Apple che ha accettato di pagare 318 milioni di euro al fisco per definire un contenzioso inerente un’evasione contestata di circa 879 milioni di euro.
Una mossa che ha determinato un’accelerata anche della Ue che questa settimana presenterà la proposta di direttiva per colmare le lacune normative che permettono a tante società di bypassare il fisco.
In Italia presto si deciderà anche sul caso Google. La procura di Milano sta, infatti, indagando su una presunta maxievasione da quasi 1 miliardo e si dà come imminente un accordo come quello con Apple, intanto però si è già mossa la Gran Bretagna dove Google ha preso un impegno anche per il futuro, garantendo che verserà parte delle entrate pubblicitarie realizzate con gli inserzionisti britannici.
Finora Google ha pagato cifre irrisorie. Secondo un Rapporto del Parlamento britannico, meno di 15 milioni di sterline tra il 2006 e il 2011 e solo 20 milioni nel 2013 contro un fatturato che nel Paese ammonta a oltre 6 miliardi di dollari.
La Gran Bretagna è, infatti, per Google il più grosso mercato dopo gli Stati Uniti.
Da tempo in Gran Bretagna si stava lavorando a questo dossier. Lo scorso anno il governo ha fissato una tassa del 25% sui ‘profitti deviati’ verso i paradisi fiscali.
Un’imposta superiore a quella prevista sulle società che è del 20%.
Una mossa per spingere le multinazionali, regine dell’ottimizzazione fiscale, a prendere accordi col fisco per evitare il nuovo prelievo.
L’accordo annunciato nel fine settimana è stato definito “una vittoria” dal Ministro alle Finanze, George Osborne, ma ha sollevato diverse critiche perché non viene messa in discussione la modalità con cui la società americana contabilizza i propri profitti.
Ricordiamo, infatti, che Google ha solo una divisione in Gran Bretagna che fa capo a una società irlandese dove si trova la sede europea della compagnia.
L’Irlanda è già nel mirino per gli accordi di tax ruling stretti con Apple. La società di Cupertino rischia infatti una maximulta per aver ricevuto agevolazione che la Ue sospetta possano profilarsi come aiuti di Stato illegali. Il rischio è reale al punto che il Ceo del gruppo, Tim Cook, giovedì scorso è volato a Bruxelles per parlare col Commissario Vestager.
Gli utili realizzati da Google nel Regno Unito sono registrati dalla sede irlandese che a sua volta ne versa la maggior parte sotto forma di diritti di proprietà intellettuale alle Bermuda.
Il provvedimento britannico non mette in discussione questo sistema di ottimizzazione fiscale e Google infatti non è stata sanzionata per evasione.
Il presidente della Commissione Finanze del Parlamento si è detta ‘scioccata’ da questo accordo che conferma le pratiche di profit shifting di Google da dieci anni a questa parte.
Adesso la società e l’autorità fiscale dovranno spiegare ai deputati il perché di questa scelta.
In Gran Bretagna si stringe il cerchio anche attorno ad altre multinazionali, come Facebook, Amazon e Microsoft, sulle quali le autorità stanno già indagando.
Facebook ha pagato solo 4.327 di sterline di imposte sulle società nel 2014 e presto anche il social network potrebbe raggiungere un accordo col fisco britannico.
L’intesa con Google potrebbe spingere adesso anche la Francia, che da tempo cerca il modo di far pagare più tasse all’azienda americana, ad agire.