L’Italia, da sempre considerata culla della creatività, non riesce a far leva su questa dote per risalire la china dell’innovazione. Lo conferma il Global Innovation Index 2014 (GII 2014) che ci colloca al 31esimo posto a livello globale in una classifica dominata da Svizzera, Regno Unito e Svezia. Un confronto non certo lusinghiero, (siamo subito dopo Cipro e subito prima del Portogallo, meglio di noi fanno anche Malta e la Slovenia), che conferma la difficoltà del nostro paese a valorizzare, oltre ai fattori tecnici quali le infrastrutture e i poli di innovazione, il capitale umano – leva principale di quella creatività che traina l’innovazione. La classifica, stilata da Cornell University, INSEAD e World Intellectual Property Organization, prende in esame 143 economie sulla base di 81 indicatori per misurare sia le loro capacità di innovazione che i risultati tangibili sull’economia e la società.
Il Global Innovation Index 2014 evidenzia il rallentamento della crescita della ricerca e sviluppo a livello globale e si concentra sul ‘fattore umano’, esplorando il ruolo del capitale umano nel processo d’innovazione e sottolineando il crescente interessi di aziende e governi nell’identificazione e nella valorizzazione della creatività individuale e di squadra. La Svizzera si conferma al primo posto della classifica, seguita dal Regno Unito (che sale di una posizione), Svezia (in discesa di una posizione), Finlandia (dalla sesta alla quarta posizione), Paesi Bassi (in discesa di una posizione), Stati Uniti (dalla quinta alla sesta), Singapore (in salita di una posizione), Danimarca (in salita di una posizione), Lussemburgo (new entry nella top ten) e Hong Kong (passa dalla settima alla decima posizione). Questi paesi, spiegano gli autori del Report, “sono stati in grado di realizzare un ecosistema di innovazione ben collegato in cui gli investimenti nel capitale umano, uniti a solide infrastrutture, hanno contribuito a un alto livello di creatività”. Non a caso, i primi 25 paesi dell’Index hanno totalizzato un punteggio alto nella maggior parte degli indicatori, in particolare in quelli relativi alle infrastrutture, incluse quelle ICT, la complessità del business (lavoratori della conoscenza, collegamenti tra gli attori dell’innovazione, assorbimento della conoscenza, creatività online).
L’Index valuta anche il livello di qualità dell’innovazione, misurata tra le altre cose in termini di qualità dell’Università dimensione internazionale delle richieste di brevetto: sono gli Usa a dominare questo segmento (tra i Paesi ad alto reddito), seguiti da Giappone, Germania e Svizzera. Tra i paesi a reddito medio, primeggia la Cina, seguita da Brasile e India. Questi paesi, sottolineano gli autori del Rapporto, stanno colmando il gap con le economie più avanzate, anzi: la Cina supera di gran lunga il punteggio medio dei paesi ad alto reddito negli indicatori di qualità combinati. “Per chiudere il divario, questi Paesi devono continuare a investire nel rafforzamento degli ecosistemi di innovazione”. Il Global Innovation Index 2014 conferma inoltre la persistenza del ‘global innovation divide’: nelle prime 10 e nelle prime 25 posizioni, il ranking è cambiato, ma i paesi sono sempre gli stessi. Un gap spiegabile col fatto che le economie meno innovative faticano a trattenere le risorse umane necessarie per sostenere l’innovazione.