X (per essere precisi Elon Musk) ha intentato una causa martedì contro un importante gruppo di inserzionisti: la Global Alliance for Responsible Media (GARM). Per Musk gli inserzionisti hanno “boicottato” il suo social network senza un valido motivo.
La politica di GARM
L’obiettivo centrale di GARM è quello di spingere le grandi piattaforme social ad adottare politiche di moderazione dei contenuti più efficaci e attente nei confronti dei propri utenti più vulnerabili, per esempio eliminando o sanzionando i post che incitano all’odio o diffondono disinformazione: per farlo, spesso convincono un grande numero di aziende e marchi a smettere di investire soldi in pubblicità su specifiche piattaforme che si mostrano poco attente alla moderazione.
“La conseguenza – forse l’intento – di questo boicottaggio era di privare gli utenti di X, siano essi appassionati di sport, giocatori, giornalisti, attivisti, genitori o leader politici e aziendali, della Global Town Square,” ha scritto l’amministratore delegato di X, Linda Yaccarino, in una lettera aperta agli inserzionisti. “Questo comportamento è una macchia su una grande industria e non può essere tollerato,” ha aggiunto.
I membri di GARM comprendono diverse agenzie e includono aziende come Dell, BP, Electronic Arts, IKEA, Microsoft e Pepsico, tra le altre. Solo quattro dei suoi membri sono nominati come imputati nella causa e specificamente criticati: CVS Health, Unilever, Orsted e Mars.
Le entrate pubblicitarie ne hanno risentito
Tutte e quattro le aziende hanno interrotto o ridotto notevolmente la loro pubblicità alla fine del 2022, poco dopo il completamento dell‘acquisto di Twitter da parte di Musk per 44 miliardi di dollari. Se nel 2022 X generava circa un miliardo di dollari in entrate pubblicitarie ogni trimestre, la quota è scesa molto nel 2023, assestandosi in media sui 600 milioni di dollari a trimestre.
Musk nell’ultimo anno e mezzo si è molto lamentato di questa cosa: ha più volte accusato gli inserzionisti di volerlo ricattare perché non sono d’accordo con le sue opinioni politiche, che nel tempo si sono spostate sempre più a destra, portandolo a condividere teorie del complotto razziste e antisemite.
Musk chiuderà l’ufficio principale di San Francisco
Intanto il padrone del social network ha deciso che chiuderà l’ufficio principale di San Francisco che Twitter ha occupato dal 2011 e trasferirà il quartier generale a Austin, nel Texas.
“E’ impossibile operare a San Francisco se si elaborano pagamenti”, ha spiegato Musk con un post in risposta al New York Times, che per primo ha pubblicato la notizia. ‘Ecco perche’ Stripe, Block (CashApp) e altri hanno dovuto trasferirsi”.
Musk aveva annunciato il mese scorso l’intenzione di traslocare X e SpaceX (il cui quartier generale è a Los Angeles) ma allora aveva spiegato la scelta puntando il dito contro una nuova legge californiana che non obbliga il personale scolastico a rivelare ai genitori informazioni relative all’orientamento sessuale o all’identità di genere dei loro figli.
Si tratta solo dell’ultimo capitolo della saga che vede Musk contrapposto allo stato della California, definito dal CEO di Tesla nel 2022 come la terra delle “tasse, dell’eccessiva regolamentazione e delle controversie”. Nel 2020, Musk aveva trasferito la sede di Tesla dalla California al Texas in risposta alle misure adottate contro il Covid-19, che aveva definito “fasciste“.