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Sono 4,1 ogni 1000 abitanti, in Calabria 6,8. Al nord si guadagnano 60mila euro
Quella da avvocato è una delle professioni più diffuse in Italia, che continua ad attrarre ogni anno neolaureati in Giurisprudenza, nonostante le difficoltà che comporta oggi esercitare una libera professione. In numeri assoluti, gli avvocati nel nostro Paese sono 240.019, di cui 126.327 uomini e 113.692 donne. Ciò che colpisce maggiormente è la crescita degli avvocati praticanti che è iniziata negli Anni ’80 e continua ancora oggi.
Negli ultimi 35 anni il rapporto tra il numero di avvocati e la popolazione residente è aumentato di quasi sei volte: nel 1985 gli avvocati in Italia erano appena 0,7 ogni mille abitanti, mentre oggi sono oltre 4,1 ogni mille. Un rapporto molto alto, che tuttavia deve essere contestualizzato. Secondo gli ultimi dati della Cassa Forense, il numero di iscritti alla Cassa è in calo: nel 2022 è stata registrata una diminuzione dello 0,7%, mentre il 2021 è stato il primo anno in cui il saldo tra iscrizioni e cancellazioni è stato negativo: -1.604.
In Calabria ci sono 6,8 avvocati praticanti ogni mille abitanti
Sulla base della distribuzione regionale degli iscritti alla Cassa Forense emerge che oltre 104mila avvocati praticanti arrivano dalle regioni del Sud e da Sardegna e Sicilia, 81mila da quelle del Nord e circa 54mila dalle regioni centrali. In termini assoluti, il maggior numero di avvocati si concentra ovviamente nelle regioni più popolate: 35.474 in Lombardia, 34.474 in Campania e 33.487 nel Lazio.
Se invece si mette in relazione il numero di avvocati con quello della popolazione residente il primato spetta alla Calabria, dove esercitano la professione 6,8 avvocati ogni mille abitanti, seguita da Campania (6,2), Lazio (5,9), Puglia (5,2) e Molise (5,1). Analizzando questi numeri, è possibile definire quella forense una carriera scelta soprattutto nelle regioni meridionali. A conferma possiamo citare i dati bassi di Friuli-Venezia Giulia (2,1 avvocati ogni mille abitanti) e Trentino-Alto Adige (1,7). Ma soprattutto quello della Valle d’Aosta, dove risultano essere in attività solamente 161 avvocati praticanti – appena 1,3 ogni mille abitanti.
Quanto guadagna un avvocato? Dipende molto dalla regione
I guadagni di un avvocato variano molto a seconda dei territori in cui è svolta l’attività. Nelle regioni del Nord il reddito medio annuo di chi esercita la pratica legale in Italia arriva a 60mila euro, contro i 47 mila delle regioni del Centro e i circa 25 mila al Sud e nelle Isole. Mediamente un avvocato in Italia dichiara redditi annui pari a 42.300 euro. I due estremi sono in Lombardia, regione con il reddito medio più alto in Italia (quasi 75 mila euro) e in Calabria (poco più di 20 mila).
Guadagni degli avvocati, il 49,6% deriva dai processi civili
Come noto, gli avvocati possono essere specializzati nelle tre principali branche del diritto (Civile, Penale e Amministrativo) oppure occuparsi indifferentemente di questi tre rami senza distinzioni. La principale differenza è sicuramente la maggior offerta di lavoro e, di conseguenza, di guadagni. Il 49,6% del fatturato totale degli avvocati italiani deriva dai processi in materia Civile. Un altro 16,4% derivante da attività di pareri e consulenza, sempre in materia Civile. I processi in materia Penale, invece, rappresentano il 12,2% del fatturato e quelli in materia Amministrativa appena il 2,2%. Per il 73,4% il fatturato di un avvocato medio deriva da incarichi svolti di persona, il 12,4% da incarichi effettuati attraverso posta elettronica e il 9,1% tramite telefono.
Le difficoltà di chi svolge la pratica legale in Italia
La professione di avvocato continua ad attirare, ma non mancano inquietudini legate allo svolgimento di questa carriera, un tempo considerata un’attività più redditizia e relativamente stabile. Il 48,6% degli avvocati ritiene che il principale fattore di rischio legato ai redditi dei futuri avvocati praticanti sia la sovrabbondante offerta di servizi legali. Preoccupano anche la burocrazia, l’apertura del mercato dei servizi legali anche ai non avvocati e l’insorgere dell’intelligenza artificiale, che minaccia le professioni intellettuali come questa.
Il 34% degli avvocati praticanti ha pensato di mollare
Nel 2022 oltre un professionista che svolge pratica legale in Italia su tre, per la precisione il 34%, ha dichiarato di aver considerato l’idea di lasciare la professione. Tra i motivi principale i costi eccessivi e l’insufficiente remuneratività del lavoro e il calo importante del numero di clienti. Ma anche la decisione di cambiare attività o di dedicare più tempo alla propria famiglia.
Dopo un periodo “indiscutibilmente faticoso” a causa della coda pandemica e delle incertezze geopolitiche dovute al conflitto in Ucraina. Poi inasprito anche dall’aumento generale del costo della vita, l’esercizio delle libere professioni, e quella di avvocato nello specifico, non è più considerabile un “porto sicure e tutelato”, spiega lo studio della Cassa Forense. A differenza di quanto accadeva in “un passato non troppo remoto”.
I dati si riferiscono al 2022
Fonte: Cassa Forense, Censis