14 aprile 1975: con la legge di riforma nasce la nuova Rai. Dovrebbe essere la rivoluzione. Dalla dipendenza dal governo passa alle dipendenze del parlamento. Si pensa che il voto del popolo sia la massima legittimazione. In realtà, meno di un anno dopo il 15 marzo 1976 nasce la lottizzazione. Una rete e una testata alla DC, una al PSI, la terza rete, nata per rappresentare le Regioni, una volta diventata testata nazionale autonoma, finirà il 1 giugno 1987 a al Pci, nota come Tele-Kabul. Quando il Consiglio di amministrazione della Rai designerà Sandro Curzi direttore del nuovo Tg3 nazionale, i membri del CdA del PCI si asterranno per protesta contro il metodo. Cioè in quell’occasione fruirono della lottizzazione ma protestando contro … le redazioni nacquero con assunzioni dai giornali: L’Unità (organo del Pci), L’Avanti (organo del Psi) poi L’Umanità, organo del Psdi, La Voce Repubblicana del Pri.
Il giorno in cui nacque il TG2, a Firenze al palazzo dei congressi era al suo quinto ed ultimo giorno il XVII congresso del PSDI (essendo il partito di governo meno importante non aveva testate tv ma ebbe l’ossicino del Gr3). Il risultato fu che si interruppe brutalmente il Tg unico che fino al giorno precedente diceva sussiegosamente “la relazione di Tanassi…. la replica di Nicolazzi, …”: bastò il giorno dopo per capire che era cambiata l’aria. L’inviato (io c’ero, ero io quell’inviato) quando gli passarono la linea non cominciò come il collega del Tg1 che partiva con la propria faccia; ma mandò in onda senza preamboli direttamente le immagini di una platea furibonda, urlante, che faceva attraversare l’aria da un nugolo di aeroplanini di carta: era appena accaduto lo scandalo Lockheed….
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Quel giorno accadde una cosa senza precedenti in Rai: furono consentite attivate ed esercitate le opzioni. Cioè ciascuno poteva scegliere la testata dove andare a lavorare, con l’unica riserva di una divisione numericamente equilibrata. E qui si produsse un primo fatto che spaventò l’establishment democristiano che ovviamente si tenne il Tg1 e Rai1: tutti coloro che erano abituati a fare inchieste (“AZ: un fatto come e perché”, “TV sette”, …. ) cioè i giornalisti con lo spirito e l’esperienza autoriale e di inchiesta, tutti ma proprio tutti scelsero il Tg2. Merito anche del nome autorevole, designato a direttore del Tg2: Andrea Barbato che per questa proposta rinunciò alla vicedirezione del giornale appena fondato da Eugenio Scalfari, La Repubblica. Io scelsi il Tg2, come avrete capito. E ho toccato con mano come ci illudessimo tutti. La gente, i telespettatori abituati ancora al canale unico, accendevano sistematicamente l’uno.
Il primo Tg2 fu condotto da un collega bravissimo e simpaticissimo come Piero Angela, di immensa cultura, che ascolterete tra poco dal vivo. Naturalmente fu concepita e ideata una diversità. Durava, il neonato Tg2 ben un’ora e mezza cominciava alle 19 e finiva alle 20e30, con la sovrapposizione nell’ultima mezzora delle due testate. Se avevamo grandi inchiestisti, si doveva dar loro lo spazio per esprimersi, o no?
E qui la prima ‘disgrazia’, posso definirla cosi. Quel giorno al belvedere del Pincio, a Roma, a due passi da via Teulada, una manina imprudente girò la chiave dell’avviamento di una utilitaria: la marcia era ingranata, l’auto fece un salto in avanti e abbattendo il parapetto fece cadere un anziano che mori sull’asfalto venti metri sotto. Per oltre un’ora si parlò solo di questo. Il resto del mondo non esistette quella sera. La nostra diversità arrivo a dar voce ai nostri lettori in diretta a telefonate alle quali rispondevano gli stessi conduttori del Tg2. Naturalmente le telefonate venivano filtrate: nel senso che dovevamo accertarci che non contenessero degli insulti per nessuno. E al telefono passai settimane a parlare con chi telefonava, con appunto i “tele-lettori” del TG2 che non consideravo meri telespettatori e ai quali chiedevo nome, cognome, citta e telefono perché li avremmo richiamati noi.
Ho detto anche che ci eravamo tutti illusi. Infatti, nella concorrenza tra i due telegiornali, un genio democristiano della prima rete e del Tg1 elaborò il rimedio. Nacque a quell’epoca il concetto di palinsesto. Non si inventarono nulla: i nostri avversari-concorrenti ricorsero all’unico deterrente possibile e a basso costo. Il Tg2 ebbe come imbattibile concorrente “Furia cavallo del West”. Avevano scoperto il traino, il preserale, ovvero sua maestà il Palinsesto.
Fummo battuti e ridicolizzati.
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Naturalmente non ci fu solo questo. La mordacchia democristiana era permanente, e il Tg2 per la sua innovazione e indipendenza divenne proverbiale e affidabile.
Un esempio. Il Tg2 delle tredici (nato perché il Tg1 aveva l’edizione delle 13e30) era affidato alle redazioni regionali. La sua scaletta interna l’avevo ideata al contrario di quella del tg1. Prima la cronaca, poi la politica. Puntavo sul l’effetto noia: chi vedeva eventualmente entrambi avrebbe visto il Tg1 delle 13e30 cominciare esattamente con la politica, con cui invece il Tg2 finiva. La redazione di Milano era guidata da un mio grande amico e bravissimo collega: Bruno Ambrosi.
Un giorno Ambrosi mi chiese di concedergli l’apertura. Non gli chiesi nemmeno perché tanta era la mia sicurezza che Bruno avesse fatto tutti gli accertamenti. La notizia c’era eccome. Erano stati arrestati il comandante generale della guardia di Finanza Raffaele Giudice e il suo capo di stato maggiore Donato Lo Prete. Cioè chi istituzionalmente aveva il dovere di arrestare i contrabbandieri, era diventato il capo dei medesimi. Quell’apertura fece scalpore immenso. Se non ricordo male il Tg1 o non lo diede affatto o comunque lo diede in chiusura, un’ora dopo di noi con tanti “se”, “forse”, “pare”. Sapete perché? Perché l’Ansa non l’aveva ancora data.
Così erano i due telegiornali.
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Naturalmente la fretta di arrivare primi e prima andava vigilata, e non sempre riusciva. L’esempio più clamoroso fu la notizia data senza verificare (anche perché veniva da uno dei migliori di noi, Giuseppe Marrazzo, segugio nato), dell’identità finalmente scoperta del “grande vecchio”, misteriosa figura nata ai tempi delle Brigate Rosse: per un giorno intero ne divulgammo il nome Bino Olivi, nostro rappresentante a Bruxelles.
Poi cominciarono i distinguo: il Psi aveva solo l’addebito del Tg2. In realtà fatturava per il Pci. Il gioco di Andrea Barbato si scoprì subito, quando tutti i conduttori erano del Pci, a cominciare da Tito Cortese, e l’editorialista del Tg2 delle 13 della domenica era Giuseppe Fiori, biografo di Gramsci. Di qui una mia definizione della Rai. Qual è il prodotto industriale della Rai? Se dico Missoni, so che sono i filati. Se dico Fiat sono le automobili. Se dico Bormioli sono stoviglie di vetro. Ma se dico Rai? La risposta più banale sarebbe informazione, intrattenimento e cultura. Invece no: è la tranquillità dell’editore che sono i partiti.
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Fu così che a Bettino Craxi, ufficiale pagatore del Tg2 ma non esattore/riscossore del medesimo, deve essersi fatta strada l’idea di ricorrere a Berlusconi dandogli l’opportunità di diventare l’imprenditore della TV privata. Che si rivelò immediatamente all’altezza. Quando tre pretori spensero le sue televisioni perché mettendo in onda contemporaneamente delle video cassette violava di fatto il divieto di interconnessione, abilmente le spense in tutta Italia, dando ai provvedimenti presi in tre regioni su venti, un peso nazionale. Contemporaneamente mandò Maurizio Costanzo fuori dai “Cinema 5” (tutti rinnovati, posti numerati, comodi…. in cui era vietato l’ingresso a film cominciato mentre gli italiani erano abituati a entrare e restare fino al punto che avevano visto) a intervistare gli spettatori su cosa pensavano dell’accaduto. Cosi su Canale 5 si videro nonni con gli occhi iniettati di sangue che gridavano a denti stetti “Hanno tolto i puffi ai miei nipoti… ”.
Insomma, la nascita equivoca del Tg2 nel senso che si sarà ormai compreso, contribuì indirettamente alla modernizzazione del paese, perché senza tv privata l’Italia sarebbe stato l’unico paese con solo la tv di stato.
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Devo dire che è stato entusiasmante, a me / per me, fondamentale partecipare alla fondazione di una nuova testata. Un conto è aggiustare la rotta di qualcosa che ha una sua storia (bella o brutta non è questa la questione). Un altro è creare un qualcosa a tua immagine e somiglianza. Mi è accaduto con Radio24 che quando me ne andai dalla Rai Ernesto Auci mi chiamò a fondare e Innocenzo Cipolletta a dirigere.
Quando vedevo un Tg condotto da un giornalista (e non da speaker anche se professionali come Marco Raviart, esempio) pensavo sempre: ecco non adotterei mai un linguaggio cosi. Diretto, breve e chiaro, pensavo. Ricordo quando nel marzo 1986 ci furono i morti per il vino al metanolo venne Pandolfi in studio. I carabinieri del Nas avevano individuato le bottiglie velenose. E io cominciai dicendo “prendete carta e matita perché questo e l’elenco diramato dai Nas delle bottiglie che non dovrete mai togliere dagli scaffali: scrivete perché non ne va di una diarrea, ma ne va della vita”. E a Filippo Maria Pandolfi (all’epoca ministro dell’agricoltura e delle foreste) che con un tono un po’ lamentoso diceva “ecco domani mi attiverò, andrò a Bruxelles e cercherò di limitare i danni” replicai: “Eravamo appena usciti dallo scandalo del vino adulterato dei Ciravegna (produttori piemontesi). Non la ringrazierò per questo perché fa solo il suo dovere”. Dopo un mese lo incontrai a un convegno e gli chiesi se si fosse offeso. Mi disse “No per carità: io quella sera venni a dire le stesse cose a tutti e tre i Tg. Ma tutti si ricordavano solo quello del Tg2 con lei. La devo ringraziare per questo”.