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Gli acquedotti italiani fanno acqua da tutte le parti

Perdite idriche per capoluogo di Regione

Perso il 36,2% di acqua potabile. Il 3% a causa degli allacci abusivi agli acquedotti

Gli acquedotti italiani sono dei veri e proprio colabrodo. Sono vecchi, ancora troppo poco monitorati e costantemente “vittime” di allacci abusivi che causano perdite d’acqua per usi impropri pari al 3%. Sono questi i tre principali fattori responsabili delle perdite idriche degli acquedotti italiani. L’Istat ha quantificato la perdita delle reti di distribuzione di acqua potabile. La situazione che emerge è drammatica.

Nel 2020, secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica, sono andati persi 41 metri cubi di acqua potabile al giorno per ogni chilometro di rete. Stiamo parlando di 0,9 miliardi di metri cubi all’anno, il 36,2% dell’acqua potabile immessa in rete. Solo con l’acqua persa dagli acquedotti si potrebbe soddisfare l’esigenza idrica di circa 10 milioni di persone, praticamente di tutti i residenti in Lombardia. Le differenze a livello nazionale sono ampie, come si evince dal grafico in apertura che mostra le perdite idriche per capoluogo di Regione. Una cosa però è certa: chi più, chi meno tutti gli acquedotti perdono acqua, tanta, troppa. Le situazioni di massima criticità si riscontrano al Sud. Primo per perdite è l’acquedotto lucano, nel 2020 l’infrastruttura ha perso il 61% dell’acqua, il più virtuoso è invece l’acquedotto milanese le cui perdite si fermano al 18%.

Siccità e perdite idriche, la situazione in Italia

Dall’ultimo decennio la siccità in Italia è sempre più intesa, ricorrente e diffusa. Basti pensare che dal Dopoguerra al 2010 non si sono verificate situazione di criticità maggiori mentre in un solo decennio se ne sono verificate addirittura tre. L’ultima è proprio quella che stiamo vivendo. La siccità attualmente in corso è una delle più intense di questi ultimi anni; da gennaio a maggio 2022, rispetto alla media 1981-2010, ha piovuto il 35% in meno.

I bacini più colpiti sono quelli Nord occidentali: la portata del fiume Po è ampiamente sotto le medie di periodo con picchi fino al -40%. E se scende il livello del Po scende anche quello dei grandi laghi: oggi il lago Maggiore è al 32% del riempimento e il lago di Como al 53%. Non solo l’acqua diminuisce ma diventa anche più salata. Sì, perché se il fiume si ritira il mare si protrae, questo fenomeno si chiama risalita del cuneo salino, ossia l’intrusione dell’acqua di mare nel letto del fiume. Nel mese di giugno il mare è avanzato verso il Po spostando la sua foce indietro di 20 km.

Il Pnrr e la protezione delle risorse idriche

La siccità in Italia ha già causato all’agricoltura danni per tre miliardi di euro, in molte province come Udine, Verona, Imperia, Bologna sono partiti i razionamenti: divieto di usare l’acqua per riempire le piscine e addirittura per annaffiare il proprio orto o il giardino, fontanelle cittadine chiuse e multe salate per chi non rispetta il divieto. Tutta la cittadinanza italiana è chiamata a modificare il proprio rapporto con l’uso quotidiano dell’acqua, le parole d’ordine sono responsabilità e riduzione del consumo, a specificarlo è il Ministero della transizione ecologica: “ognuno di noi può apportare il proprio contributo”, tra gli slogan della campagna “Ho rispetto dell’acqua” promossa dal Mite.

La Calabria perde l’accesso ai fondi per gli acquedotti

Preferire la doccia la bagno quindi e limitare gli sprechi, ma la grave situazione che stiamo vivendo non può essere risolta senza un massiccio intervento del Governo per una profonda ristrutturazione del patrimonio infrastrutturale idrico. Il Pnrr per rinnovare gli acquedotti mette in campo 4,38 miliardi, di questi 900 milioni serviranno per la riduzione delle perdite idriche e la digitalizzazione e il monitoraggio che serve a individuarle. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo tanta acqua (persa) e problemi “burocratici” come quello della regione Calabria.

La regione governata da Roberto Occhiuto infatti ha ha mancato la prima tranche di finanziamenti europei per un errore dell’Autorità idrica calabrese nella trasmissione dei documenti, perdendo l’accesso a 104 milioni di euro per la riparazione delle sue reti idriche “colabrodo” che ogni anno perdono circa il 48% della preziosa risorsa. La causa sono innumerevoli tubi danneggiati e completamente sprovvisti di supporti digitali per individuare le perdite. Un vero buco nell’acqua.

I dati si riferiscono al: 2022
Fonte: Istat

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