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Non ne hanno bisogno come prima, o forse non riescono a sostenere i tassi crescenti imposti dalle banche, o, più probabilmente, è per entrambe le ragioni che le imprese italiane hanno chiesto meno prestiti nel 2022. Secondo Crif, Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria, il ricorso al credito l’anno scorso ha visto una riduzione del 5,7%, come si vede dalla nostra infografica.
Si tratta, nello specifico, del numero di domande inoltrate dalle aziende agli istituti di credito, la cui riduzione ha dato luogo, secondo Banca d’Italia, a una diminuzione dell’ammontare complessivo dello stock dei prestiti di circa 14 miliardi di euro a fine anno. È infatti passato da 663,2 a 649,2 miliardi in 12 mesi, almeno per quanto riguarda le società non finanziarie. Anche i primi due mesi del 2023 hanno visto un ulteriore calo, con le consistenze bancarie che sono scese a 645,9 e 643,7 miliardi.
Nel 2021 almeno dal punto di vista delle domande di prestiti alle imprese la riduzione era stata ancora più grande, del 14,5%, ma in quel caso i volumi totali, secondo Crif, erano cresciuti, grazie al fatto che mediamente ogni azienda aveva chiesto somme molto più importanti che nel 2020.
Perché scendono le domande di prestiti delle imprese
Perché queste variazioni? Come si diceva vi è un mix di cause, ma possiamo affermare che almeno per quanto riguarda i numeri del 2021 e della prima parte del 2022 la ragione principale sia il ritorno a condizioni normali dopo il boom della richiesta di credito del 2020. Basti pensare che nella primavera di quell’anno, nel pieno dell’emergenza Covid, le domande di prestiti alle imprese erano salite di quasi l’80% grazie alle garanzie statali e il segno più in doppia cifra aveva caratterizzato tutti i trimestri fino al primo del 2021.
Nonostante la conseguente riduzione delle richieste alla fine di quell’anno, il 2021, queste erano comunque ancora del 5,9% superiori ai livelli pre-Covid, del 2019. L’ulteriore calo del 2022, il già citato -5,7%, le ha quindi semplicemente riportate ai numeri precedenti alla pandemia.
Vi è però di più rispetto al semplice rientro da una situazione eccezionale e la dimostrazione sta nella prosecuzione all’inizio del 2023 della diminuzione della domanda di prestiti da parte delle imprese. Si tratta della crescita dei tassi di interesse scatenata dall’ incremento senza precedenti dell’inflazione e dal conseguente aumento del tasso di riferimento da parte della Bce, che è passato tra luglio 2022 a marzo 2023 dallo 0% al 3,5%. Quello applicato mediamente alle aziende è salito proporzionalmente, fino ad arrivare recentemente al 3,9%.
Le domande di prestiti delle imprese individuali sono scese di più
Vi è però da fare ulteriori distinzioni, in particolare quelle che si basano sulle dimensioni delle imprese. In Italia sono particolarmente importanti, visto che siamo l’economia con il maggior numero di micro e piccole aziende in Europa. Secondo Crif quelle individuali nel 2022 hanno visto un calo delle domande di prestiti molto superiore alla media, del 12%, mentre le società di capitali, solitamente più grandi, uno più ridotto, del 2,4%.
L’altra differenza rilevante è in base al settore. Quasi metà delle richieste sono arrivate da aziende che operano nell’ambito dei servizi (il 23,9%) o del commercio (il 22,9%). Nel 2021, però, da questi due comparti provenivano rispettivamente il 24,9% e il 23,4% delle domande di prestiti alle imprese. Significa che è qui che si è concentrata la riduzione.
Le richieste del settore costruzioni/ingegneria civile sono state il 17,9% del totale, in aumento rispetto al 16,3% del 2021. Si fa sentire qui il ruolo degli incentivi pubblici, come il Superbonus o il bonus facciate, che hanno incrementato il lavoro per le aziende di questo comparto, generando anche una riduzione meno marcata delle domande di prestiti.
Il 49,1% dei prestiti richiesti ammonta a meno di 20mila euro
L’inflazione ha avuto un altro effetto in questo campo, è quello sull’importo medio richiesto, che nel 2022 è aumentato del 16,8%, arrivando a 123.979 euro. Si tratta di un valore che nasconde moltissime variazioni, però, visto che per le ditte individuali parliamo di 39.366 euro, il 2,9% in più del 2021, e per le società di capitali di ben 163.619 (+15,6%). La crescita degli investimenti del 2022 è stata trainata in particolare dalle realtà di maggiori dimensioni, in effetti.
È significativo, però, il fatto che a livello numerico le domande di prestiti delle imprese abbiano riguardato soprattutto somme piccole, nel 31,6% dei casi meno di 5mila euro, nel 7% tra 5 e 10mila, nel 10,5% tra 10 e 20mila. Solo il 28% delle aziende ha chiesto più di 50mila euro. In quest’ultimo gruppo, tuttavia, troviamo mutui anche molto grandi, di diverse centinaia di migliaia o di milioni di euro, quelli che spostano le medie verso l’alto.
Non è solo il carovita, comunque, ad avere innalzato gli importi richiesti, che erano cresciuti molto, di ben il 29,4%, ben più dei prezzi, anche nel 2021, ma anche i già citati sostegni statali, come garanzie, moratorie e bonus, che hanno incrementato gli investimenti.
Risalgono i tassi di default, ma rimangono molto bassi
Una buona notizia viene dal versante dei tassi di default, ovvero la quota di capitale che un’impresa non riesce a restituire alla banca. Vi è una piccola risalita, fino al 2,1% nel caso delle società di capitali, rispetto ai livelli minimi toccati nel settembre 2021, ma parliamo comunque di percentuali basse rispetto a quelle del periodo pre-pandemico, quando erano superiori al 3%, e ancora di più rispetto a 10 anni fa. Nel 2013 ben l’8% del valore dei prestiti richiesti dalle imprese iscritte nei registri come società di capitali erano a rischio inadempienza.
Le banche sono diventate sempre più prudenti nel concedere credito, le regole europee più stringenti e anche questo ha un impatto sui numeri che vediamo.
I dati si riferiscono al 2021-23
Fonte: Crif