Con il web oggi tutti sono editori di se stessi. I social network di colpo sono diventati il medium personale di ogni iscritto. Prima dell’avvento dei social media i mezzi d’informazione e comunicazione davano voce solo a un’élite di persone, ora, potenzialmente, tutti i cittadini hanno la possibilità di esprimere pubblicamente le proprie opinioni e di raccontarsi sul proprio “giornale” online. Il profilo social è la massima attuazione dell’articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Umberto Eco, invece, sosteneva che: ‘I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli’.
Il rovescio della medaglia è rappresentato dal fatto che con milioni di profili social, blog, videoblog e giornali online ogni giorno siamo “bombardati” dalle notizie a tal punto da subire l’effetto di information overload.
La vecchia e rinnovata newsletter
E qual è lo strumento che meglio racconta il flusso di notizie che ha caratterizzato la giornata? Non i telegiornali delle 20 (i tg nel 2016 sono stati abbandonati dal 17,9% di telespettatori, secondo gli ultimi dati Censis), ma la “vecchia” newsletter. Vecchia solo nella modalità di invio, ma rinnovata nel linguaggio. Una delle migliori in questo senso e che sta facendo scuola in Italia è quella inviata dal lunedì al venerdì dal Post. Arriva alcuni minuti dopo le 18 e non vedi l’ora di leggerla, perché non è un mero elenco delle principali notizie, ma è il racconto delle notizie. E l’inizio dell’email è sempre un backstage di ciò che è successo in redazione, un modo efficace per farvi entrare il lettore. Che quasi sempre non riesce a non cliccare su un link presente nella newsletter vuoi perché il fatto è descritto in modo curioso o perché è raccontato in un modo diverso dal mainstream.
Le firme contano e fanno affezionare il lettore
“Anche oggi, nonostante tutte le rivoluzioni digitali, vai a cercare la voce di un testimone autorevole, affidabile. Anch’io da lettore continuo a guardare le firme, sono un punto di riferimento, una certezza. Il vero valore aggiunto di un giornale è nelle firme, quelli che lo pensano e lo scrivono”. Queste parole sono state dette da Massimo Gramellini nel 2015 quando ha ricevuto il prestigioso premio giornalistico ‘è Giornalismo’, fondato da Montanelli, Biagi e Bocca.
È proprio così. Il nome e cognome dell’autore di un articolo è una delle forze di un quotidiano e di un settimanale in edicola e anche di un giornale online. Il lettore se inizia ad apprezzare i suoi “pezzi” molto probabilmente la mattina quando sfoglia il giornale e/o naviga su un sito web e nota la firma a lui “cara” subito inizia a leggere la notizia da lui raccontata e lo fa perché: gli riconosce una conoscenza e competenza su un determinato settore o tema. In sostanza si fida di quanto lui ha scritto perché già in passato ha avuto modo di ‘verificare’ il suo lavoro, sempre ‘tracciato’ dalla firma.
Se le vendite calano meglio organizzare eventi sponsorizzati
Come cercare di arenare il crollo delle vendite dei giornali in edicola? Cambiando direttori, stravolgendo il layout della prima pagina e mettendo ‘L’amaca’ di Michele Serra sopra la testata di Repubblica, per fare un esempio, oppure provare a creare degli eventi su tematiche di attualità, con illustri relatori e con un gruppo di propri lettori come pubblico? La seconda è la strategia migliore soprattutto se le tavole rotonde sono organizzate dai giornali, ma finanziate da sponsor. A capire questo nuovo modello di business è, al momento, soprattutto Il Foglio, che negli ultimi due mesi ha organizzato tre eventi sponsorizzati su temi caldi: “il futuro della televisione nell’epoca della post-verità” al teatro Franco Parenti di Milano; “Per un’Italia libera dalle ganasce economiche” al Piccolo teatro Eliseo di Roma e l’ultimo, il 6 marzo, su Trump e “altre brutte notizie sul liberalismo”.