Smart mobility

Giappone a idrogeno, obiettivo 700 mila veicoli entro il 2030

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Ambiziosi i target della “Basic Hydrogen Strategy” di Tokyo: entro il 2025 mettere in strada più di 200 mila auto a idrogeno, che diventeranno 700 mila nel 2030, con 900 stazioni di ricarica soprattutto nelle metropoli, dove sarà possibile abbattere le emissioni inquinanti.

Tutto il mondo guarda all’elettrificazione della mobilità come ad una concreta via di uscita dallo stallo energetico attuale, determinato da un lato dalla tenace resistenza dell’industria dei fossili, dall’altro da un’economia che non cresce a sufficienza.

Nel mezzo i Governi, che mettono le classiche pezze, tra mancanza di coraggio nelle scelte e reale difficoltà a reperire le risorse necessarie per il grande salto nella mobilità elettrica al 100%, quella a zero emissioni inquinanti per intenderci.

Altri Paesi, però, guardano anche ad altre soluzioni “environment-friendly”, a basso o bassissimo impatto ambientale, come l’idrogeno.

Il Giappone, ad esempio, invece di scommettere sulla mobilità elettrica, ha deciso di investire nell’economia dell’idrogeno, in particolare sui mezzi di trasporto a celle combustibili a idrogeno, per le grandi aree urbane e metropolitane del Paese, dove si concentra la stragrande maggioranza della popolazione e dei trasporti, e dove si raggiungono i maggiori tassi d’inquinamento.

Al momento, per quanto riguarda la mobilità privata, di auto a idrogeno nel mondo ce ne sono poche, circa 11 mila, la metà delle quali in California, ma lo scenario potrebbe cambiare velocemente.

Un paio di anni fa, il Governo giapponese ha lanciato un nuovo programma per il contrasto ai cambiamenti climatici, l’efficienza e l’autonomia energetica e per decarbonizzare l’economia, tutto orientato all’idrogeno.

Si tratta della Basic Hydrogen Strategy”, un piano d’azione che entro il 2050 pone come obiettivo principale l’uso dell’idrogeno come carburante a zero emissioni per la mobilità del Paese e non solo.

Le stime di Tokyo sono ottimistiche: produrre 700 mila automobili a idrogeno entro trent’anni per dar vita alla “hydrogen society.

In occasione delle Olimpiadi di Tokyo nel 2020, secondo quanto riportato da npr.org, il Ministero dell’Energia ha annunciato l’ambizioso piano di presentare la strategia all’idrogeno al mondo con l’utilizzo in strada di 100 autobus pubblici ,alimentati ad idrogeno, e più o meno 40 mila automobili, con un primo target intermedio di 200 mila mezzi di trasporto ad idrogeno entro il 2025.

L’ultimo modello di automobile all’idrogeno attualmente in fabbricazione in Giappone, per questa nuova rivoluzione nei trasporti, è il “Mirai” della Toyota.

Negli impianti della LFA, prefettura di Aichi, sono già prodotte circa 10 auto a idrogeno al giorno, tutte fatte a mano, “made in Japan”.

Un’auto che non inquina, ma che costa e solo grazie ai generosi incentivi governativi il prezzo è sceso a 50 mila dollari (dai 70 mila iniziali).

I problemi che il Governo ha davanti a sé per il raggiungimento del target fissato al 2050 sono: le infrastrutture di ricarica e il costo di produzione dei veicoli.

Per le prime, due i target fissati dalla strategia: subito 100 stazioni di rifornimento in aree urbane, per arrivare a 900 entro il 2050.

Per il costo si vedrà, molto conterà la risposta dei consumatori e il consenso dei mercati.

Per l’estrazione dell’idrogeno non ci sono particolari problemi, si ottiene in vari modi: abbiamo veicoli che convertono l’energia chimica dell’idrogeno in energia meccanica, bruciando in un motore a combustione interna, o facendolo reagire con l’ossigeno in una pila a combustibile, producendo elettricità.

I primi veicoli sono indicati come HICEV (Hydrogen Internal Combustion Engine Vehicle), mentre i secondi sono conosciuti come FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle).

Una cella a combustibile (dal nome inglese fuel cell) è un dispositivo elettrochimico che permette di ottenere elettricità direttamente da certe sostanze, tipicamente da idrogeno e ossigeno, senza che avvenga alcun processo di combustione termica.

È quindi possibile ottenere mobilità grazie all’idrogeno con un minimo o assolutamente senza emissioni di CO2.

A livello mondiale sono proprio i marchi giapponesi a portare avanti questa tecnologia, come Honda, Nissan e Toyota.

Tutto bene dunque? Non proprio.

Ad ascoltare le proteste del gruppo ambientalista Kiko Network, “Se per ottenere idrogeno devi bruciare carbone e gas naturale, non possiamo affermare che sia poi così pulito come carburante”.

E hanno ragione gli attivisti.

In effetti, il Giappone sfrutta il carbone e anche il gas naturale per generare idrogeno, come effettivamente accade negli impianti di grandi aziende nazionali come Kawasaki Heavy Industries, J-Power, Iwatanie e Marubeni.

Sfruttando l’elettrolisi si ottiene idrogeno a zero emissioni inquinanti, ma solo se l’energia elettrica necessaria è generata da fonti rinnovabili e comunque, al momento, è un sistema estremamente costoso per l’industria.

L’idrogeno di per sé, usato come carburante, non produce nessuna emissione inquinante, solo vapore acqueo (che a tutti gli effetti è sempre un gas serra, ma non nocivo per la salute e l’ambiente).

Parliamo quindi di veicoli ZEV (Zero Emission Vehicle), pertanto, l’uso delle automobili a idrogeno potrebbe essere una soluzione al problema dello smog urbano e dell’inquinamento.

La criticità maggiore sta nel momento in cui si deve produrre l’idrogeno, che in natura non esiste.

È in questa fase delicata che si emettono emissioni inquinanti.

Come ben spiegato su ecoage.it: “l’impatto ambientale complessivo della mobilità a idrogeno dipende dalla fonte di energia usata per produrla. Se si utilizzano le fonti a energia rinnovabile per produrre l’idrogeno, l’impatto ambientale è minimo. Viceversa, se si usano le fonti fossili l’impatto ambientale è molto più alto. In entrambi i casi, comunque, l’inquinamento è concentrato soltanto nel lungo di produzione e può essere gestito meglio rispetto all’inquinamento diffuso dalle singole automobili a benzina o diesel”.

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