La Commissione Ue ha avanzato una proposta di legge per abolire il geoblocking, la pratica in uso oggi nell’Unione che impedisce ai cittadini europei di concludere acquisti online transfrontalieri senza l’aggiunta di sovrapprezzi basati sulla nazionalità dei clienti. Una pratica che secondo stime della Commissione nel 2015 è stata messa in atto dal 37% dei siti di eCommerce dell’area Ue e che, secondo la proposta della Commissione, rappresenta un freno pesante all’eCommerce perché impone vincoli discriminatori agli acquisti cross border.
Ma quali sono i casi specifici su cui interviene la nuova proposta della Commissione?
- Il geoblocking non è consentito nel caso dell’acquisto all’estero (nell’area Ue) di vestiti, eBook, prodotti di elettronica che il fornitore non consegna oltrefrontiera;
- Nel caso dell’acquisto di servizi forniti in modalità elettronica come servizi cloud, data warehousing, hosting di siti web;
- Nel caso in cui l’acquisto del bene avvenga nella sede del fornitore o in una location fisica dove è operativo il fornitore, come ad esempio la stanza di un hotel o l’affitto di un’auto.
- Inoltre, la proposta abolisce il divieto di accesso a siti e l’utilizzo del re-routing automatico se il cliente non ha dato esplicito consenso per farlo.
- La proposta infine fissa nuove regole per evitare qualunque tipo di discriminazione sul pagamento delle merci e dei servizi acquistati oltrefrontiera. In altre parole, il fornitore può offrire un ampio ventaglio di modalità di pagamento e fra queste non può esserci una discriminazione di sorta. In questo modo il cliente avrà il diritto di pagare come meglio crede.
Cos’è il geoblocking?
La maggior parte delle aziende e dei retailer online impongono barriere e restrizioni ai consumatori sulla base della nazionalità e della residenza. Ecco alcuni esempi concreti di geoblocking:
- Il blocco all’accesso ai siti che si trovano localizzati oltreconfine.
- Impedire la possibilità di completare un ordine di acquisto di merci o la possibilità di completare un download di contenuti accedendo ad un sito all’estero.
- Negare la consegna o il trasporto transfrontaliero di merci.
- Fissare prezzi diversi per le stesse merci a seconda della nazionalità dell’acquirente, del paese di consegna dell’indirizzo e della residenza del cliente.
Possono esserci in realtà motivi validi per i commercianti nel decidere di non vendere certe merci all’estero, come per esempio la necessità di registrazione presso le autorità fiscali del paese di destinazione, costi di consegna più elevati e costi più alti in base alle leggi di tutela al consumo dei diversi paesi. Ma mentre queste barriere esterne creano degli extra costi per i commercianti, il trattamento differenziato dei clienti in base alla nazionalità è basato su criteri oggettivi da rimuovere.
Per questo, la volontà di discriminare i clienti Ue in base alla pratica di segmentare i mercati in base alle frontiere nazionali per incrementare gli utili a svantaggio dei clienti stranieri è considerata una pratica di geoblocking ingiustificata dalla Commissione.