La rivoluzione digitale ha cambiato l’asse delle relazioni che oggi sono sempre più indirizzate sulla condivisione delle esperienze online, vuoi che siano selfie, stati di profili di Instagram o Whatsapp, ma anche attività ludiche come giochi online che compattano o disgregano gruppi amicali.
Nuova veste identitaria quella delle nuove generazioni con la quale i genitori devono confrontarsi, una volta che i figli cresciuti si affacciano all’esplorazione del mondo esterno.
Un esterno nuovo, moderno, fatto di elementi canonici destrutturati dalle nuove forme di comunicazione digitale costruita su emoj, video, selfie, visibilità corporea che si fa alleato interno per bypassare sforzi menatali per costruire relazioni ed affetti centrali per lo stare davvero nel mondo.
Marta prima di uscire con Edoardo sa tutto, di lui, perché lo ha stalkerato sul suo profilo Instagram, non direttamente altrimenti è evidente che è interessata a lui, ma dal profilo di Ilaria una sua amica che lo segue. Energia temporale spesa a captare informazioni per essere più a mio agio nella relazione con l’altro, per superare timidezze iniziali, per farmi sentire sicura che sia un “bravo ragazzo” perché nei social c’è tutto, ex-ragazze, passioni, giochi, e visibilità. Se sei visibile, se mostri tutto di te, a partire da quando eri piccolo, allora l’ignoto mi spaventa meno, e lo stesso vale per me, perché se esci con me io so che tu sai che io so che hai consultato il web per capire dove chi sono e cosa ho fatto. Anche io mi vergogno meno così.
L’incipit relazionale affettivo dei nuovi amori adolescenziali, delle prime cotte, del tempo delle mele analogico di anti genitori, oggi avviene principalmente negli inseguimenti mediatici, nell’intreccio relazionale di profili e stati che hanno inaugurato un nuovo modo di concepire le relazioni affettive assumendo spesso investimenti caricaturali degenerativi che allontanano i giovani di oggi, e non solo, dal vivere appieno le relazioni affettive.
Nel primo incontro con l’altro c’è l’evoluzione stessa del rapporto affettivo, una scelta interna inconsapevole che alimenta passioni, desideri, che fa di quella persona il centro del mondo e se l’incontro avviene nel controllo del profilo, allora già nella genesi del rapporto il web assume il ruolo di controllore dell’altro, in maniera automatica essendo il terzo elemento dal quale e sul quale si è strutturata la relazione.
Ti ho visto, ti ho seguito, ti ho conosciuto e ora stiamo visibilmente insieme come testimoniano le nostre rispettive foto pubblicate sui social. Ho visto che Marta sta con Edoardo, l’ex fidanzato di Irene, perché ha messo la foto di loro due al mare sullo stato di Whatsapp e Marta invece di loro due all’uscita del pub. Visibilità esterna per il gruppo amicale, nella rincorsa di intrecci relazionali che rimbalzano dal relax del divano su cui è sdraiata Michela, ma anche dai tavolini del bar dove il gruppo si ritrova per stare insieme, e che invece, si riconfigura in una sorta di Sherlock Holmes Gigante che alza lo sguardo per riferire quanto osservato online.
Da appendice strutturale di tanti adolescenti, lo smartphone è diventato una sorta di Occhio mediatico, Grande Fratello Universale dal quale guardare l’altro e farsi vedere all’altro, allontanando in modo illusorio difficoltà di costruzione relazionale e inficiandosi nelle relazioni come mediatore affettivo delle relazioni stesse.
Se stai con me deve rendere visibile la mia appartenenza a te, così come quello che fai quando stai con i tuoi amici, a che ora smetti di chattare, dove sei, con chi, quanto stai e perché ieri sera ti sei dimenticato di mandarmi il bacio della buonanotte con la nostra emoji canonica: “stavi forse chattando con qualcuno visto che l’ultimo accesso lo hai fatto alle 3.00?”.
Sono più sereno perché posso controllare e seguire la nostra affettività mediata ma a volte, questo mi sfugge di mano, non rispondi subito, hai il telefono spento, non sei visibile e quindi sei fuori controllo, la serenità a volte degenera in rabbia.
Anche Beatrice la mamma di Vincenzo ha provato questo circuito paradossale nella gestione della comunicazione con suo figlio. La Comunicazione digitale infatti è sfociata, e rischia ancora di sfociare in controllo anche nel versante comunicativo tra genitori e figli,
Figli non più soli alla ricerca di appoggi identitari gruppali ma sempre in connessione con l’altro, apparentemente protetti dal vivere il timore del vuoto, della noia, e costantemente alla messa ala verifica della presenza dell’altro online. Spinta alla crescita e fardello comunicativo che ha messo e sta mettendo a dura prova la comunicazione tra genitori e figli, in una fase del ciclo di vita, come l’adolescenza in cui il cercare mamma e papà, per confrontarsi scambiarsi pareri, commenti, indicazioni, per ridere e sorridere, viene fisiologicamente evitato. Stallo comunicativo che necessita a sua volta di appoggi alla ricerca anche qui della serenità. Vuoi uscire, puoi uscire tanto ti controllo con il cellulare, ti chiamo, mi mandi la localizzazioni, anzi ti faccio una videochiamata così mi fai vedere dove sei e con chi. Cellulare spento, vuoto, silenzio, inizio a chiamare la lista dei tuoi amici, ma nessuno risponde: vi siete messi tutti d’accordo?
Adolescenti e Adulti uniti insieme nell’era digitale dagli stessi errori generati da un uso distorto di uno strumento utile alle relazioni ma che non può bypassare l’incontro reale e le difficoltà della costruzione relazionale basata su un processo affettivo e comunicativo in cui ci si guarda negli occhi e non ci si spia o ci si controlla nel web.