L’archivio online di un giornale svolge un’importante funzione per la ricostruzione storica degli eventi che si sono verificati nel tempo. Lo ha ricordato il Garante privacy nel ritenere infondato il reclamo di una donna che si era rivolta all’Autorità per far cancellare i propri dati personali da un articolo conservato nell’archivio online di un editore di un quotidiano nazionale. L’Autorità si era già espresso allo stesso modo sullo stesso tema nel 2021.
Il caso
La donna riteneva che le informazioni contenute nell’articolo le recassero pregiudizio e non fossero più attuali dal momento che riguardavano una vicenda giudiziaria per la quale era stata condannata nel 2009, peraltro senza riportare i successivi sviluppi. L’interessata aveva infatti scontato, nel frattempo, la pena detentiva di quattro anni cui era stata condannata.
Perché il Garante ha detto no
Il Garante ha rigettato il reclamo spiegando che la conservazione dell’articolo all’interno dell’archivio online dell’editore risponde ad una legittima finalità di archiviazione di interesse storico-documentaristico che, pur differente da quella originaria di cronaca giornalistica, è anch’essa prevista dal Regolamento europeo che stabilisce specifici limiti al potere di esercitare il diritto di cancellazione.
Sì alla deindicizzazione dell’articolo dai motori di ricerca, non solo da Google
Tuttavia, non sussistendo ragioni di interesse pubblico che giustifichino una perdurante reperibilità dell’articolo, l’Autorità ha ingiunto all’editore di adottare misure tecniche idonee ad inibire l’indicizzazione dell’articolo da parte di motori di ricerca esterni al sito del quotidiano. Ciò in quanto la deindicizzazione disposta solo da un motore di ricerca, come era avvenuto nel caso in esame, ha il solo effetto di dissociare il nome dell’interessata dall’URL collegato all’articolo, il quale resta comunque reperibile utilizzando chiavi di ricerca diverse.
Diritto all’oblio con deindicizzazione globale e non solo su motori di ricerca in Ue”
Ricordiamo che, secondo la sentenza della Prima sezione civile della Cassazione, accogliendo il ricorso del Garante Privacy contro Google, le Autorità italiane – e cioè il Garante per la privacy ed anche i giudici – possono ordinare, in conformità al diritto Ue, al gestore di un motore di ricerca di effettuare una deindicizzazione globale: il cosiddetto global delisting o global removal. Un repulisti esteso dunque anche ai Paese extra europei, andando a incidere sulle versioni del motore al di fuori dell’Ue. Una tale decisione dovrà essere presa all’esito di un bilanciamento tra il diritto della persona alla tutela della sua vita privata e alla protezione dei dati personali e il diritto alla libertà d’informazione, tuttavia – e questo è un altro passaggio decisivo – tale valutazione va fatta “secondo gli standard di protezione dell’ordinamento italiano”, senza dunque badare alle regole vigenti nei paesi esteri. Fermo restando, ovviamente, che le altre nazioni (fuori dell’Ue) potranno anche non tener conto di tale ordine.