Il Garante della privacy irlandese ha inviato a Facebook un ordine preliminare per sospendere i trasferimenti di dati negli Stati Uniti sui suoi utenti dell’UE.
E’ la prima volta che un’autorità di regolamentazione privacy dell’UE compie un’azione del genere. La decisione arriva dopo che la Corte di giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza sul caso Maximilian Schrems e Facebook Ireland dello scorso luglio, ha invalidato il Privacy Shield, l’accordo che regolamentava il trasferimento di dati tra Unione europea e USA, perché non proteggeva a sufficienza il diritto alla riservatezza dei dati personali dei cittadini Ue trasferiti negli Usa.
Facebook adesso cosa farà?
Secondo il Wall Street Journal, che ha riportato in esclusiva la notizia, per rispettare l’ordine preliminare irlandese, il social network dovrebbe probabilmente riprogettare il suo servizio per isolare la maggior parte dei dati che raccoglie dagli utenti europei o interrompere del tutto, almeno temporaneamente.
Quello che adesso dovrà fare Facebook sarà trovare un metodo con il quale riuscire a gestire i dati degli utenti europei su server al di fuori degli Stati Uniti (presumibilmente su server nel territorio dei Paesi dell’Ue).
Se questo regolamento non viene rispettato, l’Irlanda potrà multare Facebook fino al 4% delle entrate annuali dell’azienda. Al momento l’ordine preliminare è focalizzato solo su Facebook, anche se potrebbero essere interessate anche le altre quattro grandi aziende tecnologiche americane come Amazon, Apple, Google e Microsoft.
Una partita che riguarda tutta l’Europa
Trattandosi di un ordine preliminare, le condizioni non sono ancora chiaramente stabilite e alcune cose potrebbero cambiare. Secondo il WSJ, la Commissione irlandese per la privacy ha concesso a Facebook fino a metà settembre per rispondere all’ordine. L’idea è di inviare una bozza dell’ordine al resto dei Paesi dell’Ue il 26 settembre. Una partita dunque che interessa tutti gli stati membri e non solo l’Irlanda.
Dato che potrebbero essere necessari mesi prima che l’ordine entri in vigore, l’azienda di Mark Zuckerberg potrà presentare ricorso in tribunale e anche il resto dei Paesi può richiedere modifiche.
Al momento, l’ordine preliminare è una vittoria per gli attivisti europei per la privacy, che hanno sostenuto davanti alle autorità di regolamentazione e in tribunale che i loro dati non dovrebbero essere inviati o conservati negli Stati Uniti perché potrebbero essere consegnati al governo sotto richieste segrete.