Gaia-X non è un’infrastruttura cloud da realizzare ex novo in Europa per contrastare le multinazionali statunitensi o cinesi del settore.
Al progetto possono partecipare non solo società di diritto europee, ma, ad oggi, di tutto il mondo a patto che vengano rispettate le regole ancora da definire dalla governance di Gaia-X per creare un framework federato. Dunque, anche una società cloud dell’Australia, ma anche Google, Amazon, Microsoft e Alibaba possono essere certificati con il “bollino” Gaia-X, perché l’obiettivo è dar vita a un ecosistema (con standard europei condivisi dai partecipanti: reversibilità, GDPR, trasparenza e sicurezza su come trasferire i dati da un provider e l’altro) in grado di creare un’interoperabilità tra i cloud delle società che prendono parte all’iniziativa, come ha spiegato René Büst che lavora al progetto Gaia-X.
Le sole regole di Gaia-X non garantiscono la sovranità digitale degli europei e quindi degli italiani
Dunque non bisogna fare confusione fra Gaia-X e la sovranità digitale degli europei e quindi degli italiani, come, invece, ogni giorno viene presentato il progetto. Soddisfare le regole definite da Gaia-X non è sufficiente a tutelare i dati strategici e sensibili di un Paese e l’interesse nazionale se poi non vengono approvate regole stringenti nei singoli Stati membri per garantire l’interesse nazionale sui dati e per non perdere la capacità di processare i dati: se la capacità di computing passa completamente nelle mani di Google, Amazon, Apple&Co., si perderà il controllo sull’economia del Paese.
L’obiettivo di Gaia X
L’obiettivo primario di Gaia-X è evitare il rischio di blocco o di lock-in. La volontà è spezzare la dipendenza strategica dai pochi fornitori globali. Ma se le big tech non sono e non possono essere esclusi allora la coperta è corta…
Questi sono alcuni punti iniziale per spiegare davvero cos’è Gaia-X, il progetto nato su un accordo di aziende private franco-tedesco che ha ottenuto da subito il sostegno dei rispettivi governi ed in particolare dei ministri dell’economia.
Il ministro dell’Economia Peter Altmeier a Berlino, prendendo il testimone della presidenza del Consiglio europeo: “l’obiettivo del semestre di presidenza Ue è di rendere Gaia X un progetto europeo e di portarlo a livello applicativo”.
24 aziende in Gaia X
Ad oggi risultano a Key4biz 24 aziende nel progetto Gaia X:
11 francesi
11 tedesche
2 italiane, tra cui Netalia.
Fra le società fondatrici coinvolte nel lancio di Gaia-X ci sono le tedesche SAP, Deutsche Telekom, Siemens e Bosch da un lato e dall’altro le francesi Atos, che in passato è stata guidata dal commissario Ue Thierry Breton, EDF, Dassault systèmes, OVHcloud, Scaleway (Iliad), Orange.
Michele Zunino (Netalia): “Ancora non sufficiente per garantire la sovranità digitale dei singoli Stati”
“Abbiamo aderito a Gaia X, perché riteniamo utile un framework tra Paesi e le relative aziende cloud che partecipano al progetto, tuttavia non sarà sufficiente definire regole federative per garantire la sovranità digitale dei singoli Stati”, ci ha detto Michele Zunino, amministratore delegato di Netalia.
Fabio Bassan (Roma Tre): “L’Italia dovrebbe partecipare con convinzione a questo progetto sin dalla sua fase iniziale”
“Mi sembra che il dibattito su Gaia-X s’incentri sul misurare quanto la piattaforma sia efficiente per estromettere le multinazionali statunitensi o cinesi (così viene spesso declinata la ‘sovranità tecnologica europea’) e se questo sia possibile o finanche desiderabile. Non è questo il punto. Per tradizione storica consolidata, il modello europeo di sviluppo non è mai stato escludente, ma inclusivo”, ci dice Fabio Bassan, professore ordinario di Diritto Internazionale all’Università Roma Tre.
“Gaia-X”, aggiunge, “utilizza software e sistemi di analisi dei dati basati sull’intelligenza artificiale, ha l’obiettivo di costituire una piattaforma cloud europea che sia conforme ai principi e alle regole dell’Unione e anzi contribuisca a formarle (via ‘circolo regolatorio’: gli standard dettano le regole che diventano atti esecutivi o legislativi europei)”.
“Il timing è giusto”, osserva Bassan,: “il numero di dati che circolerà nel prossimo futuro (anche grazie al 5G) aumenterà in modo esponenziale e consentirà la fornitura di nuovi servizi. Questa rivoluzione tecnologica non solo porterà la nascita di nuovi mercati, ma rivoluzionerà anche le modalità di fornitura dei servizi attuali (bancari, assicurativi, finanziari, energetici, della PA, ecc…)”.
“Il progetto Gaia-X non sembra velleitario e l’Unione vanta precedenti di successo. Ad esempio”, ricorda il docente, “quando si è sviluppata la tecnologia della telefonia mobile lo standard europeo (GSM, poi UMTS) si è imposto a livello globale, ha lanciato operatori europei che costruivano reti e terminali (Eriksson e Motorola, tra tutti) e ha generato un indotto eccezionale.
“Ora”, sottolinea Bassan, “gli standards e i protocolli per il cloud europeo saranno disciplinati dalle regole (anche di sicurezza) conformi al welfare europeo sui data, che gli stessi operatori contribuiranno a costituire. Le regole europee hanno ormai un effetto extraterritoriale: diventano un benchmark seguito da molti paesi nel mondo (si chiama ‘Brussels effect’). Nell’attuale fase di discontinuità tecnologica, equiparabile per molti versi a quella che ha visto l’avvio della telefonia mobile, le regole definiscono il modello di sviluppo e le tutele e portano con sé le tecnologie. La partita è da giocare, l’esito non è scontato, ma l’opportunità c’è”.
“Spetti al governo organizzare una prima compagine di aziende per Gaia-X”
“L’Italia”, conclude Fabio Bassan, “dovrebbe partecipare con convinzione a questo progetto sin dalla sua fase iniziale. Le imprese italiane che hanno le capacità, il know how e le potenzialità per operare in quest’area sono numerose: alcune private, altre partecipate direttamente o indirettamente dallo Stato. Ritengo spetti al governo organizzare una prima compagine, cui possano poi aggregarsi altre imprese, in ragione dell’evoluzione che seguirà il progetto. Una partecipazione coordinata è essenziale per consentire alle imprese italiane sia di contribuire alla definizione degli standards alla base dei nuovi servizi e diventare così protagonisti della loro diffusione, sia per gestire la transizione tecnologica dei servizi tradizionali”.