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Fusione Olivetti-TIDS: quando l’unione rischia di produrre due debolezze

Raffaele Barberio

L’unione, si dice spesso, fa la forza, ma nel caso delle imprese a volte può diventare un’operazione di dispersione di valore.

E’ quello che sembra esser successo la scorsa settimana con lo scioglimento di TI Digital Solutions (TIDS) in Olivetti Spa, ambedue società del gruppo Telecom Italia.

Due società con profili del tutto divergenti: uno di quei casi in cui la diversità, verrebbe voglia di dire, non fa ricchezza.

La prima, TI Digital Solutions (TIDS), è una società nata e votata alla digital transformation, appena duecento e passa dipendenti, ma con una crescita a due cifre ed una expertise in quelle aree di mercato del digitale cui gli operatori di Tlc devono guardare (Internet delle cose, Machine2Machine, Cloud Automation, Multicanalità evoluta ecc.), se vogliono veramente cambiare i propri modelli di business e convincersi che non si può campare più di sola vendita di connessioni a internet, perché, in caso contrario, saranno trascinati via dalle trasformazioni inarrestabili del mercato.

La seconda, Olivetti Spa, è uno dei nomi più illustri del passato informatico (e sociale) italiano, oggi ridotta ad una società da anni in difficoltà, con una inutilmente sovradimensionata rete di vendita e con una vocazione a commercializzare praticamente prodotti realizzati da altri, quindi con un assottigliamento di competenze alle sole funzioni commerciali. Insomma nulla che abbia a che fare con il glorioso passato di Olivetti.

Meglio sarebbe stato allora chiuderla, concordare con i sindacati le soluzioni per i dipendenti e salvare tutt’al più il Museo e la Fondazione, mettendo in un cassetto il nome. Insomma una società che poteva essere “sacrificata” almeno 15 anni fa, come sostengono molti “olivettiani” di antica tradizione ancora sulla breccia e a capo di aziende sane.

Qual è il significato di un’operazione del genere?

E’ come prendere una bella ragazza, tutta proiettata verso il futuro, per imporle le nozze con un vecchio babbione impossibilitato a guardare il futuro, impegnato com’è a pensare alla sua gotta.

E ora che succederà?

Facile da immaginare, difficile da ammettere.

Si potrebbe osservare che la scorsa settimana, in quello studio notarile dove è stata sottoscritta la fusione, il Re era nudo e nessuno ha avuto il coraggio di dirlo.

Ma si potrebbe controbattere che il Re era nudo già dall’estate 2014, da quando un anno e mezzo fa l’operazione fu decisa, ma da allora il RE è stato lasciato correre, nelle sue regali nudità, senza che nessuno lo fermasse.

Chissà che i cambiamenti attesi nelle prossime ore in Telecom Italia non determinino percorsi diversi o vadano a cercare le ragioni di una scelta che sembra destinata a sacrificare valore e prospettive di crescita.

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