Con la gestione di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) di Open Fiber, a giudicare da passo di marcia attuale, le Aree bianche saranno cablate tra 8 anni.
Questi i dati sorprendenti al 31 luglio scorso pubblicati sul sito del MiSE e relativi all’avanzamento dei lavori di realizzazione della rete a banda ultra larga.
Le preoccupazioni espresse da più parti in questi ultimi mesi, a cui si è anche aggiunta nei giorni scorsi la voce di Salvo Ugliarolo segretario generale della UilCom, erano quindi più che fondate, nonostante le rassicurazioni arrivate dal vertice di Open Fiber, che nei giorni scorsi sbandierava la più alta ‘produzione’ di sempre.
Abbiamo scoperto, grazie ai dati ufficiali pubblicati dal MISE, che nel mese di luglio 2022 le unità immobiliari collaudate, quelle dove i servizi sono attivabili, come recita il Report stesso, sono incrementate rispetto a giugno 2022 di meno di 50.000 unità immobiliari.
Cosa vuol dire? Che per finire le Aree bianche nei tempi del piano dell’AD Mario Rossetti, Open Fiber dovrebbe realizzare d’ora in poi mediamente più di 400.000 unità immobiliari con servizio attivabile al mese.
Francamente appare come una “mission impossible” e, per la verità, un risultato così disastroso sorprende anche noi.
Ricordiamo che la concessione assegnata ad Open Fiber prevede che si debbano cablare nelle Aree bianche circa 6,3 milioni di unità immobiliari FTTH entro la metà del 2023.
Ad oggi le unità immobiliari cablate sono solo circa 2 milioni.
Al passo di 50.000 unità immobiliari al mese Open Fiber finirà i lavori, se le cose dovessero andare come vanno ora, tra 8 anni e cioè nel 2030.
Quali altre giustificazioni userà adesso il management di Open Fiber, dopo aver puntato insistentemente il dito sulla gestione precedente?
Come giustificherà questo ulteriore rallentamento e questa inadeguatezza di execution?
Non vorremmo che tra qualche mese, magari dopo le elezioni del 25 settembre, venisse detto che il piano industriale fatto a dicembre 2021 dall’attuale AD di Open Fiber dovrà essere rivisto. Ma come, proprio dopo aver proclamato ai quattro venti che sarebbe stato fatto un ‘re-boost’ dell’azienda, grazie alla gestione manageriale di CDP? E allora ci chiediamo: quanto tempo dovrà passare ancora e quanti danni dovremo subire prima che CDP ammetta i propri errori di valutazione sull’attuale gestione e corra ai ripari?