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FTTH, la sfida di Virgin in Italia e l’attesa del nuovo governo per domare un mercato nazionale che cresce

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Il dato che rende davvero imbarazzanti per i protagonisti della vicenda rete unica italiana riguarda proprio le ragioni che hanno portato l’avventuroso magnate americano a puntare sul caso italiano della fibra.

Tocca spesso ad un papa straniero svelare le virtù di una comunità troppo litigiosa per avere consapevolezza dei propri messi. Capitava spesso nel Medioevo a quell’espressione geografica, come diceva il principe di Metternich dell’Italia pre-risorgimentale.

Oggi si ripropone l’umiliante circostanza nel campo dell’innovazione tecnologica. 

Dopo anni di baruffe inconcludenti, come proprio questa testata ha puntualmente documentato, ci troviamo nel campo del cablaggio del paese, cioè di una funzione essenziale per la vita e lo sviluppo dell’Italia, arriva un temerario capitano di ventura come Richard Branson, padrone del gruppo Virgin, che spazia, nel senso più letterale del termine, fra comunicazione, centri fitness, connessioni veloci, e attività spaziali, e ci spiega che siamo un mercato d’avanguardia per il cablaggio veloce.

Proprio il gruppo Virgin ha deciso infatti di passare dall’Italia per sfondare nel mercato della fibra totale, la cosiddetta FTTH (Fiber to the home) che porterà direttamente nelle nostre case una potenza di trasmissione al momento mai sperimentata in Italia. “Partiamo da una velocità fino a 1 Gbit/s in download e dopo 6 mesi saremo nell’ordine dei 2,5 per singolo utente”, – spiega con orgoglio Tom Mockrindge, il nuovo ceo della branch italiana di Virgin. 

Il dato che rende davvero imbarazzanti per i protagonisti della vicenda rete unica italiana riguarda proprio le ragioni che hanno portato l’avventuroso magnate americano a puntare sul caso italiano della fibra.

Il vostro Paese- dice Branson- è un laboratorio avanzato, altro che una provincia depressa nell’innovazione. State crescendo nelle connessioni veloci più velocemente di tutti gli altri partner europei. Fra poco raggiungerete la Francia e avete già distanziato Germania e Inghilterra.

In sostanza ci dice Branson, anche nella fibra si sta ripetendo la storia degli ultimi 40 anni in tutte le tappe delle telecomunicazioni. L’Italia parte veloce, diventa un battistrada, poi il suo mercato viene colonizzato, e diventa terra di conquista e di estrazione del valore.

È stato così nel campo della diversificazione televisiva, quando nei primi anni 80 l’Italia divenne il motore dell’espansione delle emittenti private. Più di 2 mila sigle trasmettevano, con un gruppo come Mediaset che concentrava la pubblicità, estendendone quantità e qualità dell’economia. Dal 78 al 1984 in Italia furono trasmessi tanti spot quanto in Francia, Inghilterra, Germania e Spagna messe assieme. Eppure dopo qualche balbettio ci troviamo oggi con una rai in disarmo, il gruppo di Berlusconi che cerca nicchie di mercato all’estero e le piattaforme streaming estere che impazzano.

Lo stesso accadde nella telefonia mobile. Lo stivale divenne l’emblema della paranoia dei telefonini nel mondo già negli anni 90, con 5 compagnie che si contendevano un mercato in continua crescita. E poi tutto rifluì in mani straniere. Senza riuscire a creare nessuna significativa formula di convergenza fra tv e telefonia, come invece è accaduto all’estero. Insomma siamo fortissimi sul primo miglio, ma non arriviamo mai all’ultimo, per usare la metafora appunto degli allacci in fibra. 

Ora ci troviamo con una forte domanda di connessioni veloci, e un paese cablato in maniera del tutto occasionale e caotica, senza un piano e tanto meno una potenza imprenditoriale. Gli eterni duellanti, come TIM e Open Fiber, nonostante siano entrambi collegati alla Cassa depositi e prestiti non riescono a trovare la quadra e il mercato marcisce. 

Ora Virgin annuncia che entro i prossimi 8 anni garantisce la connessione al 100 % degli utenti. Una prospettiva impegnativa certo ma che si basa proprio sulla dinamica della domanda e sulle opportunità che un mercato del tutto sguarnito, dove non esistono Incumbent ma neanche protagonisti locali, offre. 

In particolare brilla la totale assenza di qualsiasi regia pubblica. Sia a livello nazionale, come vediamo proprio nell’incomunicabilità che blocca i due attuali pretendenti- TIM e Oper Fiber- sia a livello territoriale, dove regioni e grandi città metropolitane non si accostano ad un tema- la pianificazione di un piano regolatore delle connessioni- che risulta vitale per lo sviluppo e la competizione delle comunità. 

Il nuovo governo su questi temi sembra arrivare in qualche modo preparato. Proprio il partito della premier in pectore Meloni, Fratelli d’Italia, si è cimentato in un lungo lavoro di consultazioni ed elaborazioni in una logica di una strategia autonoma e sovrana del mercato italiano. La sfida che lancia Virgil sembra fatta apposta per saggiarne consistenza e convinzione.

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