L'intervento

FTTH e 5G, Bassanini (Open Fiber) ‘Modello wholesale only è il migliore’

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L’intervento di Franco Bassanini, presidente di Open Fiber, al quarto Meeting annuale dell’LTIIA (Long Term Infrastructure Investor Association): ‘In Italia, diversi Olo hanno intavolato discussioni con noi sull’infrastruttura 5G (loro sarebbero proprietari dello spettro, ma non della rete in fibra)’.

“Nei prossimi anni, il modello delle reti wholesale only, valido tanto per le reti in fibra Ftth (Fiber to the home) quanto per il 5G, sarà una delle opportunità più interessanti per gli investitori di lungo periodo, che vogliono investire i loro soldi in asset infrastrutturali in linea con il loro profilo di rischio”. Si chiude così l’intervento di Franco Bassanini, presidente di Open Fiber e consigliere speciale del Presidente del Consiglio, al quarto Meeting annuale dell’LTIIA (Long Term Infrastructure Investor Association) in collaborazione con l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ieri a Parigi.

Un intervento articolato (qui il link all’intervento originale ‘Financing infrastructure in Europe: a chianging scenario’), nel quale il presidente di Open Fiber ha esposto la sua visione sulle riforme necessarie per promuovere nuovi finanziamenti di infrastrutture di rete (dall’energia, ai trasporti alle Tlc), con una approfondita analisi delle mutate condizioni economiche e della crisi che ha colpito l’Europa, restringendo di molto la capacità di investimento del sistema bancario.

Gli effetti ‘disruptive’ della fibra e del 5G

Le reti in fibra Ftth (Fiber to the home) in Europa sono presenti soltanto in poche aree circoscritte (quelle urbane e più densamente popolate ndr), il che, sostiene Bassanini, “rende molto problematico il raggiungimento degli obiettivi europei della Gigabit Society al 2025”. Per questo L’Unione Europea dovrà da un lato allentare i lacci sugli aiuti di stato e sugli interventi pubblici, e “sarà costretta a modificare gli incentivi ad investire per rendere la remunerazione per gli investitori in nuovi asset in fibra almeno uguali, e preferibilmente più elevati, rispetto alla remunerazione che si può ottenere da asset svalutati e tecnologicamente obsoleti” come il rame o soluzioni miste rame-fibra.

Integrazione verticale (e convergenza) vs separazione strutturale

A proposito di telecomunicazioni, il modello di integrazione verticale di reti e servizi, per quanto superato, “resta la norma nella Ue” e gli incumbent continuano a concentrare una serie di diverse attività, che richiedono skill completamente diverse fra loro (e anche investitori diversi fra loro).

Una situazione “esacerbata dalla convergenza fra produzione di contenuti e servizi di telecomunicazioni”, che secondo Bassanini, richiede un intervento regolatorio da parte di governi e Autorità, visto che “l’integrazione verticale” è l’incubo dei regolatori e delle autorità antitrust europee ormai da tempo.

Gli unici casi di separazione volontaria in Europa sono quelli di Open Reach da BT nel Regno Unito e di CETIN da O2 CR nella Repubblica Ceca. Casi analoghi extra Ue sono avvenuti in Australia, Nuova Zelanda e Singapore.

Fibra vs rame

“Se vogliamo raggiungere una copertura capillare a banda ultralarga capillare, è necessario fare un uso ottimale delle economie di scala”, aggiunge Bassanini, secondo cui soltanto le reti interamente in fibra possono fornire il livello di velocità richiesto per la Gigabit society. “Ma gli incumbent hanno interesse a ritardare gli investimenti in fibra, a vantaggio di soluzioni miste rame-fibra. Il prezzo regolato garantisce una ‘sovra remunerazione’ del rame alla quale gli incumbent non vogliono rinunciare”.

E questa secondo Bassanini è un “conflitto di interessi” degli operatori incumbent che va affrontato da governi e regolatori.

I rischi di duplicazione/moltiplicazione degli investimenti in NGN

Per superare il rischio di inutili duplicazioni infrastrutturali, anche le telco guardano sempre più a nuovi modelli di network sharing, ed è in quest’ottica che la stessa Commissione Europea sta rinnovando il quadro regolatorio includendo gli operatori virtuali nella definizione stessa di operatore e nel Codice delle comunicazioni elettroniche fanno il loro ingresso gli operatori “wholesale only”, al momento presenti soltanto in Italia (Open Fiber), Svezia (Stokab), Irlanda (Siro) e pochi altri paesi. “Questi operatori hanno in comune il fatto di aver investito in reti Ftth da zero, non hanno eredità”, si legge nell’intervento di Bassanini, secondo cui in futuro molti operatori seguiranno l’esempio della Repubblica Ceca di separare il business retail dalla gestione della rete.

Questa evoluzione, secondo Bassanini, “potrebbe portare ad una rinascita del monopolio delle reti di distribuzione, attraverso un processo di fusione fra ex incumbent e nuovi investitori in fibra”, secondo Bassanini, con una conseguente riduzione del rischio di duplicazioni di investimento (in nuove reti ndr) nelle aree più densamente popolate e di zero investimenti nelle aree periferiche.

Nel contempo arriva il 5G  

La partita della fibra si gioca in contemporanea con quella del 5G, che peraltro ha bisogno della fibra per garantire i livelli di velocità e latenza connaturati ai nuovi servizi (IoT, telemedicina, connected cars ecc) che porta con sé. “Lo scenario classico di concorrenza e interconnessione delle reti, gestite da operatori diversi, sarà presto inadeguato a garantire i livelli di performance in termini di latenza richiesti dalle applicazioni 5G”, aggiunge il presidente di Open Fiber, secondo cui il modello di operatore “wholesale only” (un unico operatore che gestisce l’accesso alla rete degli operatori retail) è al contrario il più idoneo a sostenere l’evoluzione delle reti 5G verso la cosiddetta “sliced structure” (struttura a fette) indicata per il nuovo standard, con un unico operatore che ottimizza e soddisfa le esigenze di ogni singola applicazione verticale.

Olo interessati al 5G

“In Italia, diversi Olo hanno intavolato discussioni con noi sull’infrastruttura 5G (loro sarebbero proprietari dello spettro, ma non della rete in fibra). Hanno compreso che non ha senso realizzare una loro rete di proprietà fino alle abitazioni nelle regioni dove sono presenti, con il rischio poi che il servizio non decolli”, scrive Bassanini, secondo cui la possibile integrazione di infrastrutture fisse e mobili eliminerebbe tanto il rischio di split della domanda, quanto quello di una potenziale concorrenza fra questi due diversi modi di accesso al network.

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