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Frequenze: L’ombra della Brexit sul 5G

L’esito inatteso e dirompente della Brexit ha creato un’onda lunga di problemi, che vanno dalle code chilometriche a Dover per entrare nel Regno Unito, alle turbolenze dei mercati finanziari, passando per la revisione al ribasso della crescita del Pil italiano, alla significativa svalutazione della sterlina fino all’improvviso congelamento di nuovi investimenti nel Regno Unito.

La Brexit ha creato poi non pochi grattacapi all’industria delle Tlc europee, che da tempo sta lottando contro il tempo per partire al più presto con il 5G, la nuova generazione del wireless che aprirà le porte al business dell’IoT, dei servizi specializzati, delle auto connesse e delle smart grid.

il manifesto delle Telco

Non più tardi dello scorso 7 luglio, 17 aziende Tlc della Ue, compresi i fornitori di attrezzature di rete come Nokia ed Ericsson, hanno messo a punto il manifesto del 5G e lo hanno inviato alla Commissione Europea, fissando la roadmap per lo sviluppo del nuovo standard.

Per non perdere il treno del 5G, le telco Ue hanno chiesto alla Commissione di tener presenti le loro esigenze in termini di semplificazione del quadro regolatorio, semplificazione degli investimenti, regole più semplici per l’assegnazione e condivisione dello spettro radio e norme meno severe sulla net neutrality.

Le incognite

La decisione del Regno Unito di lasciare la Ue potrebbe avere conseguenze nefaste sullo sviluppo del 5G, se non altro in termini di sviluppo della roadmap comune concordata dalle telco. Il Regno Unito è la seconda economia del Vecchio Continente nonché patria di due dei più importanti operatori paneuropei, vale a dire Vodafone e O2 (controllata di Telefonica). Non è un mistero che la Brexit renderà più complesso per le aziende britanniche operare nella Ue e viceversa per le aziende Ue sarà più complesso operare in Uk.

D’altro canto, è molto probabile che l’Ofcom, il regolatore inglese, sarà in grado di realizzare un quadro regolatorio con un set di regole separate in Uk per i servizi cellulari, con particolare attenzione a standard, licenze di radio spettro e policy.

Se il Regno Unito non resterà nell’Area Economica Europea (come ha fatto la Norvegia, aderendo all’Efta) allora potrebbe decidere di non aderire alle direttive Ue in materia di Net Neutrality e Privacy, consentendo agli operatori nazionali l’offerta di servizi premium e il ricorso a corsie preferenziali per l’accesso alle reti. Se al contrario il Regno Unito farà parte del’Area economica europea, a quel punto dovrà adeguarsi pienamente alle direttive.

Spettro radio

L’allocazione dello spettro radio è una delle materie più delicate in tema di standard e sperimentazione della nuova infrastruttura 5G. L’anno scorso, in occasione del Mobile World Congress di Barcellona, Gunther Oettinger, Commissario Ue per l’Economia Digitale, aveva accusato i ministri delle Finanze della Ue di essere troppo avidi e di ragionare soltanto con i soldi in testa. Un limite, secondo Oettinger, alla diffusione del 5G, tanto da spingere il Commissario a chiedere di spostare le competenze (anche di portafoglio) per il digitale dai ministri delle Finanze a quelli con delega all’Innovazione. Richiesta inascoltata, ma resta il fatto che per vincere la corsa al primato del 5G l’Europa dovrà muoversi all’unisono.

La decisione del Parlamento e del Consiglio Europeo prevede di concludere il coordinamento internazionale delle frequenze entro il 2017, un nuovo piano con tanto di tabella di marcia entro giugno 2018 e un piano di transizione concordato e controllato dall’Rspg (Radio spectrum policy group) (2020-2022).

Un Regno Unito che si muovesse in solitaria sarebbe un ostacolo in più per le ambizioni della Commissione Ue in tema 5G, considerato che anche l’Italia su questo terreno è pronta a ballare da sola, almeno fino al 2022, quando completerà la migrazione delle frequenze 700 Mhz dal digitale terrestre alla banda larga mobile e, in prospettiva, al 5G.

C’è da dire che le frequenze sono l’unico terreno in Europa dove la decisione di un singolo stato di ritardare il coordinamento dello spettro impedisce – a causa del rischio interferenze, che non si fermano al confine geografico – ad un altro stato di fare come vuole. In altre parole, senza coordinamento internazionale il passaggio dei 700 Mhz al mobile nella Ue rischia di essere a macchia di leopardo. E il 5G altrettanto.

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