La necessità per il nostro paese di concludere al più presto il coordinamento internazionale dello spettro radio, alla luce dell’accelerazione impressa dalla Commissione Europea alla liberazione della banda 700 in vista dello sviluppo armonizzato del 5G. Un tema caldo e urgente a livello Ue, che mette fretta all’Italia e impone al nostro paese di elaborare in tempi stretti un piano nazionale delle frequenze, per evitare il rischio di interferenze e conflitti in particolare sulla banda 700 con i paesi confinanti, in primo luogo con la Francia. Delle urgenze nazionali e internazionali dello spettro radio abbiamo parlato con Antonio Sassano, docente all’Università La Sapienza di Roma, fra i massimi esperti di frequenze nel nostro paese.
Key4biz. Perché la Commissione ritiene di dover definire nuove e più robuste regole per il coordinamento dello spettro e di dover intervenire anche nei criteri di assegnazione delle frequenze a livello nazionale? Che bisogno c’è di sovrapporre alla gestione dell’ITU quello della Commissione Europea e di impedire ai singoli Paesi dell’Unione di gestire il proprio spettro elettromagnetico secondo le proprie specifiche esigenze?
Antonio Sassano. E’ vero, esiste l’ITU che ha definito ed applicato da 150 anni regole per l’assegnazione ed il coordinamento dello spettro elettromagnetico. Credo però che rispondere a questa domanda significhi andare al cuore del dibattito sul Digital Single Market. La Commissione ritiene, a mio parere a ragione, che solo lo sviluppo di standard e tecnologie uniformi, adottate in tempi certi e in modo coordinato a livello europeo, possa garantire al sistema economico dell’Unione, ai cittadini e alle imprese, i vantaggi del fattore di scala continentale; senza il quale la nostra competitività verso altri mercati di massa come quello cinese (o più genericamente dell’Estremo Oriente) o quello Nord-Americano risulterebbe drasticamente ridotta.
Key4biz. Può fare un esempio?
Antonio Sassano. L’esempio tipico, continuamente riproposto, dei vantaggi di questo fattore di scala, è quello del GSM: standard unico, spettro elettromagnetico dedicato e reso disponibile in tempi certi e definiti, adozione praticamente simultanea in tutti i principali Paesi dell’Unione. Risultato: una supremazia europea, sia tecnologica che nei modelli di business, nella seconda generazione mobile che solo l’avvento della terza e della quarta generazione ha ribaltato a favore dei costruttori e degli operatori nord-americani e dell’estremo oriente.
Dunque, ora la Commissione ritiene che nel futuro ci dovranno essere altre success stories come quella del GSM e, in particolare, punta sulla quinta generazione, il 5G, per ripeterne i successi. Secondo la Commissione, e anche su questo sono completamente d’accordo, si tratterà di una trasformazione tecnologica che non muterà soltanto il panorama della comunicazione ma avrà effetti sulla struttura stessa del tessuto industriale come chiaramente indicato dagli obiettivi dei progetti di Industria 4.0.
Key4biz. Cosa servirà all’Europa per vincere la sfida del 5G?
Antonio Sassano. Per vincere la sfida del 5G l’Europa ha bisogno del fattore di scala, del Digital Single Market e il fattore di di scala ha un solo nemico: il procedere in ordine sparso e non coordinato. Ora, poiché le tecnologie 5G hanno fame di spettro, uno dei cardini del Digital Single Market (sin dai tempi della Wapecs opinion 12 anni fa) è la messa a disposizione delle reti di nuova generazione wireless di larghe porzioni di spettro; 1200 Mhz hanno deliberato la Commissione e il Parlamento Europeo nel Radio Spectrum Policy Programme del 2012.
L’obiettivo è dunque quello di mettere a disposizione degli operatori lo spettro necessario a realizzare le reti wireless 5G. Anche, seppur con le dovute cautele, la preziosissima e contesissima banda UHF attualmente utilizzata dal broadcasting radio-televisivo. Tutte le bande sono importanti per garantire capacità alle reti ma non pregiate quanto la Banda UHF da 450 a 1GHz. La liberazione dello spettro UHF è dunque un obiettivo che tutti condividono e che oggi nessuno mette in discussione.
Key4biz. Quando dice che tutti sono d’accordo sulla liberazione dello spettro UHF a chi si riferisce esattamente?
Antonio Sassano. Mi riferisco in primo luogo all’ITU, che ha deciso di destinare la banda 700 alle comunicazioni mobili a livello mondiale e ha rimandato al 2023 la decisione per l’assegnazione del resto della banda UHF; in secondo luogo agli operatori mobili e ai costruttori, che si sono chiaramente pronunciati (almeno a livello europeo) a favore di una liberazione della banda 700 attorno al 2020; (timely access to spectrum – addressing delays to the release of mobile spectrum in particular member states e.g. the 800 MHz band in Spain, and looking ahead to the release of the 700 MHz band around 2020); infine alla Commissione Europea, al Radio Spectrum Policy Group e alla Commissione Lamy, che hanno indicato il 2020 (con una tolleranza di + o – due anni) come data comune europea per la fine delle trasmissioni televisive.
Key4biz. Eppure la Commissione è preoccupata e pone il coordinamento internazionale dello spettro tra i suoi obiettivi strategici e aggiunge che i Paesi dell’Unione dovrebbero avere una politica comune per l’assegnazione delle frequenze a livello nazionale (tempi, modalità di asegnazione, durata e natura dei diritti). Perché questa esigenza?
Antonio Sassano. Perché lo spettro elettromagnetico è l’unica risorsa per la quale i ritardi di un Paese Membro possono mettere in crisi le strategie nazionali dei Paesi vicini.
Potremo avere politiche estere e militari, politiche per la ricerca, politiche energetiche, politiche industriali diverse. Potremo dunque avere (ahimè!) un’Europa disunita su tutto e con 27 mercati nazionali diversi; ma, in ogni mercato ogni Paese avrà (o avrà la sensazione di avere) piena sovranità. Alcuni Paesi faranno meglio e altri peggio; le scelte di un Paese potranno condizionare le scelte dei Paesi vicini ma nessuno, in tutti i settori che ho citato, potrà impedire unilateralmente ad un Paese confinante di attuare la politica che ritiene più giusta.
Questo non è vero per lo spettro elettromagnetico e dunque per lo sviluppo delle reti di nuova generazione. Uno stato membro potrà decidere di destinare fino al 2025 o al 2032 il proprio spettro alle trasmissioni radio-televisive ed impedire in modo unilaterale a tutti i paesi confinanti l’utilizzo di quelle stesse frequenze per lo sviluppo della banda larga mobile attorno al 2020.
Credo siamo tutti d’accordo (almeno coloro che non sono per la dissoluzione dell’Europa) che questo non è accettabile ed ecco che il coordinamento e la sincronizzazione degli interventi divengono indispensabili.
Key4biz. Secondo lei come andrebbero realizzati gli interventi sullo spettro?
Antonio Sassano. In primo luogo, il Coordinamento non può essere realizzato imponendo ai Paesi vicini la propria Agenda. Se accettiamo l’idea che un Paese non possa impedire unilateralmente ai propri vicini di utilizzare le frequenze garantite dai trattati internazionali allora non possiamo neanche accettare che uno o più Paesi concordino una strategia di transizione e la impongano ad uno Stato confinante.
Key4biz. Ci può fare un esempio?
Antonio Sassano. La Francia, ad esempio, ha già ceduto all’asta le frequenze della banda 700MHz per circa 3 miliardi di euro, ha già deciso che spegnerà 2 dei suoi 8 multiplex digitali terrestri e già concordato con Germania e Regno Unito le date dello spegnimento: ad esempio, la TV digitale terrestre si spegnerà a Strasburgo nel giugno del 2018 e a Calais nel giugno del 2019.
Key4biz. E il coordinamento della Francia con l’Italia?
Antonio Sassano. Con l’Italia non è stata avviata alcuna attività di coordinamento (anche per la nostra inerzia) ma la data prevista dal Piano Francese per Corsica e Costa Azzurra è il dicembre del 2017. Dunque, noi che abbiamo i maggiori problemi di spegnimento dei nostri 20 multiplex nazionali e 18 multiplex locali, dovremmo spegnere la banda 700 Mhz prima di Germania e Regno Unito. Questo non è accettabile.
Key4biz. Cosa bisogna fare, secondo lei, per non rischiare l’impasse?
Antonio Sassano. Il Coordinamento deve essere invece realizzato, a mio parere, armonizzando i Piani di transizione dei singoli Paesi. Dunque non una lotta sulle date, come quella alla quale stiamo assistendo in questi giorni. Non è importante sapere se la data ultima per lo spegnimento della banda 700 MHz sarà il 31 dicembre 2020 o il 31 dicembre 2022. Le transizioni, come mostra il Piano Francese o il nostro Switch-over analogico-digitale, durano anni e sono costituite da una sequenza di spegnimenti regionali. Dunque, il generico obiettivo del Coordinamento Internazionale previsto dal Punto 9 deve essere quello di armonizzare i Piani di spegnimento di tutti i Paesi Europei. Lo spegnimento di Toscana e Corsica potrà avvenire nel 2020 ed essere il primo passo per una transizione 2020-2022 per l’Italia e l’ultimo di una transizione 2018-2020 per la Francia.
Key4biz. Quali sono i passi più urgenti per l’Italia?
Antonio Sassano. L’Armonizzazione richiede però l’esistenza di Piani e “timetable” nazionali da armonizzare. Il nostro Paese è in grave ritardo su questo tema. Non abbiamo definito alcun Piano post-liberazione della Banda 700 e, di conseguenza, nessuna “timetable”. Il Governo si è appena impegnato con il Commissario Oettinger (che teme una “neverending story”) a definirne una, a renderla nota e a verificarne l’attuazione. Ricordo però che una “timetable” può esistere solo se esiste un Piano Post-700: quanti “multiplex”? Con quale struttura? Su quali frequenze? E che la responsabilità di realizzarlo è dell’AGCOM. Senza il nostro Piano saremo inevitabilmente esposti alla tentazione dei nostri vicini di imporci il loro.
Key4biz. Ultimo punto, sul merito della banda 700MHz. Quali sono gli spazi di manovra dell’Italia?
Antonio Sassano. Credo che l’Italia non possa avere una sua politica del radio-spettro indipendente da quella europea e in piena violazione di uno dei pillars del DSM. Credo anche che, coerentemente a quanto detto nel Rapporto Lamy, la Banda 700 debba essere assegnata agli “operatori mobili” non oltre il 2022. Non potremo dunque attendere la piena diffusione del DVBT-2 e dell’HEVC e neanche attendere la completa liberazione della banda per mettere all’asta le frequenze 700. Questo richiederebbe un drastico anticipo del processo di switch-off che non possiamo permetterci. La pianificazione e la transizione dovranno dunque essere basate, come nel resto d’Europa, sullo standard MPEG4; la liberazione della banda 700 dovrà essere finanziata con parte dei proventi di un’asta a spettro occupato ed infine ai cittadini italiani non dovremo imporre una nuova stagione di decoder.