La maxi-asta incentivante in corso negli Usa per la cessione di risorse frequenziali dai broadcaster ai servizi mobili si avvia alla sua conclusione con una spesa complessiva di 19,6 miliardi di dollari per 70 Mhz di spettro. Una somma molto più bassa rispetto alle aspettative pre-asta, quando la Fcc (Federal communication commission) aveva sparato alto, fissando intorno agli 80 miliardi di dollari il valore complessivo dell’operazione.
C’è da dire che le telco hanno ancora la possibilità di avanzare offerte per specifici blocchi di frequenze, quindi il consuntivo finale potrebbe essere leggermente superiore, anche se in linea di massima il quadro è ormai fissato.
Di fatto, oltre 10 miliardi di dollari finiranno nelle casse dei broadcaster che hanno accettato di lasciare le loro frequenze nella banda a 600 Mhz, mentre altri 1,75 miliardi saranno usati per sostenere le emittenti televisive nel periodo di transizione. Il rimanente finirà nelle casse dello Stato.
Secondo la roadmap della Fcc, il periodo di transizione per il passaggio delle nuove risorse spettrali alle telco sarà di 39 mesi. Sono stati 62 i partecipanti all’asta, fra cui i maggiori operatori Usa, asta nella quale lo Stato ha fatto funzione di banditore e intermediario fra broadcaster e telco.
I nomi degli assegnatari saranno comunicati alla chiusura ufficiale dell’asta.
La chisura dell’asta è stata salutata con favore dal neo presidente della Fcc Ajit Pai, secondo cui si tratta di un’operazione positiva per lo sviluppo di nuovi servizi mobili (in prospettiva 5G), ma non sono mancate le voci polemiche, come quella del commissario Fcc Michael O’Rielly, che ha puntato il dito sull’ampio gap fra le previsioni di incasso (86 miliardi per 126 Mhz) e il consuntivo finale dell’asta incentivante, meno di 20 miliardi.
Le telco hanno valutato lo spettro molto meno di quanto abbiano fatto i broadcaster.