La vicenda Google, che ha raggiunto l’accordo con l’Agenzia delle Entrate per risolvere il contenzioso fiscale nel nostro Paese con il versamento di 306 milioni relativi al periodo 2002-2015, dà ancora una volta ragione a Francesco Boccia (PD) e a chi come lui dal 2013 sostiene l’introduzione di una web tax per i giganti della Rete.
“Il caso Google può avvicinarci una volta per tutte ad una norma transitoria che stimoli l’interlocuzione preventiva tra amministrazione finanziaria e contribuente, nell’ipotesi in cui ci si ritrovi di fronte a gruppi multinazionali operanti su web con ricavi consolidati di miliardi di euro, attraverso attività economiche in Italia che, di fatto, hanno una stabile organizzazione sul territorio italiano”. Così Francesco Boccia (PD), presidente della commissione Bilancio della Camera, intervenendo nel corso dell’audizione del ministro dell’Economia Pier Paolo Padoan sulla manovra-bis.
Il testo di legge sulla web tax nel 2013 ottenne l’ok dalla Commissione Bilancio della Camera ma poi l’iter parlamentare fu sospeso da Matteo Renzi, allora da poco segretario PD: “Diamo l’idea di un Paese che rifiuta l’innovazione”. Ma oggi dopo Google e Apple, che ha pagato al Fisco italiano 310 milioni di euro, il problema dell’evasione fiscale degli Over the Top non può essere affrontata e in qualche modo risolta solo dal procuratore di Milano, Francesco Greco, che ha aperto i procedimenti nei confronti dei big della Rete, ma occorre un intervento legislativo. Una legge ad hoc.
“Con una norma transitoria”, ha concluso Boccia, “in attesa delle decisioni europee che vanno caldeggiate, si potrebbe assicurare gettito fiscale ordinario. Anche per questo motivo condivido la decisione del ministro Pier Carlo Padoan di portare il tema web tax al tavolo del G7 dei ministri finanziari che si terrà la prossima settimana a Bari“. E proprio dal numero uno del ministero dell’Economia e delle Finanze è arrivata un’apertura su una prima mossa dell’Italia: “disponibile a riflettere concretamente su quanto si può fare intanto a livello nazionale”, e sul G7 Padoan ha assicurato “faremo di tutto affinché si facciano passi avanti”.
Cresce il fronte per la Web Tax o Bit Tax
Il Parlamento non può continuare a chiudere gli occhi sull’evasione fiscale degli Over the Top e anche Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust, in audizione parlamentare ha chiesto un intervento legislativo “altrimenti queste aziende continuano a godere di indebiti vantaggi concorrenziali nei confronti dei commercianti tradizionali”. Molto tecnica e pratica è invece la proposta, riportata dal Corriere della Sera, di Franco Gallo, presidente emerito della Corte costituzionale, scritta sulla rivista Diritto Mercato Tecnologia. Gallo si augura una “Bit Tax”: 0,000001 centesimi di dollaro a bit da applicare sui dati trasmessi via internet che genererebbe “enormi introiti” e potrebbe essere riscossa dai provider e “liquidata Paese per Paese”.
Si sa che spesso i partiti si muovono sul campo normativo dopo aver sondato l’opinione pubblica. In questo caso il sondaggio è stato già effettuato: l’eventuale introduzione della web tax è stata una delle domande che il Censis ha rivolto al campione oggetto della ricerca “Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale“: più della metà della popolazione (55%) ha risposto con favore alla tassa sui profitti generati nel nostro Paese dai grandi di internet. Ora tocca a Camera e Senato esprimersi. Si spera.