Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che conferma l’attivismo, anzi l’iperattivismo del Ministro della Cultura Dario Franceschini, che secondo alcuni va nella direzione di un rafforzamento del suo accreditamento – tecnico prima che politico – per la possibile candidatura a Presidente della Repubblica.
Ovviamente i giornali di oggi si sono concentrati su altra notizia, senza dubbio importante, ovvero le disposizioni urgenti in materia di “cybersicurezza”, a partire dalla definizione dell’architettura nazionale di cybersicurezza per arrivare all’istituzione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (si ricorderà che l’ex Premier Giuseppe Conte fu molto criticato per la controversa iniziativa che avviò e fu stoppata, e che invece ieri, rivista e corretta, è stata approvata dal Consiglio dei Ministri). Su questa nuova creatura istituzionale (che non dipenderà dal Dis – Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, ma risponderà al Copasir) torneremo presto, anche per le sue ricadute nei settori che più ci interessano (vedi alla voce “intelligence culturale”).
Concentriamoci ora sugli interventi in materia di cultura. A conclusione della riunione del Cdm (la n° 23, dall’insediamento del Governo presieduto da Mario Draghi), Dario Franceschini ed il suo collega Ministro del Lavoro Andrea Orlando hanno dichiarato: “il disegno di legge approvato oggi in Consiglio dei Ministri completerà, al termine dell’esame parlamentare, l’opera avviata con il decreto legge Sostegni bis per un nuovo sistema di welfare in favore del mondo dello spettacolo e aprirà contestualmente a una importante stagione di riforme”.
I due rivendicano un metodo che pure è invece stato oggetto di critiche (riunioni oceaniche e non per settore…): “attraverso l’interlocuzione costante con gli operatori del settore e il dialogo costruttivo intessuto con le parti sociali, si è giunti in breve tempo alla definizione di un insieme organico di misure, capace di rivedere e aggiornare gli ammortizzatori sociali per i lavoratori di un comparto caratterizzato da prestazioni strutturalmente discontinue e da significative originalità”.
Centrale in verità un’altra questione: “il rinnovo della delega al Governo per la riforma del settore permetterà di arrivare al varo di un vero e proprio Codice dello Spettacolo, che ridisegnerà il funzionamento del sostegno pubblico alla lirica, al teatro, alla musica, alla danza, al circo e a tutte le arti performative”.
La notizia è senza dubbio significativa ma l’annuncio è – come dire?! – “subordinato” all’iter parlamentare che verrà. Di “Codice dello Spettacolo”, in effetti, si parla da molti anni, così come dell’esigenza di un riordino complessivo dell’intervento dello Stato nel sistema culturale…
Ecco le principali novità introdotte dal disegno di legge approvato ieri:
Riapertura della delega al Governo per la riforma dello spettacolo
Il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi, uno o più decreti legislativi per il coordinamento e il riordino delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti le fondazioni lirico-sinfoniche, il teatro, la musica, la danza, gli spettacoli viaggianti, le attività circensi, le rievocazioni e i carnevali storici.
Ciò avverrà tramite la redazione di un “Codice dello Spettacolo”, che conferisca al settore un assetto più efficace, organico e conforme ai principi di semplificazione delle procedure amministrative e ottimizzazione della spesa, migliorando la qualità artistico-culturale delle attività, incentivandone la produzione, l’innovazione e la fruizione da parte del pubblico, con particolare riguardo alla educazione permanente.
“Set – Sostegno Economico Temporaneo”
Il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi, un decreto legislativo per il riordino e la revisione degli ammortizzatori, delle indennità e degli strumenti di “Sostegno economico temporaneo” (da cui l’acronimo “Set”) in favore dei lavoratori dello spettacolo, tenuto conto del carattere strutturalmente discontinuo delle prestazioni lavorative. Verranno aggiornati e definiti i requisiti di accesso agli strumenti di sostegno, anche introducendo nuove misure, come il “Set”, fondati su: limite massimo annuo di reddito; limite minimo di prestazioni lavorative nell’anno solare; reddito derivante in misura prevalente da prestazioni lavorative rese nel settore dello spettacolo. Il “Set” sarà incompatibile con sostegni, indennità e assicurazioni già esistenti. Verranno inoltre individuate misure che favoriscano percorsi di formazione e aggiornamento per chi percepirà il “Set”. Infine verranno previsti dei meccanismi contributivi a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Nascerà il “Registro nazionale dei lavoratori dello spettacolo”
Viene istituito il “Registro nazionale dei lavoratori operanti nel settore dello spettacolo”, articolato in sezioni in base alle categorie professionali previste. I requisiti e le modalità per l’iscrizione verranno definite con decreto del Ministro della Cultura di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, sentite la Conferenza Stato-Regioni e le associazioni professionali dei lavoratori e degli operatori del settore. L’esercizio delle attività professionali dello spettacolo non sarà condizionato all’iscrizione a tale registro.
Osservatorio dello Spettacolo
L’Osservatorio dello Spettacolo sarà potenziato e si occuperà anche del coordinamento con le attività degli osservatori regionali, per favorire l’integrazione di studi, ricerche e iniziative scientifiche in tema di promozione dello spettacolo. L’Osservatorio potrà inoltre stipulare convenzioni con le Università, al fine di ospitare tirocini formativi curriculari per studenti iscritti a un corso di laurea o post laurea.
Previsto il portale per i lavoratori dello spettacolo
L’Inps attiverà un portale appositamente dedicato alla gestione telematica degli adempimenti previsti in materia di tutela previdenziale e assistenziale dei lavoratori iscritti al “Fondo pensione lavoratori dello spettacolo”, anche ai fini delle comunicazioni agli interessati e dell’aggiornamento continuo delle relative posizioni assicurative, sulla base delle giornate di contribuzione e delle retribuzioni imponibili e pensionabili, comprese quelle riguardanti le attività svolte all’estero.
Complessivamente, si tratta di un insieme di interventi che, nelle commendevoli intenzioni, sono finalizzati a stimolare un “governo della cultura” che si caratterizzi per maggiore razionalità, efficienza, efficacia, trasparenza. Al di là dell’esigenza di “ristorare” e sostenere il settore dopo le conseguenze drammatiche della pandemia Covid-19.
Sulla carta, si tratta di iniziative apprezzabili, anche se ovviamente si deve attendere il testo del disegno di legge, per comprendere meglio.
Quel che pure va segnalato è che ancora oggi tutto “il sistema della cultura” italiano è governato con un insieme di leggi e regolamenti che non brillano certo per ricerca di efficacia e di trasparenza: anzi, esiste una sovrabbondanza di testi spesso di difficile interpretazione, scritti in burocratese quasi ottocentesco, che lasciano molto margine di manovra ai dirigenti della pubblica amministrazione (e, volendo, molte chance, per i postulanti, di adire al Tar).
Due deficit gravi: trasparenza e valutazione
Due sono le questioni più gravi: deficit di trasparenza (e quindi di “conoscenza”) e deficit di vocazione alla valutazione degli interventi (soprattutto “ex post”).
Questi due deficit determinano che nessuno (nemmeno il Ministro paradossalmente) sia in grado di avere coscienza (conoscenza) accurata di come funziona “il sistema”: gli interventi della mano pubblica sono parcellizzati e frammentari, nessuno si cura di analizzare gli impatti sul sistema stesso.
Ciò determina quella che abbiamo definito “deriva conservativa” del sistema.
In assenza di conoscenza, anche gli interventi normativi più nobili ed ambiziosi corrono il rischio di divenire inefficaci, se non evanescenti.
In argomento, attendiamo di leggere quel che il disegno di legge ha previsto per l’Osservatorio dello Spettacolo, la struttura che fu istituita nel lontano 1985 dal lungimirante e compianto Ministro (socialista) dello Spettacolo Lelio Lagorio, nell’economia della legge che ha istituito il Fondo Unico dello Spettacolo alias “Fus” (la cosiddetta “Legge madre”, la n. 163/1985, che avrebbe dovuto “figliare” leggi settoriali – per il cinema, il teatro, la musica… – che hanno visto la luce soltanto in parte ed a distanza di decenni, e comunque in assenza di una visione strategica unitaria delle industrie culturali e creative).
Questo “Osservatorio” avrebbe dovuto svolgere la funzione di strumento cognitivo per valutare al meglio gli interventi della mano pubblica, in chiave predittiva e consuntiva (“ex ante” ed “ex post”, appunto): come abbiamo denunciato decine di volte anche su queste colonne, esso è stato via via ridimensionato e definanziato.
Chi ha voluto questa degenerazione?
Chi (“Ministro” o “Direttore Generale” che sia, e finanche “lobby” di settore), non ha avuto interesse a rendere il sistema trasparente, efficiente, efficace, ma ha preferito che una cortina fumogena avvolgesse gli interventi dello Stato.
Nelle nebbie, può operare meglio chi ha interesse a seguire interessi particolari, clientele, favoritismi, logiche di banda e di cordata… E s’alligna finanche il rischio di corruzione.
Una riprova del deficit di trasparenza si ha nelle logiche oscure e confuse e contorte dei “progetti speciali” del Ministero, sia per quanto riguarda la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (Dgca) sia per quanto riguarda la Direzione Spettacolo (Dgs): vengono assegnate risorse per decine e centinaia di migliaia di euro informando la comunità degli operatori e la collettività tutta con un “dataset” che è così… all’osso da essere quasi incomprensibile. Prevale nebbia.
Sarebbe tanto complicato, nella italica Pubblica Amministrazione “digitalizzata”, fare in modo che di ogni iniziativa che beneficia del sostegno dello Stato venga fornita una breve scheda descrittiva (bastano 10 righe dieci) per consentire al cittadino (ed anche ai postulanti esclusi dai contributi pubblici) di capire “cosa” è stato finanziato dalla mano pubblica (e magari intuire anche il “perché”)?!
Le perduranti nebbie dei “progetti speciali” del Ministero della Cultura: 4,1 milioni a teatro, musica, danza, circhi, ma non è ben chiaro per “cosa”…
Abbiamo già segnalato queste patologie, per quanto riguarda i “progetti speciali” della Direzione Cinema ed Audiovisivo e si resta in attesa della risposta che il Ministro Dario Franceschini darà alla senatrice Paola Binetti, rispetto all’interrogazione parlamentare (Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02300), presentata il 2 marzo scorso: d’accordo, la questione non è prioritaria, ma… son trascorsi 3 mesi tre e tutto tace (vedi “Key4biz” del 4 marzo 2021: “ItsArt, Franceschini risponde a Barachini. Binetti chiede trasparenza su sovvenzioni alla Cultura”).
Su altre colonne, abbiamo proposto due anni fa un vero e proprio dossier di approfondimento, cui si rimanda (vedi “Articolo 21” del 3 maggio 2019, “Dossier “Progetti Speciali” del Ministero della Cultura: 13 milioni di euro, tra teatro e cinema ed altri arti. Iniziative nella discrezionalità del Ministro “pro tempore”).
Stupisce un po’ che queste tematiche non appassionino i media “mainstream”, sebbene si tratti di risorse pubbliche destinate ad un settore delicato qual è la cultura.
Nei giorni scorsi, una dinamica simile si è verificata per l’avviso relativo ai “progetti speciali” della Direzione Spettacolo del Ministero: sono state assegnati 4,2 milioni di euro di sovvenzioni, così ripartite: 2 milioni per le attività musicali; 1,7 milioni per il teatro; 300mila euro per la danza; 210mila euro per le attività circensi e dello spettacolo viaggiante.
Assegnazioni avvenute in sordina, curiosamente senza che il Ministro ritenesse di far diramare un comunicato al suo ufficio stampa. A pensar male si commette peccato (come usava dire Giulio Andreotti), ma forse sorge il dubbio che… meno se ne sappia, meno se ne discuta, e quindi meno si possa criticare l’operato del Principe di turno!
Questi 4,2 milioni si sommano ai 4 milioni di euro che sono stati assegnati a fine febbraio 2021 ai “progetti speciali” del settore cinema e audiovisivo (vedi “Key4biz” del 24 febbraio 2021, “Cinema, il Mibact assegna 4 milioni di euro ai “progetti speciali”). L’articolo era così sottotitolato: “sostenute 35 iniziative, ma di molte non si sa nulla. Serve maggiore evidenza pubblica” (in quel caso, i progetti esclusi sono stati 187). E la richiesta si rinnova.
Sul sito web della Direzione Spettacolo (che ha una architettura che definire arcaica è un eufemismo, ma nelle lande della Dg Cinema e Audiovisivo la situazione è identica), qualche giorno fa, sono stati pubblicati i decreti direttoriali, a firma del Dg Antonio Parente, e finanche i verbali delle Commissioni consultive, relativi ai “progetti speciali” per l’anno 2021 (avvisto scaduto il 9 aprile 2021).
Ancora una volta, trasparenza a metà
Trasparenza c’è, si dirà, allora. Sì, ma, ancora una volta, a metà!
Basti osservare che:
(1.) dei progetti finanziati, non vi è alcuna minima descrizione, ed il cittadino deve interpretare, dal titolo del progetto sovvenzionato, di “cosa” si tratti, con grande sforzo di immaginazione e fantasia;
(2.) non viene nemmeno riportato l’elenco dei progetti esclusi dalla sovvenzione (magari, dai titoli di qualcuno si potrebbe anche capire di cosa si trattasse, anche di queste proposte…);
(3.) non viene proposta nemmeno una graduatoria, ovvero una assegnazione di punteggi in funzione di criteri metodologici adottati dalla Commissione consultiva e dalla Direzione Generale.
I dati resi pubblici – nei verbali e nei decreti – sono esclusivamente: “beneficiario/richiedente”, “città”, “titolo progetto”, “contributo”. Incredibile, ma vero.
Quasi mai è possibile comprendere dal titolo di cosa si tratti.
Diverte osservare, in particolare, il caso della European Union Youth Orchestra Foundation di Roma, che si è vista assegnare 250.000 euro per un progetto che reca, nel titolo… “Progetto speciale” (oh, perbacco!).
Nel verbale della “Commissione Teatro” del Mic del 3 giugno 2021, presieduta dall’esperto Guido Di Palma, si leggono poi chicche metodologiche come la seguente: “La proposta, pur attribuendo una prevalenza dei requisiti di cui alle lettere b) c) e d) del comma 3 (la lettera a) corrisponde, come si è detto, a un pre-requisito negativo del progetto) non gradua i medesimi aritmeticamente, perché non sono sommabili qualità non numerabili, ma, nel valutare la proporzione contributo / fattibilità economica del progetto in rapporto alle risorse della Amministrazione, propone in ordine decrescente le iniziative che producano rinnovato interesse nel settore considerato” (sic). Peraltro, questo “ordine decrescente” non viene reso di pubblico dominio. Formula simile si legge anche nel verbale della “Commissione Musica” del Mic in data 4 giugno 2021, presieduta dall’esperto Valerio Toniolo…
E, ancora, sempre cripticamente: “Per agevolare il lavoro della Commissione, è stato, pertanto, sottoposto alla Commissione un tabulato distinto in fasce di colore che corrispondono: a) con il verde, alle istanze connotate ad avviso della Direzione generale da priorità con una proposta relativa all’entità dei contributi; b) con il giallo a quei progetti comunque apprezzabili come rilevanti a termini dei suddetti criteri. In fascia bianca sono riportati quei progetti di cui non si rileva la specialità ed in alcuni casi si rileva, piuttosto, la sovrapponibilità con le attività finanziate dal Fus che sembrano assimilabili ad attività assistibili con normale contribuzione Fus (criteri “al negativo” della lettera a e dei commi 4 e 5) ovvero non collimanti con i criteri specifici o generali del D.m. 27 luglio 2017 e successive modificazioni”.
Per decrittare, è necessario un esegeta di (filosofia del) diritto amministrativo…
Dettaglio? Il succitato policromo (verde/giallo/bianco) “tabulato” non viene allegato al verbale della Commissione e resta chiuso nelle stanze ministeriali di Santa Croce in Gerusalemme… Certo, si dirà: c’è sempre la chance di accesso agli atti (e, poi, finanche ricorso al Tar), ma la domanda permane: cosa impedisce alla Pubblica Amministrazione di rendere “un po’” più trasparenti simili procedure?!
Le rendite di posizione storiche e le antiche clientele e le elemosine territoriali…
Conclusivamente, ci piace qui riportare il commento della più qualificata newsletter italiana sul teatro, “ateatro”, promossa dall’omonima associazione culturale, fondata da Mimma Gallina, Anna Maria Monteverdi e Oliviero Ponte di Pino. Il commento risale ad oltre due anni fa (e si riferisce ovviamente ad altri governi), ma la sostanza della “teoria e pratica” dei “progetti speciali” non è purtroppo cambiata: scriveva la pugnace associazione Ateatro, a proposito del sostegno dell’allora Ministro Alberto Bonisoli rispetto a ben 106 “progetti speciali” che vennero accolti allora (in quel caso, in quanto precedentemente esclusi da sovvenzioni del Fondo Unico per lo Spettacolo – Fus): “Leggendo l’elenco dei fortunati 106, ciascuno può farsi la sua idea. Qualcuno potrebbe pensare che il Ministro ha utilizzato le sue prerogative per rompere le righe, per ribaltare nei fatti le regole. Alle ortiche gli algoritmi, al diavolo le Commissioni, e che cento fiori fioriscano. E nei cento [più sei] fiori di Bonisoli c’è davvero di tutto. Ci sono alcuni soggetti esclusi dal Fondo Unico per lo Spettacolo [forse erano stati esclusi per qualche buona ragione e vengono recuperati sconfessando di fatto le Commissioni], ma ci sono anche soggetti già ampiamente finanziati dal Fus… Dunque finanziamenti a pioggia, secondo una concezione antica e molto ben radicata di clientele diffuse… A volte è una pioggerellina, in altri casi sono robusti acquazzoni”.
Passano gli anni, cambiano le stagioni, dai finanziamenti “a pioggia” si passa a procedure altamente “selettive” (…), ma riteniamo che la sostanza non cambi: “le new entries e le nuove devozioni incontrano le rendite di posizione storiche e le antiche clientele. Immancabili gli anniversari e le elemosine territoriali. È molto difficile individuare una linea di politica culturale o gli obiettivi dell’intervento. Manca la volontà di affrontare i nodi irrisolti del nostro sistema teatrale, a favore di interventi ad personam, caso per caso, per risolvere i problemi causati da Commissioni ritenute incompetenti e da un algoritmo da riformare, come recita il Contratto del Governo” (vedi “Ateatro” del 22 dicembre 2018 “Come prima, più di prima. I progetti speciali del Ministero per il 2018”). Va segnalato che il famoso “algoritmo Nastasi” (dal nome del suo ideatore, Salvo Nastasi, attuale Segretario Generale del Mic), che in qualche modo detta regole per la gestione del Fus, non è stato poi riformato.
Anzi, talvolta si innesca la retromarcia: in occasione di quel decreto, l’allora Ministro Bonisoli volle che, per ognuno dei 106 “progetti speciali”, venisse resa pubblica qualche riga di descrizione, pur ipersintetica.
Negli ultimi decreti – sia della Dg Cinema Audiovisivo sia della Dg Spettacolo – anche quel conato di trasparenza è stato incredibilmente represso. I dati resi pubblici – nei verbali e nei decreti – sono esclusivamente (come abbiamo segnalato): “beneficiario / richiedente”, “città”, “titolo progetto”, “contributo”. Punto. Che si rinnovino le cortine fumogene, insomma?!
Auguriamoci che la riforma avviata ieri dal Ministro Dario Franceschini possa fare in modo che queste pratiche divengano presto ricordi di un passato non granché onorevole.