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Fortezza Russia, dubbi sugli effetti delle sanzioni. La Polonia accusa: la guerra la paga l’UE comprando il gas di Putin

Il pacchetto di sanzioni deciso dall’UE

C’è sgomento nell’aria, sia per l’invasione russa dell’Ucraina, sia per il senso diffuso di impotenza che sta attraversando la società civile. Come fermare la macchina della guerra? I politici, e i leader delle potenze occidentali, ci rassicurano che il pacchetto di sanzioni, deciso ieri, avrà i suoi effetti nocivi sul sistema Russia, ma qualcuno avanza seri dubbi sull’efficacia di queste scelte.

Secondo le anticipazioni dell’agenzia spagnola Efe, riportate da SkyTG24, durante il vertice straordinario del Consiglio dell’Unione europea dei capi di Stato e di Governo, per il secondo pacchetto di sanazioni, sono stati individuati sei ambiti di azione: i settori finanziario, energetico e dei trasporti, il commercio di beni a duplice uso, la politica dei visti e le nuove sanzioni individuali.

In attesa dell’approvazione finale da parte del Consiglio UE degli affari esteri, convocato per oggi pomeriggio, questo è l’arsenale sanzionatorio che almeno gli europei sono riusciti a mettere sul tavolo.

Come viene colpita la Russia?

Nel mirino degli interventi, ad esempio, secondo quanto anticipato dalla Reuters, sono finite due banche private russe, Alfa Bank e Bank Okritie, società pubbliche come la società di difesa Almaz-Antey, il produttore di camion Kamaz e il consorzio Rostec.

Si impedisce l’esportazione verso Mosca di tecnologie fondamentali per le raffinerie di petrolio, come anche il divieto di vendita ed esportazione di componenti per aeromobili e più in generale di tecnologie e attrezzature da impiegare nell’industria militare russa, ma applicabile anche ad altri settori chiave, come l’elettronica, l’informatica, le telecomunicazioni e la sicurezza IT.

Un nuovo pacchetto di sanzioni sarà comunque vagliato nelle prossime ore, anche in base all’andamento della guerra, ma di certo appaiono piuttosto deboli le misure finanziarie prese (che tentano confusamente di limitare l’accesso di Mosca ai mercati finanziari globali o di congelarne gli asset strategici) e invece del tutto assenti quelle nel settore energetico, vera fonte di ricchezza per la Russia.

Basteranno queste sanzioni? Secondo molti no, secondo altri si, ma solo a lungo termine.

Giappone, Corea del Sud, Canada e altri partner occidentali hanno comunicato nelle stesse ore ulteriori pacchetti di sanzioni, che convergono tutti sul limitare la capacità russa di muoversi sui mercati finanziari internazionali e di impedire/restringere gli approvvigionamenti di semiconduttori verso la Russia.

Gas e petrolio dalla Russia: con i nostri soldi Putin finanzia la sua guerra

Ma l’evidenza maggiore è proprio il non aver assestato un colpo serio al nemico. Sembra come se la Russia abbia il pallino del gioco in mano ora e gli altri devono o adeguarsi o inseguire, in termini di mosse.

La fortezza russa può contare su riserve finanziarie pari a 643 miliardi di dollari, senza contare gli ulteriori ricavi provenienti dalla vendita di forniture di gas e petrolio.

Questo significa che Mosca può tenere “botta” come di dice per lungo tempo: dal 2015 ad oggi, le riserve finanziarie russe sono aumentate del 75%.

Durante il vertice europeo finito in nottata, il premier polacco Mateusz Morawiecki ha fatto notare ai colleghi “che ancora nessuna misura è stata decisa per estromettere la Russia dal sistema di pagamento internazionale SWIFT”, (utilizzato da molti per pagare il gas comprato da Mosca) e non meno importante, “che acquistando il gas russo tutta l’Unione europea sta anche sovvenzionando la guerra di Putin in Ucraina”.

L’UE importa il 42% delle sue forniture dalla Russia, per un assegno strappato nel 2020 da 60 miliardi di euro. Chiaramente in pieno inverno non è pensabile il blocco della fornitura e il cambiamento in tempo reale degli ordini o la ricerca di altre fonti.

La Germania è il Paese più esposto, con 45,8 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia, ma subito dopo c’è proprio l’Italia, con 21 miliardi di metri cubi, poi l’Austra (13,2), la Francia (12,4), l’Olanda (11,8) e la Polonia (9,7).

Abbandonare i combustibili fossili e investire sulle rinnovabili

Siamo quindi in un’impasse, come spesso capita quando si finisce in mezzo a conflitti geopolitici di natura globale: da un lato non possiamo fare a meno di forniture dirette di gas e petrolio dalla Russia, dall’altra dobbiamo trovare strade alternative al più presto, senza subire il contraccolpo speculativo e inflazionistico sempre possibile (con nuove impennate dei prezzi di beni e servizi, senza contare le bollette energetiche).

Dobbiamo aumentare la nostra indipendenza energetica e come in tanti hanno indicato la strada è sempre e solo una: decarbonizzare, fare a meno (il più possibile) dei combustibili fossili, ricorrere (il più possibile) alle fonti energetiche rinnovabili, costruendo nuovi impianti (semplificando l’iter burocratico) e sviluppando più efficienti sistemi di accumulo.

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