Investimenti sostenibili
Si è aperta ufficialmente la corsa ad offrire piani pensionistici più orientanti alla sostenibilità ambientale in Europa. L’emergenza sanitaria, l’instabilità economica e le tensioni sociali derivate dall’arrivo dalla pandemia di Covid-19 hanno reso i cittadini molto più sensibili riguardo le grandi tematiche della nostra epoca, che sono i cambiamenti climatici, il surriscaldamento globale, l’inquinamento, le epidemie, la salute.
Tutti fattori di incertezza e di “rischio” per chi deve proporre un piano pensionistico ai propri clienti, perché i dubbi circa il futuro delle aziende e di interi settori economici iniziano a crescere, proprio a causa di questa fase storica caratterizzata da diffusa crisi ambientale, industriale ed energetica.
Ecco perché i fondi pensionistici hanno progressivamente iniziato a modificare il mix di investimenti ai propri clienti, con un aumento sensibile di proposte green, cioè piani di investimento che prendono in considerazioni le zero emissioni di CO2, la decarbonizzazione, la neutralità climatica, lo zero impatto ambientale, la tassazione sul carbonio.
Strategie ESG e SRI
In generale, oggi, tutti gli investitori, da quelli istituzionali a quelli privati, possono dare un’impronta sostenibile ai propri investimenti, si legge in un prospetto BlackRock, integrando elementi ambientali, sociali e di governance (ESG) alle strategie tradizionali per perseguire i propri obiettivi di investimento.
Oltre agli ESG, i fondi pensione e le casse di previdenza posso attuare altre strategie di investimenti sostenibili e responsabili, gli SRI, Sustainable and Responsible Investment.
Pensioni green, ancora poche
Il problema è che solo l’8% dei fondi europei, complessivamente 1.000 miliardi di euro, si è impegnato ufficialmente in investimenti 100% green.
Meno della metà dei piani pensionistici europei e britannici, il 46% del totale, è ancora in una fase “di studio”, cioè ha preso in considerazione il problema, ma senza proposte definitive.
Si tratta dei risultati di uno studio condotto da Mercer su 12 Paesi europei con l’obiettivo di indagare il mercato di 850 fondi pensionistici.
Il caso Nest in Gran Bretagna
Ad esempio, in Gran Bretagna, alcuni tra i più grandi nomi del settore, come Nest, Legal&General, Aviva e Royal London, si sono impegnati ad offrire un portafoglio di investimenti completamente “a zero emissioni” entro il 2050.
Si tratta di strategie che possono risultare molto efficaci per chi le propone. Ad esempio, si legge sul Financial Times, Nest ha inviato email mirati ad alcuni dei suoi 10 milioni di clienti, per aumentare il coinvolgimento, per migliorare la trasparenza e la fiducia sul modo in cui i loro risparmi sono investiti e in quali settori, con prospetti a lungo termine in cui si spiega quale sarà l’impatto ambientale e sociale dei loro investimenti.
In questo modo il fondo dichiara di voler ottenere rendimenti “onesti” dal punto di vista etico e ambientale, dall’altro è anche un modo per convincere le persone ad investire i propri risparmi a lungo termine, “perché investire nell’ambiente è una buona idea”.
Cresce la sensibilità green tra i risparmiatori
Al netto delle speculazioni sempre dietro l’angolo di fatto investire green è un’ottima idea, perché significa investire nel proprio futuro e in quello dei propri cari.
Secondo un sondaggio condotto dal Defined Contribution Investment Forum, durante il 2020, il 74% dei risparmiatori del Regno Unito sarebbero “molto interessati” o “abbastanza interessati” ai fondi dedicati alla sostenibilità ambientale e al tema dei cambiamenti climatici.
Addirittura il 30% degli intervistati ha affermato che investirebbe in fondi rispettosi dell’ambiente anche se ciò significasse minori ritorni finanziari, costi più elevati o rischi maggiori.
La mancanza di uno standard
Il problema è che ad oggi non esiste una definizione standard di cosa significhi esattamente investimenti green o portfolio a zero emissioni.
Dell’argomento si è interessata una Commissione del Governo britannico per il lavoro e le pensioni, che a settembre ha pubblicato un Rapporto che insisteva proprio sull’importanza di arrivare ad una definizione standard di “zero emissioni” nel settore dei fondi pensionistici.
Senza un accordo su questo le speculazioni e la disinformazione più o meno mirata potrebbero rendere sempre più opaco il lavoro di questi fondi e per i risparmiatori sempre più difficile capire se i loro soldi siano o meno investiti secondo principi etici condivisibili.