Cresce il dibattito sull’emendamento del senatore della Lega Simone Pillon al decreto Intercettazioni che prevede l’obbligo, di default, della funzione di parental control: un filtro anti-porno su smartphone, tablet e decoder per bloccare i contenuti spinti, violenti e pericolosi per tutelare i minori. Alla Camera è stato approvato l’odg della deputata Enza Bruno Bossio del Pd per rivedere l’automatismo. Ne abbiamo parlato con il Professor Antonio Nicita, commissario Agcom.
K4B. Commissario Nicita, che idea si è fatto sulla norma Pillon?
Antonio Nicita. si introducono alcuni nuovi obblighi che comportano una modifica di tutti i contratti degli operatori di servizi di comunicazione elettronica e dei servizi media, e ciò a mio avviso tocca le competenze AGCOM. Dico subito che, pur comprendendo e condividendo le ragioni di tutela dei minori che hanno motivato la norma, ritengo che nella attuale formulazione essa si presti a un rischio di disapplicazione e per tale ragione ho invitato il Consiglio Agcom ad approfondire la tematica.
K4B: Quali sono gli aspetti problematici a suo avviso?
Antonio Nicita. Va verificata la compatibilità con il diritto comunitario. A mio avviso, c’è da compiere una valutazione in merito ad una possibile disapplicazione: l’art 3.1 del Regolamento 2120/2015 (Open Internet) stabilisce infatti il diritto di qualunque utente finale di accedere a contenuti via Internet e, allo stesso tempo, il divieto per i fornitori di servizi di discriminare il traffico e i contenuti. L’art. 3, comma 3, lett. a) dello stesso regolamento prevede una sola eccezione a quanto sopra, in cui – ma è tutto da verificare – potrebbe ricadere la previsione dell’emendamento, e cioè che gli operatori possono applicare determinate pratiche di discriminazione del traffico “ove necessario e solo per il tempo necessario a: a) conformarsi ad atti legislativi dell’Unione o alla normativa nazionale conforme al diritto dell’Unione, cui il fornitore di servizi di accesso a Internet è soggetto, o alle misure conformi al diritto dell’Unione che danno attuazione a tali atti legislativi dell’Unione o a tale normativa nazionale, compreso ai provvedimenti giudiziari o di autorità pubbliche investite di poteri pertinenti”.
K4B. Questo cosa comporta?
Antonio Nicita. Ammesso e non concesso che la norma introdotta in Italia possa rientrare nell’eccezione di cui sopra (dal momento che individua i contenuti da discriminare in maniera assolutamente generica), andrebbe verificato che sia coerente e in linea con la normativa europea. Esistono poi rilevanti questioni tecniche di applicazione.
K4B. Può farci qualche esempio?
Antonio Nicita. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, poiché si parla in generale di bloccare i contenuti inadatti ai minori (non solo contenuti porno, ma contenuti inappropriati tout court) si tratta di capire cosa sia violento o inappropriato e così via. Chi lo stabilisce? Qui non siamo nel campo della verifica di un diritto (come nel caso del copyright) o di definizioni consolidate (come nel caso dell’hate speech). Per esempio, una protesta contro il razzismo, come quelle in atto in questo periodo negli Usa, è un contenuto inappropriato per un adolescente? Al riguardo, non è sufficiente un classico parental control che filtra, per esempio, gli indirizzi dei siti pornografici o di altri siti che forniscono contenuti inappropriati. In questo caso bisognerebbe, ad esempio, bloccare selettivamente singoli contenuti violenti che potrebbero essere ospitati in siti che contengono anche altri contenuti (legittimi e adeguati ai minori). Ma su questo vedo un tema di proporzionalità, nel solco europeo.
K4B. Quali sono le conseguenze prevedibili?
Antonio Nicita. Sappiamo bene che non è possibile bloccare un intero sito che ospiti anche contenuti leciti, anche perché bisogna spesso confrontarsi con soggetti con sedi extra-UE, per i quali non si riesce a fare la rimozione selettiva (dovendo rivolgersi ad un ISP italiano che può bloccare l’intero accesso al sito).
L’attuazione della norma, ove non esposta a disapplicazione, mi pare dunque tecnicamente assai complicata oltre che esposta a una eccessiva discrezionalità (a differenza della verifica del diritto d’autore) in merito a cosa definire inappropriato.
K4B. Ma il parental control è uno strumento che per la TV funziona.
Antonio Nicita. E’ vero, ma aggiungo che il paragone con il mondo della TV, fatto da qualcuno, non è pertinente perché nel mondo TV come sappiamo vi è la responsabilità di un editore che quindi può effettuare una classificazione dei singoli contenuti che può determinare l’attivazione di un parental control presente nelle TV, mentre nell’online questo non accade.
K4B. Com’è possibile allora tutelare i minori online?
Antonio Nicita. Sul mercato esistono già decine di programmi in grado di filtrare molti tipi diversi di contenuti, da installare come programmi aggiuntivi ai vari browser per la navigazione su Internet, o per le ricerche su Google, o da installare sui sistemi operativi dei cellulari (Android e iOS). In questo caso però la scelta di dotarsene è dell’utente (opt in), mentre l’impostazione dell’emendamento Pillon è di vietare tutto, salvo esplicita deroga (opt out). Un approccio che, ripeto, pone problemi rilevanti di proporzionalità e di eccessiva discrezionalità.