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‘Fibra strategica, serve una rete pubblica aperta a tutti gli operatori’. Intervista a Simone Bonannini (Interoute)

Le telecomunicazioni sono il fattore chiave per estendere la sfera di influenza del nostro paese verso nuove aree di sviluppo nell’area del Mediterraneo, in particolare verso l’Africa e il Medio Oriente. Per raggiungere questo risultato, però, è necessario disporre di un’infrastruttura di rete accessibile a tutti, che garantisca accesso paritario alla fibra a tutti i player presenti sul mercato. Ne abbiamo parlato con Simone Bonannini, Amministratore Delegato di Interoute, provider internazionale di servizi per le telecomunicazioni  e proprietario nonché operatore della più grande piattaforma di servizi cloud in Europa.

 

Key4biz. Il dibattito alto sul settore spinge da tempo ad un piano strategico delle telecomunicazioni con particolare attenzione alla infrastruttura di banda larga e ultralarga. Qual è la sua opinione a riguardo?

Simone Bonannini. E’ una necessità ormai sotto gli occhi di tutti che ha toccato, oltre un punto di non ritorno, anche le sensibilità di personalità esterne al mero settore delle telecomunicazioni. L’infrastruttura di rete serve al Paese, alla sua crescita economica, allo sviluppo della pubblica amministrazione, e al consumatore.

Naturalmente tutto ciò va fatto assicurando al Paese una rete moderna, ma anche fronteggiando contestualmente il rischio di perdita del controllo strategico sul settore. Infine va assicurata la dinamica di libero mercato allo sviluppo del settore, il che vuol dire trovare una virtuosità di Relazioni tra pubblico e privato che coniughi competizione e delicatezza strategica del settore in ambito di sovranità.

 

Key4biz. Pensa a un modello operativo concreto?

Simone Bonannini. La soluzione poteva e può essere solo una: la realizzazione di un’infrastruttura passiva (cavidotti e fibre) messa a disposizione di tutti gli operatori di telecomunicazioni a parità di condizioni tecniche ed economiche. Quanto alla proprietà la soluzione più naturale sembra essere riconducibile a un soggetto esclusivamente pubblico, non scalabile, promosso da Cassa Depositi e Prestiti.

 

Key4biz. Con quale prospettiva?

Simone Bonannini. In questo modo il Paese si doterebbe di un’infrastrutura all’avanguardia a supporto dello sviluppo economico, facilmente finanziabile a debito, con ritorno certo in pochi anni. L’infrastruttura di proprietà pubblica garantirebbe il mantenimento del controllo di un asset strategico per l’Italia sia nello scenario nazionale che internazionale, in particolare per il ruolo di naturale collegamento verso i mercati emergenti del bacino del Mediteraneo, del Middle East e del Far East. Tutto questo garantendo maggiormente la competizione a beneficio dell’utente finale ed eliminando il conflitto di interessi oggi presente tra l’incumbent, proprietario e utilizzatore della rete, e i newcomer che operano nel mercato.”

Key4biz. E gli obiettivi concreti, in chiave politica e di sistema?

Simone Bonannini. Lo scopo è quello di ridare “indipendenza” e rilevanza all’Italia nelle telecomunicazioni, approfittando di un passaggio tecnologico chiave dal rame alla fibra sulla componente di rete di accesso. Non sfuggirà infatti che l’Italia non ha più sue aziende di telecomunicazioni. Telecom Italia da spagnola è diventata francese, Vodafone è inglese, Wind è russo/cinese, Fastweb è svizzera, Tiscali russa. L’idea della infrastruttura pubblica in fibra ottica ha quindi la duplice valenza di ridare un asset al Paese ed ai suoi cittadini e di garantirne il “controllo”.

Purtroppo la realizzazione di tale progetto non ha avuto il percorso previsto e molte interferenze e vicissitudini hanno portato all’attuale soluzione che ha previsto l’entrata in scena di Enel.

Auspicabile sarebbe che CDP acquisisse un vero ruolo di controllo e guida facendo merging del nuovo soggetto (Open Fiber) con Infratel (ovviamente da riformare/riorganizzare) e facendo entrare nella compagine anche tutte le società municipalizzate che hanno speso tanto denaro pubblico per realizzare infrastrutture in fibra ottica di perimetro cittadino.

Così facendo i tre punti descritti sopra verrebbero soddisfatti: a) una nuova rete di telecomunicazioni per il sistema-Paese nel suo complesso; b) controllo strategico pubblico sul settore; c) tutela delle dinamiche di libero mercato.

 

Key4biz. Evidentemente questo non è che il primo passo di un disegno più ampio.

Simone Bonannini. Le telecomunicazioni rappresentano e rappresenteranno sempre di più quello che l’energia ha rappresentato nel primo e nel secondo dopoguerra per lo sviluppo delle economie mondiali. Gli americani lo hanno capito da almeno 25 anni ed è per questo che nel favorire la nascita delle maggiori aziende in termini di capitalizzazione esistenti al mondo, hanno puntato non sull’energia, ma sull’ICT, puntando al cuore dell’economia digitale.

 

Key4biz. Solo gli americani?

Simone Bonannini. Lo hanno capito da tempo anche cinesi e russi. Da qualche anno anche alcuni Paesi europei si stanno muovendo (Inghilterra, Francia e Germania) direttamente sul nostro territorio o in paesi simili a noi in termini di posizionamento geografico (nel caso specifico i Balcani), mentre in Italia la considerazione sul settore è tale da non ritenerlo degno neanche di un ministero ad hoc.

 

Key4biz. Quali sono gli elementi trainanti dell’economia del bit?

Simone Bonannini. Il mondo è sempre più connesso. Con la cosiddetta internet delle cose ogni oggetto produrrà dati che dovranno e potranno essere elaborati per estrarne informazione e potenziale ricchezza. Ogni nuovo PC o smartphone o tablet venduto ha ormai software che ne consente l’utilizzo solo in cloud, cioè in maniera connessa e depositando il dato su un server remoto, peraltro sempre piu spesso al di fuori dei confini nazionali.

 

Key4biz. Chi terrà le fila di tutto? Nuovi player o rinnovato ruolo degli operatori tradizionali?

Simone Bonannini. A mio avviso esisteranno tre soggetti che si affermeranno e regoleranno il mercato: a) i gestori di data center (dove la grande quantità di dati verrà immagazzinata); b) gli OTT che elaboreranno i dati per creare servizi; c) i gestori di reti (backbone e accesso) che dovranno collegare il data center con l’utilizzatore finale del servizio.

Appare chiaro che i due soggetti infrastrutturali sui quali un sistema paese può intervenire sono il primo ed il terzo. Occorre però sbrigarsi. Non è certo casuale la scelta di soggetti che normalmente verrebbero definiti OTT di investire direttamente nella realizzazione di infrastrutture di transporto dati. Non è neanche casuale l’attenzione americana ai data center.

 

Key4biz. E l’Italia come si colloca all’interno di questo scenario?

Simone Bonannini. Se decliniamo il tutto allo scenario italiano ci accorgiamo che ne abbiamo perso il controllo e non stiamo facendo niente per riprenderlo, andando ad aggravare il ritardo infrastrutturale del nostro Paese rispetto al resto d’Europa. A questo si deve aggiungere il pericolo a cui esponiamo il valore del marchio Made in Italy e tutti i brevetti che rendono forti le aziende italiane nel mondo, se i loro dati critici vengono scambiati su reti in mano a soggetti non italiani. Sul nostro territorio stanno già intervenendo società e paesi stranieri interessati al nostro mercato domestico, ma ancor più alle potenzialità degli sviluppi in Africa ed in Medio Oriente.

L’Europa non può più permettersi la situazione di instabilità politica dell’Africa e del Medio Oriente. Prima o poi dovranno essere creati nuovi mercati che necessiteranno di know how e di servizi da noi prodotti.

Russi e cinesi sono egualmente interessati e stanno ridefinendo le loro sfere di influenza per aggiudicarsi materie prime e appalti di infrastrutturazione.

Il futuro insomma è alle nostre porte, siamo una naturale appendice nel mezzo del Mare Nostrum. Le telecomunicazioni sono l’elemento primo e chiave di “estensione di area di influenza” come lo era l’energia nella strategia dei tempi di Mattei e poi Morotea (alla morte di Mattei).

Key4biz. E adesso?

Simone Bonannini. Le vie di comunicazione FarEast – Nord America passano per l’Europa e per il sud Italia principalmente. Nuove direttrici si stanno definendo. Far East – MEA e Americas – MEA. Per queste ultime il ruolo del nord Europa (Inghilterra, Olanda e Germania) ed anche della Francia sta velocemente diminuendo e contestualmente sta incrementando quello dell’Italia che però non ha più proprie infrastrutture.

Key4biz. E allora cosa fare?

Simone Bonannini. Dal punto di vista delle policy nazionali sul settore mi pare evidente: occorre intervenire velocemente definendo la strategia italiana dei prossimi 10 anni. E prima che sia troppo tardi.

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