Minimizza le tensioni con l’azionista Vivendi e rilancia su Metroweb l’ad di Telecom Italia Marco Patuano, anticipando che a gennaio partiranno le opportune verifiche con le autorità su eventuali problemi regolatori e antitrust che potrebbero frenare un progetto di collaborazione con la società della fibra controllata dalla casa Depositi e Prestiti.
Il progetto allo studio riguarderebbe la copertura ultrabroadband di circa 250 città. Al momento si tratta però soltanto di valutazioni tecniche e di fattibilità, che non avrebbero nulla a che fare con aspetti economici o finanziari.
“Non si è parlato di prezzo, né di opzioni finanziarie”, ha affermato Patuano, restando sul vago come ieri Claudio Costamagna, presidente della Cassa Depositi e Prestiti,– che controlla il 46% di Metroweb – circa la possibilità che quest’ultima venga conferita in Telecom in cambio di una quota azionaria del 3%.
L’ad di Telecom, al centro di forti speculazioni relative ai rapporti non proprio distesi sia con il presidente Giuseppe Recchi che con Vincent Bollorè, ha quindi cercato di minimizzare i dissidi che hanno contrapposto il cda e l’azionista di riferimento e che hanno portato al ‘cappotto’ segnato da Vivendi nell’ultima assemblea. Non ci sarebbe stato, insomma, alcun braccio di ferro , ha detto, per poi ribadire come sia “difficilmente contestabile che un’azienda con il 20 per cento delle azioni voglia sedere nel board”.
“Purtroppo – ha aggiunto – la soluzione per consentire a Vivendi la partecipazione al cda è stata la più spettacolare e questo non è mai un bene quando si parla di finanza”.
Quanto allo stato degli investimenti, Patuano ha ricordato che il piano industriale 2015-2017 prevede 10 miliardi di euro, di cui 5 esclusivamente dedicati alla componente innovativa. Telecom, sottolinea, ha “già raggiunto una copertura delle unità immobiliari superiore al 41% con la fibra e oltre l’87% della popolazione con la tecnologia LTE” e intende estendere il piano di copertura delle reti di nuova generazione nelle aree a fallimento di mercato ad altri 1.146 Comuni inizialmente non previsti.
Il modello perseguito sarà quello delle partnership pubblico-privato già messo in atto nelle regioni del Centro-Sud, nelle quali Telecom ha investito 750 milioni di euro.
Lanciando poi una frecciatina a Enel e al suo piano per portare la fibra nelle case sfruttando il piano di ammodernamento dei contatori (pur senza citare la società elettrica) Patuano sottolinea che “…le infrastrutture spente non servono a nulla. Sento dire spesso ‘porto la fibra’, ma se non porto l’elettronica, la fibra me la mangio, non serve a nulla. Non bastano le infrastrutture passive”.
Che il futuro di Telecom debba concentrarsi sulla fibra ottica lo ha affermato dalle pagine de La Stampa, anche Xavier Niel che controlla un potenziale 15% di Telecom Italia attraverso opzioni di tipo ‘europeo’, esercitabili a partire da giugno 2016.
“Il futuro per Telecom, come per tutti gli operatori, è nella fibra ottica. Bisogna darle la capacità di investire per crescere sia nella fibra ottica sia nel mobile 4G e generare così maggiori ricavi, mantenendo comunque le tariffe più basse”, ha detto Niel.
Una visione, quella incentrata sulla necessità di crescere nella fibra, condivisa da Patuano, che però, ovviamente, non è d’accordo sul tema delle tariffe più basse.
“Sull’avere più fibra ottica sono d’accordo, sui prezzi più bassi magari un po’ meno”, ha detto Patuano, precisando poi che la visione industriale di Niel è “forte e chiara” poi, però, “una visione di alto livello bisogna saperla declinare”.
Niel, nella sua prima intervista italiana dopo l’ingresso in Telecom, ha mostrato grande entusiasmo nei confronti dell’azienda: Telecom Italia è “un operatore fantastico, con un management niente male. Ma è anche un operatore con alcune debolezze. Problemi che si possono risolvere con buone soluzioni”, ha detto, dicendosi convinto che la società potrà giocare come cacciatore e non come preda nel risiko delle tlc europee. E per diverse buone ragioni.
In primo luogo, secondo Niel, per le attività brasiliane “che possono essere una vera occasione per portare la crescita di quell’ area del mondo nei conti, anche se ci sono oggi dei problemi di gestione”.
In secondo luogo, a favore di Telecom potrebbe giocare anche un fattore che in molti hanno definito un handicap, ossia la sua assenza da altri mercati europei al di fuori di quello domestico: “…non essere da nessuna parte in Europa oggi è un’ opportunità: Telecom Italia può arrivare dovunque, con soluzioni nuove e nuovi operatori, senza avere l’ eredità pesante di altri operatori. Ma gli azionisti dovranno darle i mezzi per fare questo”, ha detto Niel.
Una visione, insomma, quella del patron di Free, che potrebbe cozzare con quella di Vincent Bollorè, che nei giorni scorsi è riuscito nel suo obiettivo di piazzare 4 rappresentanti in cda, tra cui 3 figure apicali di Vivendi.
Anche se da parte di Bollorè e dei suoi niente è ancora trapelato circa la strategia industriale – l’ad de Puyfontaine si è limitato a dire che sulla fibra ottica sono ‘allineati con il Governo di Matteo Renzi – sono in molti, infatti, a ritenere che Bollorè spinga per la cessione del Brasile e per ricentrare Telecom sul solo mercato italiano, così da renderla poi una preda appetibile da rivendere magari a Orange.
E a proposito di Bollorè, Niel ha affermato di conoscerlo da tanto, ma di essere sostanzialmente diverso dal finanziere bretone. Di Telecom avrebbero discusso soltanto al momento del suo ingresso nel gruppo italiano “…gliel’ ho detto come forma di cortesia. Poi non ne abbiamo più parlato”, ha affermato, sottolineando di agire per proprio conto: “Sono un investitore industriale, non lavoro per altri”.