Tutti parlano e nessuno scava? La speranza è che non sia davvero così, anche se il terremoto al vertice di Fibercop con le dimissioni dell’Ad Luigi Ferraris a sei mesi dall’insediamento e il timone vacante lasciato al traghettatore Massimo Sarmi lascia più di una preoccupazione. La convivenza del MEF con il primo azionista americano KKR non è certo facile. Quel che è certo è che Fibercop ha impegni stringenti legati al PNRR e non c’è tempo da perdere.
Il Cda fiume: deleghe a Sarmi
Al termine di un Cda durato circa sei ore, Luigi Ferraris, ad di Fibercop dallo scorso rimo luglio, ha rassegnato le sue dimissioni con effetto immediato, che sono state accolte ad unanimità dai consiglieri, tra cui gli esponenti di Kkr, di F2i e del Mef. Alla guida, per il momento, il presidente Massimo Sarmi, che assume le deleghe di Ad ad interim.
Il Cda ha avviato la ricerca del nuovo ad. Nel 2024, per la selezione di Ferraris, Kkr aveva dato mandato a Egon Zehnder. La scelta del futuro ad secondo gli accordi spetta al fondo Usa, ma dovrà incassare l’ok del Mef. Tra i papabili, ieri circolavano i nomi di Luigi Gubitosi (ex ad di Tim) e Laura Cioli (ex Sirti). Ma anche i nomi di Alberto Calcagno (ex ad di Fastewb). Ma il nome di Gubitosi sembra escluso, anche perché in passato i rapporti dell’ex ad di Tim con Open Fiber sono stati molto tesi.
Piano industriale a marzo da 12 miliardi di euro in 5 anni
Vista la situazione, non è quindi escluso a questo punto che a marzo sarà lo stesso Massimo Sarmi a presentare il nuovo piano industriale. Piano industriale da 12 miliardi di euro in 5 anni, come preannunciato lo scorso mese di ottobre da Ferraris, che avrebbe anche pagato una certa mancanza di conoscenza del settore e rapporti non idilliaci con il Governo.
Certo, la situazione non è facile, tanto più che l’Antitrust ha avviato un’indagine sul Master Service Agreement di Fibercop con Tim. La rete è stata conferita dal primo luglio a Fibercop, oggi partecipata dal fondo Usa (37,8%) KKR, dal fondo pensione canadese Canada Cppib (17,5%), dal fondo sovrano di Abu Dhabi Adia (17,5%), dal ministero dell’Economia (16%) e dal fondo infrastrutturale italiano F2i (11,2%).
Da una parte, secondo Il Giornale, in corso di stesura del piano industriale sarebbero emerse delle divergenze di vedute sull’entità degli investimenti da effettuare, con i soci che si sarebbero trovati a dover sborsare una cifra non lontana da 3 miliardi di euro in più di quanto inizialmente preventivato per rinnovare una rete fissa ormai attempata.
Probabilmente i costi lieviteranno e si dovrà spendere più del previsto per la fibra e il decomissionig del rame. Però in questo momento la cosa importante è scavare. Il tempo stringe e Fibercop deve correre per rispettare i tempi del PNRR. La deadline del Piano Italia 1 Giga e di 5G Italia backhaul è fissato a giugno 2026. Non c’è tempo da perdere.
E’ vero che anche l’incidente di percorso dell’emendamento che voleva introdurre l’obbligo di switch off, poi ritirato, ha creato diverse tensioni.
Cgil e Slc, ‘dimissioni Ad FiberCop preoccupanti’
“Le dimissioni dell’amministratore delegato di FiberCop sono un pessimo segnale. Ci pare evidente che, se i motivi sono effettivamente da ricercarsi in dissidi sulle prospettive aziendali con KKR, i rischi dell’operazione che abbiamo da sempre denunciato si stanno avverando in tempi brevissimi”. È quanto dichiarano il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e il segretario generale della Slc Cgil Riccardo Saccone a proposito delle dimissioni di Luigi Ferraris.
“Non vorremmo che stia prevalendo l’impostazione ‘minimalista’ del fondo, ovvero – sostiene Saccone – concentrare tutti gli sforzi sulla stesura della fibra, diminuire il debito residuo e realizzare le condizioni per un’uscita profittevole dall’investimento nel più breve tempo possibile. Con buona pace di qualsiasi progetto di innovazione e implementazione dell’intelligenza della rete. Una buona notizia per KKR e per i soci che subentreranno, ma una pessima notizia per l’occupazione e per il Paese”.
Infatti, spiega il segretario generale della Slc, “con questa impostazione rimarrebbe una società che di fatto dovrà gestire la manutenzione dell’infrastruttura limitandosi alla realizzazione di buoni accordi di interconnessione. Una società che di certo non avrebbe bisogno degli attuali addetti, forse neanche della metà. Addio sogni di gloria dunque. E addio anche alla soluzione del problema Open Fiber e alla realizzazione di un’unica infrastruttura: un progetto costoso per FiberCop che evidentemente KKR non ha alcun interesse a sostenere”.
Per Gesmundo “di fatto saremmo davanti a una mera svendita ad un Fondo americano di una infrastruttura strategica in cambio di nulla. Adesso Palazzo Chigi non può più tacere sul rischio sfacelo del settore. Se poi dovesse partire anche la ‘valorizzazione’ di quello che rimane di Tim con un ulteriore ‘spezzatino’ dell’azienda il capolavoro sarebbe completo. Si convochi immediatamente il sindacato – conclude il segretario confederale della Cgil – prima che il danno sia irreparabile”.
Ieri ad esprimere preoccupazione era stato il segretario nazionale della Uilcom Salvo Ugliarolo, rimandando il confronto all’incontro sul tavolo di crisi delle Tlc con i ministri Urso e Calderone fissato per il 12 febbraio.
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