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Festival di Venezia edizione 81: promozione gratuita per il cinema americano? Tanto paga lo Stato italiano

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A cosa serve ormai realmente il Festival di Venezia?! Una grancassa pubblicitaria che non aiuta il cinema “made in Italy”. Dossier Dgca del Ministero della Cultura: 402 film prodotti nel 2023, 700 milioni di euro di budget complessivo.

La rassegna stampa e web di oggi, venerdì 30 agosto, “giorno 2” dell’edizione n° 81 del Festival di Venezia conferma quel che andiamo proponendo da tempo anche su queste colonne del quotidiano online “Key4biz”: a “cosa” serve (realmente) a “chi” serve (realmente) la manifestazione al Lido? 

Qual è il senso di una kermesse come quella veneziana nel mutato scenario mediale degli ultimi anni?!

Il monitoraggio mediale della giornata di ieri evidenzia paginate e paginate dedicate a poche star non esattamente italiche, e quasi nessuna attenzione al cinema nazionale.

Si dirà che… un festival come quello di Venezia non ha una specifica funzione “commerciale”, e se ne ha conferma osservando come buona parte dei titoli presentati al Lido non vengono nemmeno introdotti, nei mesi successivi, nei circuiti “theatrical” (non in quelli italiani, almeno)… 

Si dirà che… un festival come quello di Venezia ha come target primario la soddisfazione filmofagica di alcune migliaia di cinefili appassionati, una nicchia aristocratica di intellettuali… 

Si dirà che… poter vantare circa 3mila giornalisti accreditati non è però questione da poco… 

In verità, si tratta di un “sistema” squisitamente autoreferenziale, ovvero delle ritualità di una “compagnia di giro” lontana anni-luce dal “pubblico”, inteso come comunità di cittadini che possono essere attratti dalla fruizione dei film nelle sale cinematografiche.

Abbiamo piena coscienza che sostenere queste tesi critiche, ovvero anche soltanto porre dei quesiti sul “senso” attuale del Festival di Venezia ci mette ai margini di una specifica comunità professionale (ed istituzionale), anzi determina la nostra “espulsione” dai confini di un “sistema” che alimenta se stesso, la propria sopravvivenza… 

Venezia è una macchina burocratica intellettuale finalizzata a conservare il proprio ruolo, senza porsi quesiti sul proprio senso economico e semiotico.

Perché deve essere lo Stato italiano a pagare il “red carpet” veneziano di questi “player” globali?!

Qualcuno osserva che “gli americani” sono grati al Direttore Alberto Barbera: è evidente quanto ovvio, considerando che il festival è una vetrina” gratuita per le “major” (vecchie e nuove) statunitensi (e non soltanto). 

Volendo infierire con una battuta sarcastica: così come Pierfrancesco Favino recita il ruolo di maggiordomo e la Alba Rohrwacher interpreta la domestica nel film “Maria” (dedicato alla mitica Maria Callas), con Angelina Jolie protagonista assoluta (opera diretta da Pablo Larraín Matte e prodotta da Fremantle e specificamente da Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, assieme a Juan De Dio Larraín per Fabula Pictures e Jonas Dornbach per Komplizen Film), pare quasi che il Festival di Venezia sia il simpatico… “portatore d’acqua” degli interessi delle multinazionali dell’immaginario. 

Venezia: un festival “al servizio” dell’immaginario straniero, non esattamente di quello italico

Cui prodest” (anche considerando il sostegno che lo Stato italiano assegna a Venezia, oltre 13 milioni di euro quest’anno)?!

Come definire altrimenti la grancassa promozionale organizzata al Lido per il lancio di “Beetlejuice”, film d’apertura con attori del livello di Michael Keaton e Winona Ryder e Jenna Ortega e Willem Defoe e finanche Monica Bellucci, per la regia di Tim Burton, prodotto da Warner alias Warner Bros Discovery? E che dire della promozione alla grande della mini-serie (thriller psicologica) “Disclaimer”, diretta da Alfonso Cuarón, interpretata da Cate Blanchett, prodotta da Apple Tv+?!

Imminente il tappeto rosso veneziano per Brad Pitt e George Clooney per “Wolfs – Lupi solitari”, per la regia di Jon Watts, prodotto anch’esso da Apple?!

Perché deve essere lo Stato italiano a pagare il “red carpet” veneziano di questi “player” globali?!

E che dire della gran quantità di iniziative “parallele” (non trasmesse in streaming)?! 

Ne andremo a scrivere, in qualche modo, nei prossimi giorni, ma oggi ci limitiamo a segnalare che soltanto il quotidiano veneziano “Il Gazzettino” ha dedicato questa mattina una qualche attenzione alla sortita della Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni (in compagnia del leader del suo partito Matteo Salvini), che ha rinnovato una volta ancora il suo entusiasmo per il successo della campagna promozionale “Cinema Revolution” (che agisce soltanto sulla leva del prezzo del biglietto), che ha sì un po’ incrementato il consumo di cinema in sala d’estate nel nostro Paese, ma certamente non a vantaggio dei film italiani, la cui quota di mercato è ormai giunta a livelli semplicemente penosi… Stupisce che “Il Gazzettino” intitoli “Gli italiani amano il grande schermo”, perché, analizzando i dati, non emerge esattamente questa tesi…

E piccoli trafiletti – soltanto, come prevedibile, ahinoi – sui quotidiani economici “Il Sole 24 Ore” ed “Italia Oggi”, rispetto alla presentazione del dossier “I numeri del cinema italiano” dedicato ad un rendiconto dell’anno 2023, presentato anch’esso ieri dalla sempre entusiasta Sottosegretaria leghista… Ci torneremo tra poco.

A livello di ricaduta mediale, nessuna traccia (ribadiamo: nessuna) di incontri a latere in quel del Lido, promossi da associazioni varie e tante film commission, nell’economia dello spazio per i “professional” dell’“Italia Pavilion” (clicca qui, per il sito web dedicato). 

Ci domandiamo poi quante di queste iniziative (che hanno spesso una platea di poche decine di persone) siano frequentate da operatori stranieri. Peraltro va segnalato (denunciato) che queste iniziative parallele del Festival non vengono nemmeno offerte in “streaming” e quindi si tratta di occasioni ad uso e consumo della “eletta schiera” di coloro che le organizzano (per lo più a spese della mano pubblica).

La nuova edizione (2023) del dossier “I numeri del cinema e dell’audiovisivo italiano”: migliore del passato, ma ancora insufficiente 

L’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult, nella sua diuturna attività di monitoraggio mediale delle politiche culturali e delle dinamiche sociali, ritiene che la presentazione, avvenuta ieri al Lido, del dossier della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura, intitolato “I numeri del cinema e dell’audiovisivo italiano” – curato da Bruno ZambardinoMonica SardelliRenato Loriga, per l’Ufficio Studi della Dgca – meriti attenzione e qui ed ora ci limitiamo a segnalare alcune apprezzabili evoluzioni rispetto al passato, incluso un miglior layout grafico: anzitutto, il dossier non è più intitolato “Tutti i numeri” del cinema e dell’audiovisivo italiano, e ci piace osservare come sia stata accolta la nostra critica in tal senso (il report non ha mai prodotto – nel corso degli anni – un set “totale” di informazioni, e la precedente titolazione era presuntuosa quanto fuorviante)… 

Il rapporto è quest’anno curato meglio, e fornisce un set di dati senza dubbio più interessante, con anche un (timido) tentativo di evidenziare la relazione tra intervento pubblico ed andamento delle opere sostenute dallo Stato sul mercato “theatrical”…

Permangono “buchi neri” di conoscenza, a partire dalla utilizzazione di una categoria “altro” nella identificazione delle risorse destinate alla produzione, che assorbe la gran parte dei budget, senza che di questa voce venga offerto un minimo dettaglio…

Alcuni dati di sintesi offerti dal report: i film (cinematografici) prodotti in Italia nel 2023 sono 402 (+ 13 % sul 2022), e sono stati superati i livelli pre-pandemia (+ 24 % sul 2019)… I film “100 % italiani“ sono 262 (156 di finzione e 106 documentari) cui si aggiungono 92 coproduzioni, per un totale di 354 film italiani “ammissibili” (così intendendosi quelle opere che hanno pre-requisiti per poter accedere ai sostegni statali), in crescita del 12 % sul 2022.

Il costo totale dei film prodotti nel 2023 supera i 700 milioni di euro (+ 21 % sul 2022). 

Si legge nel report che “nella composizione dei costi circa il 57 % del budget complessivo giunge dalla voce “altro” in gran parte attribuibile agli investimenti dei broadcaster e delle piattaforme”. Si legge anche che questo “altro” comprende “altri fondi locali, apporti societari, prevendite diritti, investimenti emittenti, piattaforme, ecc.”. 

Un calderone indistinto che andrebbe invece analizzato con attenzione, anche perché questa aggregazione “macro” non consente di comprendere ancora (dopo anni, forse decenni): ma quanta parte del budget dei film italiani è determinata da “capitale di rischio” dei produttori?!

Si rinnova il dubbio sulle eccellenti capacità delle imprese di produzione italiche di essere “prenditrici” piuttosto che “imprenditrici” (il copyright della battuta “prenditori” vs “imprenditori” è da attribuire al mitico produttore Aurelio De Laurentiis).

Da apprezzare che, per la prima volta, il dossier della Dgca diretta da Nicola Borrelli offre, nelle ultime pagine, un elenco con i titoli di tutte le opere prodotte nel 2023: una bella innovazione, anche se sarebbe opportuno, per ognuna di queste opere, mettere a disposizione (al di là del nome degli autori e dei produttori) le informazioni sul costo di produzione, sull’entità del sostegno dello Stato, sul “box office” cinematografico e sull’andamento di audience televisiva e sulle piattaforme… Insomma, siamo ancora molto lontani da una vera conoscenza del funzionamento del sistema audiovisivo.

Torneremo su queste colonne, per proporre una lettura critica del dossier della Dgca, che certamente fornisce un contributo utile alla miglior conoscenza del funzionamento dell’industria cine-audiovisiva nazionale, ma siamo ancora veramente lontani dal disporre di quel dataset adeguato a comprendere come sia stato possibile che la Legge Franceschini abbia determinato un sistema “drogato” dal sostegno dello Stato, con un rischio “bolla” che si è ormai concretizzato, e che soltanto qualche pervicace ottimista si ostina a non voler vedere… 

Ed anche le “correzioni di rotta” volute dal Ministro Gennaro Sangiuliano sembrano essere state apportate purtroppo con grande approssimazione tecnica (come abbiamo dimostrato su queste colonne di “Key4biz”), leggendo con attenzione il decreto interministeriale del 10 luglio scorso, che andrà a determinare un terremoto nelle pratiche produttive degli ultimi anni… 

Con il sempre latente rischio di buttare anche l’“acqua” assieme al “bambino”…

Come scrivevamo qualche giorno fa su queste colonne: film a gogo soprattutto americani, caviale e champagne, red carpet e feste, convegni e convegnucci, a Venezia non saranno certamente come i balli sul Titanic, ma l’impressione è che ben pochi si rendano conto del progressivo… affondamento strutturale del cinema italiano.

Alla prossima puntata…

Clicca qui per il dossier “I numeri del cinema e dell’audiovisivo italiano 2023” a cura dell’Ufficio Studi della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura (Dgca Mic) presentato nell’economia dell’edizione n° 81 del Festival del Cinema di Venezia, 29 agosto 2024

Clicca qui per le slide di presentazione del dossier “I numeri del cinema e dell’audiovisivo italiano 2023” a cura dell’Ufficio Studi della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura (Dgca Mic) presentato nell’economia dell’edizione n° 81 del Festival del Cinema di Venezia, 29 agosto 2024

[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale). 

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