Nonostante la nuova ondata di ansia che il Governo sta producendo nella cittadinanza (con un ennesimo Decreto della Presidenza del Consiglio che definire “polisemico” è un gentile eufemismo), nonostante regole di distanziamento fisico che mettono a dura prova qualsiasi evento… sta per iniziare un periodo intenso, a Roma, per quella sorta di “compagnia di giro” rappresentata da produttori, distributori, operatori di varia ed eventuale attività nel rutilante mondo dell’immaginario italico: domani mattina, mercoledì 14, inizia infatti la sesta edizione del “Mercato Internazionale dell’Audiovisivo” alias “Mia” (che si conclude domenica 18 ottobre), e dopodomani giovedì 15, inizia la quindicesima edizione della “Festa del Cinema” di Roma (che si conclude domenica 25 ottobre).
Centinaia di persone andranno ad affollare le sale di Palazzo Barberini e del Cinema Quattro Fontane, migliaia di persone andranno nelle varie sale dell’Auditorium Parco della Musica, ma anche al Maxxi, al Macro, a Palazzo Merulana (con appendici finanche nel carcere di Rebibbia e nel Policlinico Gemelli): si prevede una gran baraonda, tra “red carpet” e feste pubbliche e private, inevitabilmente in tono minore, dato che quest’anno dovranno essere assai ristrette ovvero – forse meglio?! – clandestine (alla luce del Dpcm giustappunto approvato nella notte).
La grancassa mediale delle due kermesse – ovviamente soprattutto della seconda (aperta al pubblico, mentre la prima è riservata agli operatori di mercato) – andrà a riprodurre un flusso corposo e confuso di notizie.
Tra i film più attesi dal pubblico c’è “Soul”, il nuovo titolo della Pixar che andrà ad aprire la Festa del Cinema, e già si è creato il “casus belli”, dato che la Disney ha annunciato che il film non verrà distribuito nei cinematografi, ma offerto in esclusiva sulla propria piattaforma Disney+ (come già successo per “Mulan”): il Presidente dell’Anec (l’associazione degli esercenti) Mario Lorini, ha bollato la scelta della Disney come “inaccettabile”. E che senso ha che un festival cinematografico funga da amplificatore mediale per un’opera che non avrà distribuzione “theatrical”?! Un paradosso sintomatico, sul quale si dovrebbe seriamente riflettere, per comprendere l’arretratezza della “politica culturale” italiana…
Quale è il senso dei festival nell’epoca della “disruption” digitale?
Da molti anni, sia i cinefili estetologi sia gli operatori del mercato si domandano “il senso” reale di queste iniziative festivaliere, in un mondo nel quale lo scardinamento dei criteri tradizionali di domanda ed offerta determinato dalla “disruption” digitale consente ormai la chance di una ricchezza ed immediatezza di proposte tale da permettere a tutti o quasi un accesso ad un “catalogo infinito” di opere audiovisive…
A fronte di questa massa enorme di offerta, lo spettatore si sente inevitabilmente spiazzato, disorientato, sommerso da una quantità di opere: deve quindi scegliere, in qualche modo, e forse non basta Netflix ad orientare la sua domanda (sia tenendo conto delle “app” di gestione dello schermo, sia degli algoritmi basati sui gusti dell’utente e sulle precedenti scelte di fruizione)…
Il festival, quindi, come luogo/strumento di “scrematura” critica, di bussola di navigazione, di fronte ad una offerta debordante?!
Questa tesi è interessante e forse valida, ma allora si pone il problema della capacità della kermesse di promuovere i prodotti che essa presenta (vedi alla voce “comunicazione” e “marketing”). E qui, spesso, casca l’asino, perché iniziative pur qualificate restano spesso “di nicchia”, con modestissima copertura mediatica, e la loro esistenza non giunge alla gran parte del potenziale pubblico. Ricaduta reale tendente a zero.
Da molti anni, alcuni invocano giustamente l’esigenza di analisi quali-quantitative accurate sui festival – non soltanto cinematografici, ma anche teatrali e musicali –, considerando che l’Italia è il Paese al mondo più affollato di kermesse di spettacolo ed arte varia.
La stima di 1.000 festival l’anno in tutta Italia appare prudenziale, e verosimilmente la quantità reale tende al doppio.
Non esiste una “mappatura” degli oltre 1.000 (forse 2.000) festival italiani…
Nonostante uno sviluppo continuo, e talvolta impetuoso (l’esplosione si è registrata intorno agli anni 2004-2005, ma è tutt’altro che esaurita), non sono ancora disponibili in Italia una mappatura critica, un censimento sistematico, un catalogo ragionato di tutte le manifestazioni festivaliere: non soltanto non è mai stata realizzata questa ricognizione, ma lo stato delle conoscenze, in termini anzitutto sociologici, appare assolutamente arretrato.
Se è stata avviata, per primo da Guido Guerzoni dell’Università “Luigi Bocconi” di Milano, ormai un decennio fa, una utile esplorazione soprattutto delle “ricadute economiche” di alcune esperienze festivaliere, la dimensione sociale complessiva di queste kermesse è stata oggetto di poche ed occasionali incursioni accademiche, e la letteratura scientifica permane assolutamente frammentaria.
Soltanto nel 2018, si è registrato un rinnovato intenso interesse dell’accademia, da parte di Mario Morcellini dell’Università “Sapienza” di Roma, che ha avviato un progetto di ricerca, di approccio sociologico, a partire dalla constatazione del “bisogno di eventi e contenitori nuovi che si evidenzia in alcune dimensioni della contemporaneità accomunate dallo ‘stare insieme’ sotto la spinta di precisi bisogni simboli vissuti in comune”.
Guerzoni: “Una baraonda di numeri forniti a casaccio…”
Si assiste comunque, spesso, a dati confusi quanto effimeri, rispetto alla socio-economia dei festival italiani: è stato lo stesso Guerzoni a bollare in modo icastico la situazione, sostenendo che si è in presenza di “una baraonda di numeri forniti a casaccio e dichiarazioni a effetto che eccitano i titoli della stampa locale per qualche ora”.
Questi fenomeni riguardano anche iniziative di respiro nazionale, anzi di ambizione internazionale, come la Festa del Cinema ed il Mia: a fine manifestazione, vengono diramati simpatici comunicati stampa, con esaltazioni numerologiche mai sottoposte a verifiche metodologiche…
Si “spara” il numero (sempre crescente) dei titoli proposti, la quantità (sempre crescente) degli spettatori e dei giornalisti accreditati, si annunciano “importanti” accordi di co-produzione… senza che nessuno, a sipario abbassato, vada a studiare realmente l’impatto che queste iniziative hanno determinato nel tessuto economico ed artistico del settore.
Inoltre, va segnalata un’altra dinamica: questi festival divengono, a certi livelli, macchine organizzative complesse, che smuovono milioni e milioni di euro, che impegnano decine e centinaia di persone… Insomma, “danno lavoro”. Producono, senza dubbio, “occupazione”, qualificata anzi specializzata, per quanto temporanea. Ne deriva che si viene a riprodurre la tipica logica della “burocrazia”: come insegna il maestro Max Weber, la principale attività di una burocrazia è assicurarsi la propria sopravvivenza e semmai accrescersi…
Una analisi socio-economica (e culturale, nel senso di culturologia) dei festival italiani appare utile, anzi preziosa, per comprendere quanto queste attività incidono realmente sul sistema culturale.
Le ricerche sulle realtà festivaliere italiane sono rare, datate ed arretrate. Spesso concentrate eccessivamente sulla “economia della cultura”: è il caso della ricerca realizzata da Mario Abis e Gianni Canova per lo Iulm, “I festival del cinema. Quando la cultura rende” (John & Levi Editore, Milano, 2012).
Nel caso in ispecie, si ha memoria di una ricerca realizzata nel 2009 da Flavia Barca (“Studio di impatto del Mercato Internazionale del Film – The Business Street”, per la Festa del Cinema), e nel 2011 dalla Lumsa sulla Festa del Cinema e sul Mia (“Il Festival e il Mercato Internazionale del Film di Roma: indagine sul pubblico e sugli operatori”), ma si è trattato di esperimenti cognitivi modesti e timidi, e peraltro è trascorso un decennio da quei tentativi…
Perché le istituzioni stesse, a partire dalla Fondazione Cinema per Roma, non sentono l’esigenza di dotarsi di strumenti di valutazione delle proprie attività? Hanno forse timore la Presidente Laura Delli Colli ed il Direttore Artistico Antonio Monda che emerga una fotografia non all’altezza del sostegno economico della mano pubblica?!
Questione correlata: la trasparenza.
Molto raramente in Italia vengono prodotti “bilanci sociali” delle kermesse festivaliere, ed anche la trasparenza sulla gestione economico-finanziaria delle iniziative è quasi sempre modesta: perché, questa… riservatezza?! Pudicizia, forse?!
Esiste, nello specifico del cinema, anche una associazione di alcuni tra i maggiori festival, l’Afic – Associazione Festival Italiani (presieduta da Chiara Valenti Omeri), ma non ci risulta, negli ultimi anni almeno, un impegno particolare nello studio della fenomenologia delle kermesse del nostro Paese (si rimanda, per comprendere la situazione attuale di molti festival italiani, alla videoregistrazione del convegno “Festival nell’era Covid: primi bilanci e prospettive”, tenutosi durante il Venezia il 9 settembre 2020)
E con quale criterio lo Stato sovvenziona il festival Alfa o il festival Beta?!
La questione si intreccia con un altro livello, tra l’economico ed il politico: quali sono i criteri con i quali “la mano pubblica” (Stato, Regioni, Comuni… senza dimenticare le fondazioni bancarie) assegna 100 al Festival Alfa e 1.000 al Festival Beta?!
Il principale sovvenzionatore di queste attività è il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (Mibact): concentriamoci qui – dato che di Festa del Cinema e Mia stiamo trattando – sulla struttura direttamente competente, qual è la Direzione Cinema e Audiovisivo.
Vengono pubblicati bandi per le iniziative festivaliere (e simili), a cadenza annuale, e messi a disposizione una manciata di milioni: per l’anno 2019, il Mibact ha assegnato complessivamente 6,3 milioni di euro, per lo “sviluppo della cultura cinematografica e audiovisiva”, a festival, rassegne, premi e studi di settore.
Complessivamente, i beneficiari sono circa 200 ogni anno, ma alcuni soggetti beneficiano di “fette” assai corpose di questa “torta” (si ricordi che al danaro pubblico ministeriale si affianca spesso il contributo degli enti locali, nonché di sponsor privati): basti pensare che il Giffoni Film Festival riceve 850.000 euro dal Ministero, le Giornate degli Autori (iniziativa nell’economia del Festival di Venezia ma totalmente autonoma: vedi “Key4biz” del 23 luglio 2019, “Presentata la nuova edizione delle “Giornate degli Autori”. Budget di questa edizione: 600mila euro, ma a chi serve?”) 230.000 euro, il Taormina Film Fest 160.000 euro, le due kermesse correlate ovvero Global Film Festival di Ischia ed il Capri Film Festival complessivamente ben 290.000 euro (150mila la prima e 140mila la seconda)… La rassegna “Alice nella città” (giunta alla 18ª edizione), che pure rientra nell’economia di offerta della Festa del Cinema di Roma ma si pone come iniziativa autonoma, 120.000 euro…
Segue poi una miriade di iniziative piccole e piccolissime, le ultime delle quali ricevono sovvenzioni nell’ordine di finanche 5.000 euro soltanto…
Gode invece di un finanziamento ad hoc (al di fuori dei bandi “promozione” del Ministero), una istituzione come la Biennale di Venezia, e quindi – al suo interno – la Mostra Internazionale del Cinema. Giunta nel 2020 all’edizione n° 77, la Mostra ha beneficiato di un budget complessivo intorno a 15 milioni di euro.
Le somme dei fondi “promozione” vengono assegnate da una commissione di esperti, nominati dal Ministro pro tempore, che dovrebbero assicurare una valutazione tecnica ed indipendente, ma notoriamente il carico di lavoro della commissione e degli uffici ministeriali è estremo, e spesso finisce per essere più importante il “capitale relazionale” che la “qualità” intrinseca delle iniziative. E spesso predomina quel che ci piace definire il “criterio inerziale”: se l’iniziativa Alfa ha ricevuto 50.000 euro nell’anno “X”, verosimilmente riceverà 50.000 nell’anno “X+1”… Come si usava dire un tempo del Fus: “chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori”, e fuori resta. Ed infatti talvolta si evoca l’espressione di “fondi extra-Fus”, per cercare di far entrare dalla finestra chi non è entrato attraverso la porta.
In sostanza, lo stesso Ministero non ha una strumentazione tecnica interna che possa consentire una valutazione oggettiva della qualità dei festival e delle altre iniziative.
Il Mibact non dispone – come abbiamo già segnalato – di mappatura critica, un censimento sistematico, un catalogo ragionato di tutte le manifestazioni festivaliere
Non esistono (quasi) mai valutazioni di impatto, bilanci sociali, e quindi per lo più la commissione ministeriale può sfogliare la rassegna stampa e web, dare un’occhiata ai cataloghi, leggere le relazioni autodescrittive elaborate dai postulanti (ai funzionari ministeriali, in staff sottodimensionato, l’onere invece di effettuare verifiche sui rendiconti)… Peraltro, scandalosamente i membri della commissione di valutazione non ricevono alcun compenso!
In questo scenario di desertificazione cognitiva e di deficit di tecnicalità nei processi selettivi, si “gestisce” tradizionalmente l’economia festivaliera italiana, dalle grandi kermesse come la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia al più piccolo festival della provincia italica.
La Festa del Cinema di Roma ha realizzato l’edizione 2019 con un budget di poco inferiore ai 4 milioni di euro (una dotazione lontana da quella di cui la kermesse fondata da Walter Veltroni ha beneficiato per molti anni), ma, anche in questo caso (deficit di trasparenza a parte), ci si domanda, “cui prodest?”. In assenza di analisi, studi, valutazioni… chi può dirlo?!
E quanto costa il Mia – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo?! L’informazione non è di pubblico dominio, e si deve avere vocazione da giornalisti investigativi… à la “Report” (storico programma Rai ideato da Milena Gabanelli, la cui eredità è ben curata da Sigfrido Ranucci) per riuscire a scoprirlo… Domani mattina, c’è la conferenza stampa del Mia, e scommettiamo che nessuno degli organizzatori riterrà di rivelare il budget… “motu proprio”. Vedi alla voce “riservatezza” o “discrezione” o “pudore” o “timore”? Eppure si tratta di danari pubblici per una iniziativa che va peraltro a beneficiare le due maggiori private (e confindustriali) associazioni di settore, Anica ed Apa: chissà perché… Il budget della kermesse dovrebbe essere intorno a 2 milioni di euro, ma la risposta che ponevamo quattro anni fa su queste colonne ancora non c’è: vedi “Key4biz” del 12 ottobre 2016, “Il Mia è funzionale a promuovere l’audiovisivo ‘Made in Italy’?”…
Insomma, “cosa” produce realmente il Mia, a fronte della scandalosa assenza di una agenzia italiana per la promozione internazionale del “made in Italy” audiovisivo?!
Mibact Dg Cinema: un apprezzabile conato di trasparenza per il bando “progetti speciali”
In controtendenza (nella direzione della auspicata trasparenza), merita essere qui segnalata positivamente una iniziativa promossa dalla Direzione Cinema e Audiovisivo del Mibact, ovvero un bando pubblico per l’assegnazione dei fondi per il cinema e l’audiovisivo assegnati ai cosiddetti “progetti speciali”.
Storicamente, i “progetti speciali” del Ministero sono stati una sorta di “terra incognita”, una specie di territorio gestito con assoluta discrezionalità dal titolare del dicastero e dai due Direttori Generali competenti del Mibact, ovvero Onofrio Cutaia per lo “spettacolo dal vivo” e Nicola Borrelli per il “cinema e audiovisivo”.
Si tratta, in questo caso, di meno di una decina di milioni di euro l’anno: nel 2019, si è trattato di 4 milioni di euro per lo Spettacolo dal Vivo (assegnati a 154 beneficiari), e di un budget grosso modo equivalente per il Cinema (in questo caso, secondo il decreto firmato dall’allora Ministro Alberto Bonisoli il 25 luglio 2019, che assegnava 2,2 milioni di euro, i beneficiari si contavano sulle dita di una mano, tra Anica ed Istituto Luce Cinecittà, con il contributo maggiore – ben 600.000 euro a Cinecittà per il progetto “Ibermedia”, e 265.000 euro all’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo, sempre attraverso Cinecittà).
Come è noto, nel grande calderone dei finanziamenti pubblici allo spettacolo, tra Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) e Fondo per lo Sviluppo degli Investimenti nel Cinema e nell’Audiovisivo, lo Stato inietta ormai nel sistema culturale italiano circa 800 milioni di euro ogni anno, con criteri che molte volte abbiamo criticato – anche su queste colonne – per le stesse ragioni fin qui rappresentate: deficit di procedure tecnocratiche, carenze valutative “ex ante” ed “ex post”, abbondanza di discrezionalità… E, in particolare, una delle aree più oscure è sempre stata quella dei cosiddetti “progetti speciali” (che siano “infra-Fus” o “extra-Fus”) iniziative che dovrebbero caratterizzarsi soprattutto per la loro innovatività.
Se per quanto riguarda lo “spettacolo dal vivo”, le assegnazioni dei “progetti speciali” avvenivano comunque a seguito della pubblicazione di un bando, per quanto riguarda “cinema e audiovisivo” ciò è sempre avvenuto con procedure assai oscure, anzi quasi in clandestinità.
Nessuno ne sapeva nulla (se non i diretti beneficiari e semmai i postulanti non accolti) e poi improvvisamente usciva il decreto a firma del Ministro. Punto.
Nel decreto di approvazione a firma del Ministro, un mero elenco di beneficiati, con la denominazione del progetto sovvenzionato (nemmeno tre righe tre di descrizione), e la somma assegnata. Punto.
Questa prassi non eccellente è stata oggetto di reiterate critiche, finora restate inascoltate, anche su queste colonne (si veda “Key4biz” del 23 aprile 2019, “Teoria e tecnica dei Progetti Speciali del Mibac, 13 milioni di euro tra teatro e cinema”) ed altre colonne (si veda “Il regalo delle vacanze del Ministro Bonisoli allo spettacolo: assegnati 2.681.490 euro dei progetti speciali). I 78 progetti beneficiari delle assegnazioni extra Fus 2019 (ma è solo la prima tranche…” sulla webzine di cultura teatrale “aTeatro” – promossa da Oliviero Ponte di Pino e Mimma Gallina – del 29 luglio 2019)
Quest’anno, si registra un positivo “new deal”: venerdì scorso 9 ottobre, sul sito web della Direzione Cinema e Audiovisivo, per la prima volta nella storia del Ministero, è stato pubblico un avviso in data 8 ottobre 2020, un bando per l’assegnazione di poco meno di 3,4 milioni di euro destinati giustappunto ai “progetti speciali” per il cinema e per l’audiovisivo.
Le possibili aree di intervento previste dal bando “Progetti speciali” 2020 sono varie e variegate:
- attività caratterizzate da commistione fra arte cinematografica e audiovisiva e altre espressioni dell’arte, della tecnologia, della creatività e del patrimonio storico-artistico ovvero della società civile;
- attività che applichino l’innovazione tecnologica all’audiovisivo, quali ad esempio la realtà virtuale, la realtà aumentata, i videogame, la video-arte;
- attività di particolare rilevanza aventi finalità di sviluppo della cultura cinematografica e audiovisiva;
- attività eccezionali e non ripetibili, celebrative di particolari eventi, personaggi o anniversari;
- attività che promuovano l’internazionalizzazione del settore e, anche a fini turistici, l’immagine dell’Italia attraverso il cinema e l’audiovisivo;
- attività specificamente progettate e realizzate per ridurre o mitigare l’impatto economico, culturale e sociale dell’emergenza Covid-19 sul settore audiovisivo o sulla fruizione di contenuti audiovisivi e culturali;
- attività di analisi, studi e ricerche e formazione di settore…
Si dirà: di tutto e di più. In effetti, lo spettro è assai ampio. Ci si augura che vengano premiate le iniziative più coraggiose ed innovative, e soprattutto quelle in grado di prospettare una concreta ricaduta non soltanto sul “mercato” audiovisivo ma sul “sistema” tutto.
Questo bando è certamente un piccolo segno di una evoluzione di sensibilità da parte della Pubblica Amministrazione, ed anche una risposta a chi lamentava da anni un deficit di trasparenza e razionalità nella gestione di questi pubblici danari. Va dato atto al Ministro Dario Franceschini ed al Direttore Generale Nicola Borrelli di aver determinato un piccolo ma sintomatico “salto di qualità”.
Che sia il segno di una novella sensibilità civile e politica rispetto alla gestione della “res publica” culturale del nostro Paese, in nome della trasparenza, dell’efficienza e dell’efficacia.
Clicca qui, per il programma della 15ª “Festa del Cinema di Roma” (15-25 ottobre 2020)
Clicca qui, per il programma del 6° “Mercato Internazionale dell’Audiovisivo – Mia” (14-18 ottobre 2020)
Clicca qui, per il bando Mibact per i “progetti speciali” 2020 nel settore del cinema e dell’audiovisivo, pubblicato il 9 ottobre 2020 sul sito della Dg Cinema e Audiovisivo