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Favelas urbane, il mobile al servizio di 800 milioni di emarginati

Gli abitanti delle aree urbane rappresentano ormai il 55% della popolazione mondiale. Entro il 2050, secondo fonti delle Nazioni Unite, 2,5 miliardi di persone si sposterà a vivere e lavorare in città. I Paesi che più di altri vedranno crescere il trend sono quelli asiatici e africani.

La gestione di tali processi demografici e la capacità di innovare le aree urbane per accogliere e far vivere in modo dignitoso tutta questa massa di persone “sarà una delle grandi sfide del XXI secolo”, ha dichiarato John Wilmoth, direttore del dipartimento Economia e Affari sociali delle Nazioni Unite.

Secondo il recente Rapporto “Mobile Economy 2014” della Groupe Speciale Mobile Association (GSMA), grazie ad una migliore copertura in città, alla crescente penetrazione dei dispositivi mobile (89%), alla diminuzione del prezzo degli stessi e alla maggiore densità abitativa, nel 2013 i Paesi più sviluppati hanno registrato oltre 5,4 miliardi di connessioni mobili (oltre 6 miliardi in tutto il mondo).

Anche nei Paesi asiatici e africani si stanno verificando fenomeni simili e il numero di dispositivi mobili di vecchia e nuova generazione, abilitati a internet, sta crescendo a livelli esponenziali. Un fenomeno che secondo il GSMA potrebbe essere la leva su cui agire per garantire sviluppo sostenibile e non lasciare indietro nessuno, assicurando a tutti l’accesso ai servizi e all’economia digitale urbana.

L’abbassamento dei prezzi di apparecchi e applicazione sta consentendo a milioni di uomini e donne in tutto il mondo, in special modo nelle aree meno sviluppate e più degradate delle grandi metropoli, di rimanere attaccati al treno dell’innovazione, non solo economica, ma culturale e sociale.

Le reti 2G e 3G resteranno ancora delle porte di accesso a internet mobile insostituibili per molte delle città africane e asiatiche, mentre i Governi locali stanno mettendo a punto diversi progetti per la cittadinanza digitale delle smart city, una cittadinanza ‘mobile’, affinchè sia inclusiva, aperta e più giusta, con l’offerta di servizi dedicati alla fascia più povera delle popolazioni urbane per i pagamenti, l’informazione, la telemedicina, la sicurezza e la possibilità di comunicare con il proprio municipio usando il solo telefono.

Se non si investe di più nelle città per evitare sprechi, diseguaglianze, ingiustizie ed inefficienze in relazione a infrastrutture e servizi per la casa, la sanità, l’istruzione, l’infanzia, la condizione delle donne, il lavoro, l’energia, l’acqua, le risorse alimentari e naturali, al posto di smart city avremo un gran numero di ‘fragile city’.

Alla crescita del territorio urbano non corrisponde attualmente un’adeguata offerta di servizi di qualità, ne tanto meno di infrastrutture. Ad oggi, in tutto il mondo, più di 860 milioni di persone vivono in quartieri/baraccopoli di grandi città. Entro il 2030, altri 3 miliardi di abitanti del pianeta avranno bisogno di una casa costruita con criteri di efficienza energetica e basso impatto ambientale.

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