Il Nucleo speciale Antitrust della Gdf, su richiesta dell’Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato), ha svolto oggi ispezioni a tappeto nelle sedi dei principali operatori Tim, Wind Tre, Fastweb e Vodafone. Gli accertamenti hanno interessato anche la sede romana di Asstel, l’associazione confindustriale che rappresenta gli operatori, che in una nota ha precisato che “sta prestando la massima collaborazione alle autorità, nella consapevolezza di essere estranea a qualunque pratica anticoncorrenziale”. A stretto giro anche la replica di Tim: “In merito al provvedimento di avvio del procedimento istruttorio dell’Autorità Antitrust nei confronti dei principali operatori TLC, TIM ribadisce di aver sempre operato nel rispetto della normativa vigente garantendo la piena collaborazione a tutte le Autorità di settore e la massima trasparenza ai propri clienti – si legge nella nota – TIM esclude categoricamente che ci sia stato qualsiasi coordinamento della propria strategia commerciale con altri operatori anche in merito alle modalità e alle tempistiche di ottemperanza alla legge 172/2017 che, peraltro, impone a tutto il mercato di adottare, entro il 5 aprile 2018, la cadenza di di fatturazione mensile per i servizi di rete fissa e mobile”.
Sulla stessa linea Wind Tre: “Wind Tre, nel corso dell’ispezione odierna disposta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), ha fornito, con la massima collaborazione, tutte le informazioni richieste. L’azienda conferma di aver pienamente rispettato le disposizioni di legge e di essere estranea a qualunque pratica anticoncorrenziale”.
Anche Fastweb ha replicato dicendosi estranea “a qualunque ipotesi di pratica collusiva” e si è adeguata alle disposizioni di legge. Fastweb aggiunge però una cosa in più: ricorda che l’Agcom, tre anni fa, aveva segnalato all’Antitrust “una possibile intesa tra i principali operatori – Tim, Vodafone e Wind – che nel giro di poche settimane avevano introdotto gli stessi aumenti e con le stesse modalità”. L’Antitrust in quell’occasione, aggiunge Fastweb, “non rilevò alcuna criticità”. Fastweb successivamente, a febbraio del 2017, “si è trovata a doversi adeguare dopo due anni a quello che era diventato ormai uno standard di mercato, anche alla luce del sostanziale assenso da parte delle Autorita” competenti alle manovre degli altri operatori.
Aperta istruttoria
Sotto la lente dell’Agcm, (l’Autorità di Piazza Verdi è competente per la tutela dei consumatori), la verifica di eventuali intese restrittive della concorrenza nello sfibrante caso della fatturazione a 28 giorni, che a partire dal prossimo mese di aprile tornerà a 30 giorni per tutte le offerte (fisso e mobile), secondo quanto previsto dal decreto fiscale di fine anno e in linea con la delibera Agcom in vigore dal 23 giugno.
In una nota, l’Autorità di Piazza Verdi fa sapere che “Nella riunione del 7 febbraio 2018, l’Autorità ha deliberato l’avvio di un procedimento istruttorio nei confronti delle società TIM, Vodafone, Fastweb, Wind Tre e dell’associazione di categoria Assotelecomunicazioni – Asstel per accertare se tali imprese, anche tramite la suddetta associazione abbiano, in violazione dell’art. 101 del TFUE, coordinato la propria strategia commerciale connessa alla cadenza dei rinnovi e alla fatturazione delle offerte sui mercati dei servizi al dettaglio di telecomunicazione elettronica fissi e mobili, a seguito dell’introduzione dei nuovi obblighi regolamentari e normativi – si legge – Secondo l’ipotesi istruttoria, il coordinamento suddetto è sfociato da ultimo nell’adozione di pressoché identiche modalità di attuazione dell’obbligo introdotto dall’articolo 19 quinquiesdecies del D.L. n. 148/2017 (convertito dalla L. n. 172/2017) per gli operatori di servizi di comunicazione elettronica di prevedere per i contratti stipulati una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi su base mensile o di multipli del mese. Fastweb, TIM, Vodafone e Wind Tre hanno, infatti, comunicato quasi contestualmente ai propri clienti che, in ottemperanza al suddetto obbligo , la fatturazione delle offerte e dei servizi sarebbe stata effettuata su base mensile e non più di quattro settimane e di voler attuare di conseguenza una variazione in aumento del canone mensile per distribuire la spesa annuale complessiva su 12 mesi, anziché 13.
Il supposto coordinamento tra TIM, Vodafone, Fastweb e Wind Tre sarebbe finalizzato a preservare l’aumento dei prezzi delle tariffe determinato dalla iniziale modifica della periodicità del rinnovo delle offerte (da mensile a quattro settimane), e a restringere al contempo la possibilità dei clienti-consumatori di beneficiare del corretto confronto concorrenziale tra operatori in sede di esercizio del diritto di recesso. Per raggiungere tale finalità, i quattro operatori avrebbero concertato la variazione delle condizioni contrattuali comunicate ai propri clienti in ottemperanza agli obblighi normativi”.
“Il provvedimento di avvio dell’istruttoria non esclude la possibilità che l’intesa tra gli operatori telefonici abbia una durata e una portata più ampia e risalga all’introduzione stessa della cadenza delle quattro settimane (nel 2015 ndr) dei rinnovi e all’incremento del prezzo unitario delle prestazioni offerte che ne è conseguito.
Nella giornata di oggi, i funzionari dell’Autorità hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate e presso l’associazione di categoria, con l’ausilio del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza. Il procedimento si concluderà entro il 31 marzo 2019″, chiude la nota. Insomma, l’Antitrust vuole vederci chiaro e vuole scavare a fondo.
La vicenda delle bollette a 28 giorni è da tempo sotto il fuoco delle associazioni dei consumatori, che hanno depositato diverse segnalazioni all’Agcom e all’Antitrust con la richiesta di verificare la presenza o meno di un accordo (cartello) fra gli operatori sui prezzi, in particolare sulla legittimità dell’aumento medio dell’8,6% delle tariffe mantenuto dopo il ritorno alla fatturazione a 30 giorni. In soldoni, gli aumenti dell’8,6% connessi alle 13 mensilità della fatturazione a 28 giorni saranno spalmati e riproporzionati su base mensile con il ritorno delle bollette a 30 giorni.
Esposto di Pd e M5S all’Antitrust e all’Agcom
“L’ennesimo aumento delle tariffe è uno schiaffo ai consumatori, per questo abbiamo presentato negli scorsi giorni un esposto ad Agcom e Agcm. Le perquisizioni di oggi della Guardia di finanza sono una buona notizia e ci auguriamo che l’inchiesta del Nucleo speciale antitrust prosegua e accerti ogni responsabilità”. Così la deputata del MoVimento 5 Stelle Mirella Liuzzi.“In questa situazione confidiamo che la stessa Agcom voglia definire delle linee guida per chiedere i rimborsi da parte dei consumatori”, conclude Liuzzi.
Il Pd, che a suo tempo aveva presentato l’emendamento per il ritorno alla bolletta a 30 giorni, aveva presentato lo scorso 23 gennaio un esposto all’Antitrust e alla stessa Agcom chiedendo di verificare se le compagnie telefoniche, dopo essere state obbligate a cancellare la fatturazione a 28 giorni, non stiano “continuando a fare cartello per provare a giustificare un incredibile aumento delle tariffe dell‘8,6% che avevano mascherato con il trucchetto delle fatture a 4 settimane”.
Secondo i parlamentari Alessia Morani, Simona Malpezzi, Stefano Esposito e Alessia Rotta le compagnie telefoniche stanno “continuando a fare cartello per provare a giustificare un incredibile aumento delle tariffe dell‘8,6% che avevano mascherato con il trucchetto delle fatture a 4 settimane. Una legge approvata dal Parlamento obbliga le società a tornare alla fatturazione mensile e le compagnie stanno inviando agli utenti una comunicazione che punta a strumentalizzare la novità legislativa allo scopo di coprire, per la seconda volta, l‘aumento delle tariffe”, si legge nel comunicato.
Ritorno a 30 giorni, come si stanno muovendo gli operatori
Gli operatori di telefonia dal canto loro hanno comunicato nelle scorse settimane il ritorno alla fatturazione mensile delle offerte commerciali stabilito dalla legge 172 del 4 dicembre 2017, che ha fissato nel 4 aprile prossimo il termine massimo per ripristinare il ciclo mensile sia per la telefonia fissa sia per quella mobile, in sostituzione della fatturazione ogni 4 settimane. Questa era stata introdotta con efficacia su tutte le tipologie di offerta, la legge ha superato l’approccio – impugnato dagli operatori – dell’Autorità di settore (Agcom) che aveva invece dato il via libera alla fatturazione ogni 4 settimane alle sole offerte di telefonia mobile.
Agcom ha già multato gli operatori, che tramite Asstel hanno a suo tempo impugnato la delibera al Tar, contestando all’Agcom carenza di potere nel disciplinare il contenuto dei rapporti contrattuali fra operatori e clienti.
La sentenza del Tar congela i rimborsi
Due giorni fa il Tar del Lazio ha respinto i ricorsi promossi dal Wind Tre, Tim, Vodafone e Fastweb tramite Asstel contro la delibera n. 121/2017 con cui l’Agcom, che aveva imposto agli operatori la fatturazione e il rinnovo degli abbonamenti per i servizi di telefonia su rete fissa e servizi convergenti (contratti misti di telefonia e altri servizi, come i servizi televisivi o il traffico dati) con cadenza mensile anziché a 28 giorni, ponendo un termine per adeguarsi scaduto a giugno del 2017 che le quattro compagnie Tlc ricorrenti non avevano rispettato, impugnando appunto la delibera.
Capitolo rimborsi congelato
Resta invece congelato il capitolo rimborsi. Il Tar del Lazio ha deciso di sospendere, in attesa del giudizio di merito fissato per il prossimo 31 ottobre, i provvedimenti del 19 dicembre dell’Agcom, con i quali si obbligavano le compagnie a restituire i soldi agli utenti a partire dal 23 giugno 2017 fino all’entrata in vigore del decreto fiscale il 5 dicembre scorso (che peraltro supera la delibera dell’Autorità, allargando l’obbligo di fatturazione mensile anche alla telefonia mobile).
Secondo l’ordinanza del Tar sussistono le condizioni per sospendere la delibera impugnata nella parte che ha per oggetto il pagamento “degli importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni che, a partire dal 23 giugno 2017, non sono stati fruiti dagli utenti in termini di erogazione del servizio a causa del disallineamento fra ciclo di fatturazione quadrisettimanale e ciclo di fatturazione mensile”.
Secondo il tribunale amministrativo, il carattere indeterminato della somma da corrispondere agli utenti, “per effetto dello storno (nella prima fattura emessa con cadenza mensile) dei predetti importi, appare in grado di incidere sugli equilibri finanziario-contabili” degli operatori.
In altre parole, di eventuali rimborsi si riparlerà più avanti. In precedenza, era circolata tra l’altro l’ipotesi di un rimborso forfettario di 50 euro.