La fatturazione elettronica nella Pubblica amministrazione stenta a decollare e accumula ritardi che fanno slittare la roadmap fissata dall’Agid, costretta qualche giorno fa a rimandare di un anno a fine 2016 l’adozione obbligatoria del sistema pagoPA, fissata in precedenza a fine 2015. Un ritardo di un anno sui programmi per consentire agli enti pubblici di mettersi in regola. Resta il fatto che non è prevista nessuna sanzione per gli enti inadempienti e che in questo modo l’obbligo di fatturazione elettronica rischia di ripercorrere la parabola del POS obbligatorio, per la cui mancata adozione non è prevista per legge alcuna sanzione ma soltanto un sollecito bonario.
E’ evidente che c’è una Pubblica Amministrazione Pubblica “poco digitale, ma l’articolo uno della Riforma della PA parla chiaro: il digitale è la chiave fondamentale del cambiamento ed è necessario che venga attuato concretamente – dice Sergio Boccadutri, Coordinatore Area Innovazione del Pd, primo firmatario della proposta di legge sull’ePayment impegnato in Parlamento per ridurre l’uso del contante – è vero che le norme non bastano, ma la mentalità delle persone deve finalmente cambiare, non possiamo più permetterci una mentalità e una cultura che non abbraccia il digitale”.
Il paradigma del “Digital First” è ormai irrinunciabile. Tanto più che “il 45% dei pagamenti in questo paese avviene verso la PA. La diffusione dei pagamenti digitali nella PA, quindi, con la conseguente riduzione del contante, non rappresenterebbe una limitazione a danno del cittadino, ma – al contrario – un aumento delle possibilità di scelta e quindi un aumento della libertà individuale di ognuno di noi”.
Troppo frammentata e a macchi di leopardo, finora, l’adozione della fattura elettronica negli enti pubblici, dove il sistema di pagamento virtuale è obbligatorio dal 6 giugno 2014. Ma sono ancora troppi gli uffici di ministeri, regioni, province e scuole dove il sistema PagoPA non è ancora presente, con un ritardo che si riverbera inevitabilmente sullo sviluppo uniforme del nuovo modello di pagamento, che insieme allo Spid e all’Anagrafe digitale è uno dei tre capisaldi dell’Agenda Digitale del paese.
Alcuni casi positivi ci sono, e riguardano il ministero della Giustizia e quello dell’Interno, che complessivamente hanno scambiato circa un milione di fatture elettroniche, su un totale di 10 milioni di file elettronici inviati dalle imprese e gestiti dal Sistema di interscambio (Sdi), l’infrastruttura gestita dall’Agenzia delle Entrate e Sogei al 30 giugno 2014 (dati Agid). Ma all’appello ancora troppi enti della PA, con il 40% degli sportelli delle Regioni che non ha mai ricevuto un file di pagamento elettronico, seguiti da quelli delle Province, con il 20%, le forze di Polizia (19%) le Asl (11%) e l’Università (9%). L’8% delle fatture inviate alle scuole, infine, viene respinto per errori di vario genere.
A fine giugno 2015 erano ancora 307 le amministrazioni pubbliche ancora non iscritte al sistema, di cui il 21% riguardano enti che gestiscono parchi naturali e aree ambientali protette, seguiti a sorpresa da agenzie ed enti turistici e dai consorzi interuniversitari di ricerca.
C’è da dire che anche le aziende stentano ad adeguarsi: se il 75% delle aziende usa la fattura elettronica tutti i giorni per esigere i pagamenti dalla Pa, il 22% delle Pmi del paese non ne ha mai emessa nemmeno una. (P.A.)