Lentamente e caoticamente, si sviluppa la tanto attesa “Fase 2”, ma il problema di fondo registrato nei due mesi di “lockdown” – e lamentato da più parti – si ripropone immutato, anzi paradossalmente aggravato: processi comunicazionali del Governo che sembrano incredibilmente improntati all’improvvisazione. Ed anche i processi decisionali appaiono confusi assai.
Ovvero, se non fossero veri, drammaticamente veri, verrebbe da pensare che sono il risultato di una penna fantasiosa, che vuole rappresentare il (non) governo della pandemia.
Policentrismo e confusione, accelerazioni e frenate, indiscrezioni e smentite: una grande enorme crescente confusione, che riguarda l’intera popolazione italiana.
Una infodemia che alimenta la pandemia stessa.
La “regia comunicazionale” delle iniziative del Governo è stata confusa ed ha prodotto effetti confusionali, al punto tale che, per acquisire una qualche informazione “attendibile”, la popolazione tutta ha dovuto attendere (e deve ancora attendere!) il “verbo” del Principe, ovvero i “discorsi alla Nazione” del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte.
Su queste colonne, abbiamo registrato puntualmente i marchiani errori comunicazionali del Governo: abbiamo lamentato le fughe in avanti e le inversioni di rotta, a partire da una delle gaffe peggiori, ovvero quella della Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina che usciva da una riunione del Consiglio dei Ministri per smentire una notizia trapelata da Palazzo Chigi, in relazione alla improvvida decisione di chiudere le scuole (vedi “Key4biz” del 6 marzo 2020, “Coronavirus, il pasticciaccio sulla chiusura delle scuole”). Ed eravamo a marzo… E che dire delle 3 parallele “conferenze stampa” organizzate dalla Protezione Civile (l’ormai famoso appuntamento delle ore 18), e poi dall’Istituto Superiore di Sanità, e poi dal Commissario Straordinario Domenico Arcuri?! E che dire, ancora, della mitica quanto misteriosa Task Force, ovvero il Comitato di Esperti, presieduto da Vittorio Colao?!
Circola notizia che quest’ultimo stia per gettare la spugna, essendosi reso conto dello stato confusionale con cui questo Esecutivo opera, in un gioco di rimandi tra “policy maker” e “esperti / scienziati”.
Il policentrismo dei processi decisionali determina una paradossale de-responsabilizzazione degli attori in campo: il Governo si nasconde dietro il paravento di “lo dicono gli scienziati” anzi “ce lo impone la Scienza”, e gli esperti si nascondono dietro il paravento “le decisioni finali le prende il Governo”. Un rimpallo sconcertante.
La “catena del comando” gioca al rimpallo, e le conseguenze le pagano i cittadini.
Con l’avvio della “Fase 2”, da lunedì 4 maggio, la situazione non è migliorata: il Capo Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli ha deciso “autocraticamente” (si ha ragione di ritenere) di interrompere l’occasione di confronto con i giornalisti ed i media, e giovedì 30 aprile c’è stato l’ultimo punto-stampa.
Da allora, sempre alle ore 18, la Protezione Civile dirama puntualmente il suo bollettino “statistico”, ma l’interpretazione dei dati è affidata alla soggettività di giornalisti, politici, cittadini.
E, soprattutto, è venuta meno completamente la chance di porre domande, di chiedere approfondimenti, di segnalare contraddizioni, di evidenziare criticità…
Il Comitato Tecnico Scientifico (Cts) della Protezione Civile continua a lavorare alacre, e si riunisce tutti i giorni o quasi, ma, in assenza del “punto stampa” delle ore 18, non si sa più nulla delle sue decisioni. Se non quello che talvolta “trapela”…
Il Comitato Tecnico Scientifico non ha un “portavoce”, e, anche se il Capo Dipartimento della Protezione Civile non ha mai svolto questo ruolo, il suo punto stampa era l’occasione giusta per un confronto dialettico.
Quindi, se i lavori della Task Force si sono caratterizzati e si caratterizzano (ma si riunisce ancora?!) per la più assoluta segretezza, ormai nulla si sa – almeno ufficialmente – dei lavori del Comitato Tecnico Scientifico.
Rimane soltanto l’appuntamento settimanale con l’Istituto Superiore di Sanità, una preziosa conferenza stampa, che pure affronta la pandemia dal punto di vista esclusivamente – o comunque prevalentemente – medico-sanitario.
In occasione dell’ultimo incontro (venerdì 8 maggio), abbiamo chiesto al Presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro (che pure è uno dei 20 membri del Cts – peraltro tutti maschi, si ricordi…) di farsi interprete di una esigenza, giornalistica ma anche civica, di “interlocuzione” con l’organismo che ha, ancora oggi, un potere pre-decisionale enorme, se è vero che Premier, Ministri, Presidenti di Regioni, Comuni fanno sempre e comunque riferimento “al” Comitato Tecnico Scientifico (vedi “Key4biz” dell’8 maggio, “Covid-19: la Fase 2 procede all’insegna del ‘liberi tutti’”).
Ad onor del vero un organo “terzo”, ovvero indipendente e tecnico, come il Cts (che pure è stato creato su iniziativa del Capo Dipartimento della Protezione Civile), non ha mai avuto, almeno formalmente, un “portavoce”, ma le conferenze stampa promosse da Angelo Borrelli erano una occasione dialogica utilissima, dato che il Capo Dipartimento era quasi sempre affiancato da esperti che del Cts erano membri.
La “Fase 2” è più complicata della “Fase 1”: più facile “chiudere” che “riaprire”. Il caso di cinematografi e teatri
La “Fase 2” si presenta più complicata della “Fase 1”, anche perché deve in qualche modo “regolare” la ripresa di una enorme quantità di attività: come dire?! è più facile “chiudere” che “riaprire”, perché decisioni draconiane come “chiudiamo tutto” sono relativamente agevoli, nella definizione dei provvedimenti normativi e regolamentativi (stendiamo qui un velo di penoso silenzio su come questi testi sono stati redatti, nella loro polisemia), mentre ora si deve mettere mano a provvedimenti più precisi e dettagliati, ognuno riferito ad uno specifico settore di attività.
Un caso interessante è senza dubbio quello della riapertura di cinematografi e teatri.
La questione non è certamente “prioritaria” nell’economia nazionale – almeno secondo la visione politica prevalente – ma riguarda decine di migliaia di lavoratori (quelli direttamente coinvolti nella fase finale della filiera dello spettacolo ovvero la fruizione), e peraltro la “sala” è il terminale di sbocco di attività ideative, creative, artistiche che riguardano “a monte” centinaia di migliaia di professionisti (autori, sceneggiatori, produttori, attori, tecnici…).
Il Governo, grazie alla indubbia sensibilità del Ministro Dario Franceschini, sta assumendo decisioni importanti, “iniettando” nel sistema risorse economiche notevoli, e consentendo anche il superamento di alcuni paletti storici, come il pre-requisito di essere soggetti beneficiati dal famoso “Fondo Unico per lo Spettacolo” (Fus) per accedere ai sostegni dello Stato. La dinamica emersa finora è comunque prevalentemente assistenzialistica ovvero contributi a fondo perduto ed ammortizzatori sociali, allorquando la pandemia e la crisi del settore culturale potrebbero essere l’occasione giusta per un ripensamento autocritico e radicale delle politiche culturali nazionali.
La questione è complessa e merita approfondimenti, anche perché finora ci sembra siano stati assunti provvedimenti emergenziali e frammentati, allorquando serve una rinnovata strategia organica di sostegno alle industrie culturali e creative intese nel loro complesso.
Soffermiamoci sulla questione delle “sale” ovvero di cinema e teatri.
Ieri lunedì 11 maggio, c’è stato un incontro in videoconferenza tra il Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini ed alcuni rappresentanti del settore dello spettacolo, in primis le lobby più potenti, ovvero l’Anica (per il cinema e audiovisivo) e l’Agis (per lo spettacolo dal vivo, ma anche l’esercizio cinematografico).
Venerdì scorso 8 maggio, il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, a domanda di un giornalista che gli chiedeva specificamente di cinema e teatri, rispondeva: dopo la benedizione (ci si consenta il gioco di parole) del Comitato Tecnico Scientifico alle messe come da protocollo con la Conferenza Episcopale Italiana (Cei), il Comitato Tecnico Scientifico (Cts) sta ricevendo istanze da molte componenti, come cinema e teatri, e confessioni religiose (altre rispetto alla cattolica). E nelle prossime settimane si pronuncerà in merito, ha sostenuto Brusaferro, precisando di “non essere il portavoce del Cts”, e dichiarando che “si stanno valutando forme di partecipazione con numeri limitati di persone in luoghi confinati”.
Il Presidente dell’Iss ometteva di segnalare che nelle giornate di lunedì 4, martedì 5, mercoledì 6 il Comitato Tecnico Scientifico si era riunito ed aveva già deliberato in modo preciso sulla specifica materia.
Ed “intanto spunta il verbale” del Comitato Tecnico Scientifico…
Riservatezza o segretezza che sia, va dato atto ai colleghi del quotidiano “il Messaggero” Rosario Dimito e Laura Larcan di essere riusciti a mettere le mani su uno dei mitici verbali del Comitato Tecnico Scientifico, scrivendo simpaticamente “ed intanto spunta il verbale”.
Sabato 9 maggio, il quotidiano romano ha infatti pubblicato nell’edizione online il verbale n. 66 del Comitato Tecnico Scientifico: un vero e proprio “scoop”, che è sfuggito ai più, e che consente di comprendere “cosa” contengono questi documenti, e come vengano redatti questi mitici verbali. Finora, questi “verbali” del Cts sono rimasti chiusi a chiave nei ben custoditi cassetti della sede del Dipartimento della Protezione Civile a via Vitorchiano (a Saxa Rubra).
Si ricordi che il Capo Dipartimento Angelo Borrelli, a domanda posta da chi redige queste noterelle, si era dichiarato propenso a rendere di pubblico dominio i verbali del Comitato Tecnico Scientifico, ma successivamente l’organismo (il Cts e quindi il Dpc) ha deciso che essi non possono ancora essere divulgati, e poco importa – al cittadino o al giornalista – se essi siano classificati come “riservati” o “segreti”.
A piè di pagina di questi verbali – che dovranno sicuramente essere acquisiti dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla Pandemia (che riteniamo debba essere presto istituita) – campeggia la formula “Informazioni non classificate controllate”. Il Dpcm del 6 novembre 2015, n. 5 (recante “Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato, delle informazioni classificate e a diffusione esclusiva) prevede infatti anche la categoria delle “informazioni non classificate controllate”, comunque sottoposte a misure minime di protezione. Non si tratta di “segreti di Stato”, ma… insomma, secretate – di fatto – sono.
Fatto è che questi verbali non sono pubblici, e, anche se la Protezione Civile ha alla fin fine deciso che essi non siano divulgabili perché contengono dati “sensibili”, si ha ragione di credere che debba prevalere l’interesse civico a conoscere l’elaborazione dei processi consultivi che determinano il “decision making” istituzionale.
Verrebbe da sostenere che “almeno” il Parlamento dovrebbe avere accesso a questi documenti, ma è stranoto che stiamo assistendo ad una stagione politica nella quale l’Esecutivo tende a “bypassare” Camera e Senato, sempre “in nome” dell’emergenza.
Cinema e teatri riaprono da lunedì 1° giugno, ma con al massimo 200 spettatori in sala
Nelle decisioni assunte da ultimo il 6 maggio, il Comitato Tecnico Scientifico, per quanto concerne gli spettacoli organizzati in sale teatrali e sale da concerto all’aperto o al chiuso con posti seduti preassegnati e inamovibili, valuta che essi possano aver corso a partire dalla prima settimana di giugno: il che si traduce evidentemente nella data di lunedì 1° giugno.
Sempre a condizione, come ovvio, che vengano imprescindibilmente garantite tutte le condizioni atte a minimizzare il rischio di diffusione di Sars-CoV-2.
Le decisioni sono state assunte anche a seguito di una audizione del Ministro Dario Franceschini, avvenuta il 29 aprile. Da segnalare che il Ministro, intervenendo in smocking alla cerimonia dei David di Donatello “in teleconferenza” sabato 9 maggio (serata trasmessa da Rai1 con la solita conduzione di Carlo Conti), non aveva voluto annunciare una data per le riaperture dei cinema.
In particolare, chiede il Cts, gli spettatori dovranno mantenere una distanza tra di loro di almeno 1 metro ed indossare la mascherina di comunità, oltre ed evitare di accedere – ma questo ci sembra proprio ovvio – in presenza di sintomi respiratori e/o temperatura corporea superiore a 37,5° C. Il Cts non specifica però se dovrà essere misurata la temperatura degli spettatori all’ingresso in sala: teatri e cinema si dovranno attrezzare di termoscanner?! Non è precisato, e quindi non si può che attendere il prossimo Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri: ahinoi…
Lo stesso criterio dovrà essere applicato agli artisti, alle maestranze e ogni altro tipo di lavoratore presente nel luogo dove lo spettacolo si tiene.
Francamente, l’obbligo di mascherina per gli artisti in scena – attori e ballerini – ci sembra discretamente ridicolo anzi surreale, e mostra una qual certa ignoranza dei fondamenti della coreografia dello spettacolo dal vivo.
Dovrà, inoltre, essere fatto obbligo agli organizzatori degli spettacoli, di garantire l’accesso contingentato in maniera ordinata, garantendo, anche al momento dell’accesso e dell’uscita, il distanziamento fisico di almeno 1 metro.
Gli organizzatori degli spettacoli dovranno, inoltre, assicurare la presenza di dispenser con sostanze igienizzanti all’ingresso dello spazio aperto o chiuso dove avranno corso gli spettacoli.
Dovrà essere promossa un’adeguata comunicazione che indichi le corrette modalità di comportamento del pubblico, ivi compresa un’appropriata gestione dei dispositivi di protezione.
Il personale di servizio a contatto con il pubblico dovrà utilizzare idonei dispositivi di protezione individuale.
Vendita e controllo dei biglietti soltanto online?!
Infine, il Cts raccomanda che la vendita dei biglietti e il loro controllo per l’accesso vengano realizzati evitando materiale cartaceo, e favorendo modalità telematiche attraverso l’uso di “app” funzionali allo scopo, anche al fine di evitare aggregazioni presso biglietterie, atrii, anditi di accesso alle strutture.
È comunque condizione essenziale l’adeguata, periodica pulizia e igienizzazione degli ambienti chiusi e dei servizi igienici di tutti i luoghi interessati dall’evento, soprattutto al termine di ciascuno spettacolo.
Si sconsiglia vivamente la consumazione di cibo e bevande – che implicherebbe la rimozione delle mascherine – così come pure la vendita al dettaglio di bevande e generi alimentari in occasione di questi eventi, compresa l’attività di vendita diretta agli spettatori in seduta durante lo svolgimento degli spettacoli.
Per ogni altro dettaglio operativo, il Cts rimanda alle specificità di ogni singolo spettacolo / rappresentazione (formula in verità discretamente vaga, che potrebbe consentire… tutto ed il contrario di tutto), rammentando che i principi cardine del distanziamento fisico, lavaggio e igienizzazione delle mani ed impiego di dispositivi di protezione delle vie aeree, vengano sempre rispettati. Si deve ragionare, quindi, per passare dalla “teoria” alla “pratica”, su protocolli operativi, che però debbono essere previsti anche a livello di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, nelle modalità della loro gestazioni (identificazione delle associazioni delle categorie maggiormente rappresentative del settore).
Va segnalato che nelle 23 pagine del verbale del Cts la parola “cinema” non è mai citata (curiosa rimozione?!), ma si ha ragione di ritenere che le stesse “regole” imposte ai luoghi di fruizione del teatro, della danza, allo spettacolo dal vivo debbano essere applicate anche alle sale cinematografiche.
È importante segnalare che il Cts impone delle “soglie” quantitative al numero di spettatori: al massimo 200 al chiuso ed al massimo 1.000 all’aperto.
Si legge infatti nel verbale: “Negli eventi organizzati in luoghi chiusi, ferme restando le misure sopra raccomandate ed in relazione alla garanzia delle misure di distanziamento richieste e dei sistemi di aerazione disponibili, il numero massimo di persone non deve superare il numero di 200”.
E, per quanto riguarda le iniziative all’aperto, “il Cts suggerisce, inoltre, con riferimento anche alle indicazioni fornite dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo riguardo ad analoghe prescrizioni circa le soglie numeriche adottate in altri Paesi europei – se organizzati e gestiti in coerenza con le misure raccomandate – non debbano superare il numero massimo di 1.000 persone”.
Il Cts ritiene che debbano restare chiuse invece discoteche e sale da ballo, così come deve restare sospesa le attività di organizzazione di eventi in spazi non strutturabili all’aperto o al chiuso che implichino “aggregazione di massa” (così come definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero non si può superare quella soglia delle 1.000 persone). Restano chiuse anche fiere e congressi.
L’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo (Agis) ha prontamente inviato ieri lunedì 11 maggio una nota al Mibact, sostenendo che “risulta evidente che la limitazione di 200 persone (che, tra l’altro non sembra tener conto delle diverse cubature e caratteristiche strutturali delle differenti realtà) è di complessa realizzazione, oltre che non sostenibile sotto il profilo economico. Basti pensare alle Fondazioni Lirico Sinfoniche, che raggiungerebbero tale soglia anche solo con orchestra, coro e tecnici impegnati nell’attività“. Inoltre, secondo l’Agis, “le misure previste dal Cts a partire dalla mascherina anche per i musicisti, gli attori e i cantanti, ci paiono in molti casi inapplicabili in un contesto come lo spettacolo dal vivo, e dunque occorrerà definire protocolli peculiari”.
Va anche segnalato, dal fronte dei “cinematografari”, che la data di lunedì 1° giugno ha un senso imprenditoriale-commerciale a fronte della disponibilità dei distributori a ri-ragionare sui listini dei film, considerando che si assisterà sicuramente ad una sorta di “intasamento” delle uscite, a causa del congelamento delle “uscite” degli ultimi mesi.
Da segnalare anche il rischio che si promuova una fruizione cinematografica nelle “arene”, data la stagione estiva imminente, andando a determinare una concorrenzialità pericolosa per i gestori degli spazi di spettacolo al chiuso. In verità, preoccupa molti esercenti quel che il Ministro Dario Franceschini ha sostenuto durante la serata dei David di Donatello: “abbiamo davanti l’estate, le piazze sono grandi arene in cui le misure di sicurezza sono più facili da applicare”.
L’emergenza non è soltanto medico-sanitaria ma socio-economica
La questione è, ancora una volta, non soltanto medico-sanitaria, ma socio-economica, e questa seconda dimensione, ancora una volta, “sfugge” alla competenza tecnica del Cts della Protezione Civile.
Eppure, il Governo “sempre e comunque” al… Cts finisce per fare riferimento, in un gioco di rimpallo che va superato e che comunque richiede ormai assoluta trasparenza.
Questa dinamica conferma la difficoltà nella gestione strategica della “Fase 2”: è verosimile che queste proposte (anzi, “suggerimenti”) del Comitato Tecnico Scientifico vengano fatte proprie dal Governo, e, ancora una volta, si assisterà ad ulteriore “legiferazione emergenziale” sulla base di approfondimenti tecnici che non sono stati oggetto di un confronto dialettico tra “esperti” ed “operatori” ovvero – sia consentito – “cittadini”.
Se è in fondo il Comitato Tecnico Scientifico a co-decidere (così sostiene il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed il Ministro della Salute Roberto Speranza), è forse opportuno che il processo consulenziale che esso sviluppa venga reso di pubblico dominio, e che l’organismo “terzo” si confronti direttamente con i rappresentanti ed esponenti dei settori la cui attività va a regolare.
Il Comitato Tecnico Scientifico non può restare chiuso nelle sue segrete stanze, dato il ruolo che ha ancora, e determinante, nei processi decisionali del Governo (e delle Regioni etcetera): si deve dotare di un “portavoce” e deve confrontarsi con la cittadinanza.
Clicca qui, per leggere il verbale del Comitato Tecnico Scientifico del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 4-5-6 maggio 2020, che prevede disposizioni relative a scuole, chiese, teatri, musei.