“Viviamo in un sistema in cui le ‘macchine’ diventano abili promotrici della disinformazione, rendendo più facile caderne vittima. La disponibilità di Big Data sugli utenti, unita all’applicazione di sistemi di intelligenza artificiale, permette di targettizzare più efficacemente i messaggi”. Lo ha detto il Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Antonio Martusciello, intervenendo oggi al XXXII Salone Internazionale del Libro di Torino, nell’ambito di un dibattito su “Le regole della disinformazione” nel corso del quale è stato presentato il suo saggio “Il caos dell’informazione”, edito da La Dante Alighieri.
“L’esperienza delle precedenti campagne elettorali ci ha insegnato come le ‘dark ads’, quelle pubblicità oscure, visibili solo ai soggetti bersaglio, o le campagne condotte dalle cyber troops cercano di condizionare le opinioni degli utenti dei social”, ha continuato Martusciello. “Tuttavia, questa massiccia propagazione di notizie false non è solo dovuta ai bot (utenze automatizzate), ma anche ai singoli individui che diffondono contenuti inesatti”. Per il Commissario, il motivo è chiaro: “per attirare attenzione sui social si fa a gara per condividere informazioni sconosciute e considerando che le false notizie sono più nuove, esse emergono con più facilità”.
“Il riconoscimento di un massiccio intervento da parte degli utenti aumenta il grado di complessità del problema. Se si trattasse solo di disinformazione diffusa tramite robot allora – secondo il Commissario – sarebbe necessaria una soluzione puramente tecnologica. In questo contesto, invece, occorre agire sugli interventi comportamentali e mettere gli individui in condizione di riconoscere il pericolo affinché possano evitarlo”. Per Martusciello, “su queste basi si presenta una duplice opportunità per l’intero sistema. Il giornalismo di qualità, sviluppando un nuovo modello di business fondato sulla verifica dei fatti, diventa una alternativa migliore alle falsità, ma anche uno strumento per il lettore, capace di orientarlo nell’overload (dis)informativo tipico della Rete”.