“Facebook, Google, Twitter e altre società tecnologiche devono sforzarsi di essere più efficaci contro la disinformazione online“. Lo scrive la Commissione Europea in una nota sulla valutazione dell’impatto avuto dal Codice contro la disinformazione nel suo primo anno di applicazione evidenziando come la qualità delle informazioni divulgate dai firmatari del codice “è ancora insufficiente“.
Il codice di condotta
Per la Commissione europea il codice si è rivelato uno strumento molto valido e senza precedenti a livello mondiale e ha fornito un quadro per un dialogo strutturato tra le parti interessate finalizzato a una maggiore trasparenza delle politiche contro la disinformazione. Le carenze riscontrate, spiega la nota, sono dovute principalmente al carattere di autoregolamentazione del codice.
Per questo motivo la vicepresidente della commissione per i valori e la trasparenza, Vera Jourova, ha chiesto ulteriori azioni per contrastare i nuovi rischi. “Poiché assistiamo anche alla comparsa di nuove minacce e attori, i tempi sono maturi per andare oltre e proporre nuove misure. Le piattaforme devono diventare più responsabili e trasparenti. Devono aprirsi e fornire un migliore accesso ai dati”, ha detto Jourova, che sta attualmente lavorando a un piano d’azione per rendere la democrazia più resiliente alle minacce digitali.
“L’organizzazione e la messa in sicurezza del nostro spazio di informazione digitale sono diventate una priorità. Il codice è un chiaro esempio di come le istituzioni pubbliche possono collaborare in modo più efficiente con le imprese tecnologiche per apportare benefici reali alla società. Si tratta di uno strumento unico per consentire all’Europa di difendere con decisione i suoi interessi e i suoi valori”, ha aggiunto Thierry Breton, Commissario per il Mercato interno. “La lotta alla disinformazione è una responsabilità condivisa, che il settore tecnologico e quello pubblicitario devono assumersi pienamente.”
Disinformazione e piattaforme online
Negli ultimi mesi, anche prima dell’arrivo dell’epidemia, la Commissione europea ha monitorato con grande attenzione le azioni delle piattaforme digitali ai sensi del codice di buone pratiche sulla disinformazione.
Tra le azioni indicate come necessarie, la Commissione ha valutato che le piattaforme dovrebbero trasmettere relazioni mensili contenenti “dati più dettagliati sulle azioni da esse svolte per promuovere contenuti autorevoli e limitare la disinformazione sul coronavirus e gli annunci pubblicitari a essa relativi”.
Sulla base delle attività dell’osservatorio europeo dei media digitali, di recente istituzione l’UE ha dichiarato che potenzierà ulteriormente il sostegno offerto a verificatori di fatti e ricercatori. Il tutto garantendo sempre libertà di espressione e pluralismo del dibattito democratico, considerati aspetti centrali nella risposta dell’Unione alla disinformazione.