Proteggere i consumatori a partire da una sana ed equilibrata informazione, online e offline, soprattutto in tempi di Covid-19, è il principio che ha ispirato la Commissione europea nell’avvio di un’indagine a tappetto per individuare le possibili fonti web di false notizie e truffe commerciali.
I primi risultati presentati in conferenza stampa restituiscono un panorama inquietante di disinformazione pianificata, di annunci pubblicitari ingannevoli, di vendita di prodotti contraffatti, con il consumatore lasciato da solo ad affrontare i rischi e le conseguenze di questa condotta illecita.
Indagine a tappeto sulle piattaforme web
L’indagine a tappeto ha interessato 268 siti web, 206 dei quali segnalati per ulteriori indagini in merito a potenziali violazioni del diritto dell’Unione europea (Ue) in materia di protezione dei consumatori.
Di questi: 88 siti web contenevano prodotti con presunti effetti curativi o preventivi contro il coronavirus; 30 siti web contenevano affermazioni inesatte riguardanti la difficoltà di reperimento dei prodotti; 24 siti web erano sospettati di pratiche sleali volte a ottenere prezzi eccessivi.
Le piattaforme web che hanno partecipato e collaborato all’indagine hanno rimosso decine di milioni di annunci pubblicitari online ingannevoli: “Le principali piattaforme online hanno risposto positivamente all’invito della Commissione e hanno dimostrato un chiaro impegno a rimuovere i contenuti nocivi”, ha dichiarato Didier Reynders, Commissario Ue per la Giustizia.
“Come dimostrato da questa recente indagine a tappeto – ha aggiunto – gli operatori disonesti continuano tuttavia a trovare nuovi modi per sfruttare le vulnerabilità dei consumatori, aggirare le verifiche mediante algoritmi e allestire nuovi siti web. Nel mezzo di una pandemia mondiale, come consumatori dobbiamo essere consapevoli di questo”.
Ad esempio, Google ha bloccato o eliminato oltre 80 milioni di annunci pubblicitari relativi al coronavirus (a livello mondiale), ma anche eBay ha bloccato o eliminato dal suo mercato globale oltre 17 milioni di annunci che violano le norme dell’UE a tutela dei consumatori.
L’altro grande attore mondiale del web e non solo, Amazon, ha registrato una diminuzione del 77 % del numero settimanale di nuove offerte di prodotti con presunte proprietà connesse al coronavirus rispetto al mese di marzo.
I CPC e i prossimi passi dell’Unione
L’indagine a tappeto è stata condotta dalla rete di cooperazione per la tutela dei consumatori (CPC) e si componeva di due parti: un controllo accurato delle piattaforme online e un’analisi approfondita di specifici messaggi pubblicitari e siti web collegati a prodotti molto richiesti a causa del coronavirus.
I CPC di 27 paesi hanno partecipato al controllo accurato delle piattaforme e hanno presentato 126 risposte riguardanti sia le aziende con cui la Commissione ha avuto contatti regolari che altri soggetti nazionali.
Le prossime tappe della strategia Ue contro disinformazione e pratiche commerciali illecite online prevede il coordinamento da parte della Commissione della cooperazione tra le autorità CPC e i registri di domini Internet, ai quali può essere chiesto di oscurare siti web nocivi.
La Commissione, infine, proseguirà la cooperazione e gli scambi di informazioni con gli organismi di autoregolamentazione nel settore della pubblicità riguardo allo sviluppo di strumenti automatici per individuare le pubblicità ingannevoli.