L’epidemia di coronavirus non si misura solo in termini di decessi e contagi, ma anche di linguaggi utilizzati dai mezzi di comunicazione di massa, vecchi e nuovi, di notizie lasciate passare, di autenticità delle fonti che le producono e di impatto della disinformazione sui cittadini e la società nel suo complesso.
Verificare le notizie
Per affrontare il gran numero di false notizie in circolazione e la tendenza più a informare male, che in maniera chiara e rispettosa del pubblico, mostrata dal mondo dei media nel suo complesso, la Commissione europea già da giorni ha deciso di mettersi al lavoro per ridurre il più possibile i danni da “infodemia”.
Sul vocabolario Treccani si legge dell’infodemia: “Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili”.
A tale scopo, nei giorni scorsi è stato attivato un sito web dedicato alla risposta al coronavirus, mentre a partire da oggi si aggiunge anche una sezione dedicata a combattere la disinformazione sulla pandemia, con materiale utile a sfatare i miti e a controllare i fatti.
Parallelamente, anche il Servizio europeo per l’azione esterna si è occupato di analizzare e segnalare la diffusione di disinformazione sulla pandemia da parte di fonti e attori esterni. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito EUvsDisinfo.eu.
Big tech al tavolo Ue
La Commissione ha poi chiamato a rapporto per l’ennesima volta i giganti della rete, tra cui Google, Facebook, Twitter, Microsoft, Mozilla e l’associazione di categoria EDiMA, per avere aggiornamenti sulla diffusione della disinformazione in relazione alla pandemia di coronavirus.
I rappresentanti delle Big tech, tutte firmatarie del codice di buone pratiche sulla disinformazione e connessi da remoto in teleconferenza, sono stati ascoltati dalla Vicepresidente per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová.
Giudicate positive e “forti”, secondo la Vicepresidente, le misure fin qui adottate dalle piattaforme: “Condivido l’approccio volto da un lato ad agevolare l’accesso alle fonti autorevoli e dall’altro a contrastare i contenuti nocivi e gli annunci fuorvianti o che si approfittano della situazione”.
Sia le piattaforme che le autorità, però, “devono fare di più”. Le piattaforme, infatti, secondo la Jourová: “devono intensificare gli sforzi per dare piena attuazione alle nuove politiche e fornire maggiori prove che le misure stanno funzionando. È altrettanto importante rafforzare la nostra capacità di analisi e coordinare meglio la risposta alle informazioni dannose”.
Primi risultati
Tra i risultati positivi raggiunti, si legge in una nota europea, c’è il più rapido accesso a informazioni generate da fonti autorevoli (come l’OMS o le autorità sanitarie nazionali), che sono di fatto favorite rispetto ad altre poco trasparenti e una maggiore velocità di risposto nel rimuovere i contenuti nocivi.
Le piattaforme, infine, hanno registrato un flusso costante di informazioni false e dannose, riguardanti soprattutto la salute, che si sono impegnate a contrastare e degradare. Le aziende in questione si sono infine impegnate a mettere in campo ulteriori misure per rimuovere gli annunci relativi a truffe e frodi nella vendita di apparecchi di protezione individuale, come mascherine e caschi.