L’antitrust europeo non dovrebbe prendersi troppo tempo per decidere se concedere o meno il suo placet alla fusione da 19 miliardi di dollari tra Facebook e Whatsapp, almeno stando a quanto riferito dal Commissario antitrust uscente Joaquin Almunia e in considerazione anche del fatto che l’indagine dell’antitrust non è chiamata a valutare le implicazioni della maxi-operazione sulla privacy. Resta però il fatto che l’operazione, che riunirà sotto lo stesso tetto il maggiore social network mondiale e l’app di messaggistica più usata in Europa, riguarderà circa un quarto della popolazione mondiale. Facebook conta infatti 1,7 miliardi di utenti, ai quali si aggiungono i 700 milioni di Whatsapp. Se si escludono, quindi, gli abitanti della Cina (1,5 miliardi), la base utenti delle due aziende messe insieme sarà composta da circa la metà degli adulti e degli adolescenti del resto del pianeta.
Secondo l’avvocato David Cantor, esperto in comunicazione e antitrust, c’è addirittura il dubbio che le regole antitrust vigenti in Europa possano accettare l’accordo tout court perché, spiega, “potrebbe avere conseguenze problematiche per la struttura e il funzionamento del nascente ecosistema delle comunicazioni digitali in Europa, in particolare per quanto riguarda la concorrenza tra i settori, sempre più convergenti, della messaggistica mobile e dei social network”.
Senza dubbio, Facebook è il social network più usato al mondo: secondo l’ultima analisi di Alexa la rete di Mark Zuckerberg è dominante in 130 Paesi sui 137 monitoriati. Negli ultimi sei mesi, rispetto all’ultima rilevazione, ha conquistato altri due Paesi: la Lettonia e la Moldavia, dove ha detronizzato, rispettivamente, i due concorrenti Draugiem e Odnoklassniki. La sua ascesa è stata accompagnata dalla scomparsa di diversi concorrenti europei come lo spagnolo Tuenti, il portoghese Sapo, il britannico Bebo. I servizi di Facebook sono gratuiti per gli utenti perché il modello di business si fonda sulla pubblicità.
Whatsapp, invece, costa agli utenti 89 centesimi all’anno dopo un primo anno gratuito e per un uso illimitato del servizio, che consente anche di inviare file audio e video oltre ai messaggi di testo.
Con la crescente diffusione di smartphone e tablet, Facebook e Whatsapp sono diventate le due app più scaricate in molti paesi europei. Whatsapp è di gran lunga il servizio più usato in Europa e in alcuni paesi, come la Spagna, la sua diffusione sulla piattaforma iOs arriva al 97%. A dargli filo da torcere, sembra essere solo l’app Facebook Messenger, il cui download è stato di recente reso obbligatorio per continuare a chattare con in contatti del social network. I due servizi sono insomma concorrenti e con la sua proposta di fusione Facebook ha in sostanza inglobato il suo rivale più temibile. Dopo la fusione, secondo le previsioni di Cantor, Zuckerberg potrebbe quindi decidere di unificare alcuni o anche tutti i servizi di Whatsapp con i suoi, per renderli disponibili solo agli utenti del social network, oppure potrebbe cercare di sfruttare il crescente predominio di WhatsApp nella messaggistica mobile per attirare nuovi e accrescere in tal modo la posizione dominante di Facebook nel campo dei social media e, quindi, della pubblicità mobile e dei cosiddetti Big Data.
Come si coniuga, questo strapotere con le regole Ue a tutela della privacy?
Secondo Cantor, la revisione della proposta di fusione da parte della Commissione europea “rappresenta un’importante occasione per iniziare a livellare regole attualmente sbilanciate, che consentono alle aziende dominanti di evitare la regolamentazione delle loro attività commerciali. Facebook – continua Cantor – dovrebbe essere obbligato a fornire accesso alla piattaforma Whatsapp, così come Microsoft fu obbligato ad aprire Windows a browser diversi da Explorer”.
Per quanto riguarda la conformità alle regole sulla protezione dei dati, si pone l’interessante questione se il via libera della Ue dovrà essere condizionato al rispetto di vincoli stringenti per garantire una concorrenza leale.
La nuova Commissione europea, spiega Cantor, “…dovrà confrontarsi con l’ascesa di nuovi monopolisti nel settore digitale – Google nella ricerca, Amazon nell’eCommerce e Facebook nel social – che mettono fuori gioco i concorrenti europei e non e banchettano con le startup che si affacciano sul campo”. Ecco perché, conclude, la modernizzazione delle norme antitrust auspicata recentemente da Juncker impone una rigida revisione del deal Facebook-Whatsapp.