Sono oltre 350 i media internazionali che hanno aderito a Instant Articles che permette di ottimizzare i tempi di caricamento delle notizie su Facebook.
Il nuovo servizio permette, infatti, che gli articoli vengano pubblicati interamente sulle pagine del social, evitando così di rimandare a link esterni che, specie se si è collegati da cellulare, fanno perdere almeno otto secondi prima che si apra la notizia.
Facebook ha informato che dopo aver avviato il servizio sugli iPhone, da alcune settimane sta testando la versione beta sui dispositivi con sistema operativo Android.
Il responsabile Michael Reckhow ha comunicato che i dati raccolti dimostrano che, con l’uso di Instant Articles, gli utenti Android hanno condiviso un numero maggiore di notizie rispetto a quanto facevano sulla versione standard del social network.
Reckhow ha indicato che a oggi sono oltre 350 i media del mondo che hanno aggiunto il programma Instant Articles e più di 100 pubblicano ogni giorno le notizie.
I primi a partire sono stati il New York Times, The Atlantic, Nbc, National Geographic, Buzzfeed e successivamente si aggiungeranno anche Bbc, Guardian, Bild e Spiegel.
In Italia da subito La Stampa e Il Fatto Quotidiano. E poi in Francia L’Equipe, L’Express e Paris Match, in Canda il Journal de Montréal oltre a decine di altri giornali americani.
Instant Articles rende l’esperienza di lettura fino a dieci volte più veloce dello standard degli articoli web mobile.
Il servizio va incontro alle esigenze soprattutto del pubblico più giovane che usa sempre più i social network per informarsi. Gli editori, dalla loro, tentano nuove vie per avvicinarsi alle esigenze dei lettori e conquistarne di nuovi.
“Abbiamo progettato Instant Articles per dare agli editori il controllo sulle proprie storie, brand experience e opportunità di monetizzazione”, spiega Facebook.
Cosa ci guadagnano gli editori?
Possono vendere pubblicità all’interno dei propri articoli e mantenere le entrate, oppure scegliere di utilizzare Facebook Audience Network per monetizzare gli spazi invenduti. Gli editori hanno anche la possibilità di monitorare i dati e il traffico attraverso comScore e altri strumenti di analisi.