Usare Facebook non è gratis, ormai lo sanno tutti e qualche giorno fa lo ha finalmente stabilito per la prima volta anche il Tar del Lazio. Ma il social network ha qualche problema ad ammetterlo chiaramente con i suoi utenti. La moneta che paghi quando navighi sui social network non sono soldi e monete sonanti ma sono i tuoi dati personali, che vengono raccolti e utilizzati da Facebook e dagli altri social a scopi commerciali, venduti in massa alle aziende per campagne pubblicitarie dove tu sei il target profilato di campagne che non ti immagini nemmeno, ma di cui sarai bersaglio online e sullo smartphone appunto perché sei un utente del social network, e la tua attività su Facebook è tracciata ogni momento.
La querelle infinita con l’Authority
La querelle infinita fra Facebook e le autorità di regolazione soprattutto europee, in questo caso l’AGCM, l’Antitrust italiana, prosegue nel nostro paese con l’avvio oggi da parte del presidente Roberto Rustichelli di un procedimento di inottemperanza (con rischio multa annesso peraltro irrisoria di 5 milioni di euro visto il giro d’affari dell’azienda Marc Zuckerberg) per un provvedimento del 29 novembre 2018, in cui Facebook era accusato di ingannare gli utenti al momento dell’iscrizione, con un claim fallace: “è gratis e lo sarà per sempre”.
Facebook e il valore dei dati. Cosa dice la sentenza del Tar del Lazio
Rimosso il claim fallace…
Se da un lato il claim fallace è stato rimosso dalla homepage del sito di Facebook, quel che ancora manca e che è all’origine dell’inottemperanza di Facebook è l’ammissione esplicita di colpa, l’ammissione della non gratuità dell’utilizzo del social.
…Ma niente rettifica
E’ questo che l’Antitrust torna a richiedere a Facebook, di pubblicare la rettifica: “Nonostante l’avvenuta rimozione del claim “è gratis e lo sarà per sempre” dalla home page, il consumatore che si voglia registrare al social network tuttavia continua a non essere informato dalla società, con chiarezza e immediatezza, quanto alla raccolta ed all’utilizzo dei propri dati con finalità remunerative. Risulta, inoltre, che Facebook non abbia pubblicato la dichiarazione rettificativa”. Insomma, l’Antitrust alla fine del 2018 aveva ingiunto a Facebook di pubblicare la rettifica chiara sulla homepage del sito italiano, sulla app e sulle pagine personali dei singoli utenti italiani registrati. Ma Facebook non lo ha fatto.
Perché Facebook non ottempera?
Perché Facebook ha questa atavica resistenza ad ammettere che la raccolta dati che effettua ha scopi commerciali?
Perché non vuole, o meglio forse non può ammettere che il vero scopo della raccolta dei dati dei suoi utenti ha finalità di marketing?
Perché Facebook non può scrivere nero su bianco sul suo sito che l’utilizzo dei dati degli utenti è a scopo commerciale?
Perché non può dire chiaro e tondo ai suoi utenti la verità, vale a dire che l’utilizzo della piattaforma avviene in cambio di tutte le informazioni e di tutte le chat, le foto, le news che pubblichiamo?