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Facebook, il cambio nome risolverà il problema dell’odio in Rete?

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Se il nuovo Facebook ci aiuterà a lasciarci alle spalle il problema dell'odio in Rete, non sarà probabilmente però il suo renaming a farlo e neppure un suo rinnovato impegno a lavorarci.

Vorticidigitali è una rubrica settimanale a cura di @andrea_boscaro promossa da Key4biz e www.thevortex.it. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Questa settimana forse capiremo se la notizia della ridenominazione di Facebook abbia a che fare con ragioni legali o finanziarie (come nel caso del nome Alphabet, la holding che possiede, fra le altre aziende, Google), con l’intento di riposizionarla concentrandosi sul metaverso oppure se sia dovuta a ragioni reputazionali per separare gli sviluppi della sua attività dalle tante vicende che hanno coinvolto Facebook negli ultimi anni per questioni legate alla sicurezza dei dati ed ai tanti fronti lasciati aperti dalla moderazione dei contenuti e dagli algoritmi che determinano l’esperienza offerta all’utente .

Uno dei fenomeni che destano più preoccupazione è l’amplificazione digitale che se non la causa, è di certo un fattore di accelerazione, espansione e permanenza del tempo di episodi che riguardano il cyberbullismo, il revenge porn e il body shaming. Una circostanza che ben illustra gli effetti dell’amplificazione digitale ha avuto luogo lo scorso aprile quando la giornalista del Guardian Elle Hunt, dopo aver parlato con alcuni amici di cinema al pub, aveva riportato su Twitter la conversazione che ne era scaturita e aveva lanciato il sondaggio se il film Alien fosse un film horror o un film di fantascienza, propendendo per la seconda ipotesi. Il giorno dopo si era ritrovata 120 mila voti e decine di e-mail da parte di sconosciuti arrabbiati con lei: pur avendo poche migliaia di follower, il suo spunto era infatti finito tra gli argomenti “di tendenza” negli Stati Uniti e nel Regno Unito e la vicenda era così esplosa. Questo episodio mette anche in luce perché l’amplificazione digitale rappresenti un rischio poichè determina quello che viene chiamato il “collasso del contesto” in cui si trovano a coesistere molteplici gruppi sociali in un unico spazio e destinato, sostengono i sociologi, ad alimentare fraintendimenti, divisioni, polarizzazione. 

Le tante funzioni che Facebook ha introdotto per rendere possibile la delimitazione agli amici di ciò che si pubblica o per supportare gli animatori dei Gruppi a moderare la propria community sono una risposta alle tante richieste che, da utenti, associazioni e istituzioni, hanno sollecitato l’azienda ad affrontare il problema, ma l’efficacia di queste misura ha a che vedere soprattutto con la velocità e con l’efficacia con cui gli algoritmi possono individuare le criticità e poi supportare chi deve decidere il da farsi a prendere una decisione.

Se il nuovo Facebook ci aiuterà a lasciarci alle spalle questo problema, non sarà probabilmente però il suo renaming a farlo e neppure un suo rinnovato impegno a lavorarci, ma la consapevolezza di ciascuno di noi del ruolo della Rete nell’amplificare i fenomeni ed un senso di responsabilità diffuso degli effetti provocati da chi inizia e chi diffonde parole di odio o violenza in Rete. 

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