Premessa doverosa: il rapporto è stato commissionato a Deloitte dalla stessa Facebook e le affermazioni in esso contenute sono impossibili da dimostrare in quanto i presupposti di partenza potrebbero essere imprecisi.
Detto questo, secondo lo studio Deloitte, Facebook – col suo miliardo e passa di utenti – avrebbe avuto lo scorso anno un impatto economico pari a 227 miliardi a livello globale (pari al PIL del Portogallo, per dire) e avrebbe creato 4,5 milioni di posti di lavoro. Last but not least, Facebook sarebbe ‘responsabile’ del 16% delle vendite di smartphone a livello globale.
Numeri che nascono dall’assegnazione di un valore economico a ogni ‘like’: Deloitte sostiene, in sostanza, che ogni ‘Like’ ha un impatto amplificato sugli affari delle aziende che hanno una pagina sul social network. Gli analisti hanno attribuito anche un impatto economico alle persone che usano Facebook per organizzare un evento e, sulla base delle risposte positive a un invito lanciato su Facebook, per una serata al pub (per fare un esempio) hanno moltiplicato il numero stimato di partecipanti per il costo medio di una serata, aggiungendo quindi una stima dei benefici economici accessori per questo tipo di eventi.
Secondo Sheryl Sandberg, Chief Operating Officer di Facebook, “Facebook è uno dei fattori che spingono le persone a comprare un cellulare, soprattutto nei paesi in via di sviluppo” e il rapporto dimostra una volta di più che le nuove tecnologie creano lavoro e benessere anche al di fuori dell’industria tech.
Ma, ha dichiarato al Wall Street Journal, l’economista di Stanford, Roger Noll, i risultati dello studio ‘insignificanti’ perché Facebook “è un effetto, non una causa della crescita dell’uso di internet”.
Anche Tyler Cowen, della George Mason University, ha minimizzato i risultati dello studio, sottolineando che facebook ha senz’altro un impatto economico, ma non così massiccio come indicato da Deloitte. “Il valore di uno smartphone – ha affermato Cowen al WSJ – è che ci puoi guardare Facebook oltre a fare tante altre cose, non viceversa”.