Data protection

Facebook, che cosa non torna nella lettera di Mark Zuckerberg sulla gestione dei nostri dati

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Il ceo di Facebook, nella lettera pubblicata sul Wall Street Journal in occasione dei 15 anni del social network, prova a spiegare come la piattaforma gestisce i dati degli utenti per la vendita della pubblicità. Parla di trasparenza nella gestione delle inserzioni, ma la maggioranza degli iscritti non sa cosa sia. E sulle fake news c'è molto storytelling. La verità è che Facebook non cancella le bufale, le penalizza solo nel news feed.

Se sei uno dei circa due miliardi di utenti di Facebook sai con chiarezza e facilità come il social network raccoglie e gestisce i tuoi dati per proporti annunci pubblicitari mirati, personalizzati? Molto probabilmente no. E così non lo sa la stragrande maggioranza degli iscritti. Secondo Mark Zuckerberg, invece, il modo in cui la società raccoglie e tratta i dati degli utenti a fine pubblicitario è trasparente: “I nostri servizi consentono alle persone di avere pieno controllo sulle informazioni che usiamo per mostrare loro la pubblicità e di bloccare tutti gli inserzionisti da cui non desiderano essere raggiunti”, ha scritto il ceo di Facebook nella lettera pubblicata sul Wall Street Journal in occasione dei 15 anni, che il social network compirà il prossimo mese.

Sul tema, questo mese è stato pubblicato il sondaggio del Pew Research Center, dal quale emerge che gli utenti rimangono in gran parte all’oscuro di come Facebook tiene traccia delle loro informazioni al fine di fornire annunci pertinenti. Dei circa 1.000 adulti statunitensi intervistati per il sondaggio, circa il 74% che usa Facebook ha dichiarato di non avere alcuna idea della sezione “Gestisci inserzioni” sul social network. Il 51% degli utenti ha dichiarato di “non essere molto o del tutto tranquillo” su come Facebook raccoglie i dati degli iscritti.

Dunque i risultati del sondaggio, se venisse condotto anche in altri Paesi sarebbero simili, dimostrano che Facebook non è del tutto trasparente sulla gestione delle inserzioni.

E Zuckerberg ha perso anche l’occasione della lettera, dedicata proprio a come la società gestisce i dati, per mostrare agli utenti, praticamente, qual è la funzione, presente sulla piattaforma, che consente a noi iscritti di gestire le preferenze relative alle inserzioni. È questo il link della pagina (si visualizza solo se sei loggato) per scoprire cosa influisce sulle inserzioni che vedi e quali dati personali degli utenti Facebook utilizza per vendere la pubblicità.

Il social network fa business con i nostri dati

Il social network fa business con i nostri dati. Questo emerge candidamente dalla lettera del ceo. “Far connettere e conoscere le persone”, come si fa a credere alla mission raccontata dalla società? Il vero obiettivo della piattaforma è fare business con ogni tipo di dato e azione compiuta dagli utenti sul social: “in base alle pagine su cui mettono like, ai contenuti su cui cliccano e a molto altro ancora, creiamo categorie”, ha spiegato Zuckerberg nella lettera, “per esempio, persone a cui piacciono le pagine di giardinaggio e che vivono in Spagna e poi facciamo pagare gli inserzionisti per mostrare, a quella categoria, annunci pubblicitari”.

Il fondatore di Facebook conosce bene il motivo per cui sempre più persone fuggono dalla piattaforma o ci passano meno tempo: dopo il grave scandalo di Cambridge Analytica la maggioranza degli utenti non si fida più del social network, così Mark Zuckerberg nella lettera è stato costretto a dire: “A volte le persone pensano che facciamo cose che in realtà non facciamo. Ad esempio non vendiamo i dati delle persone, anche se spesso viene detto il contrario. Vendere queste informazioni agli inserzionisti sarebbe, infatti, contro il nostro interesse, perché ridurrebbe il valore che il nostro servizio ha per loro”.

Ovvio.

A Facebook non conviene vendere i dati degli utenti. Il problema è, come nel caso di Cambridge Analytica e degli altri scandali che hanno caratterizzato il 2018 del social, evitare la fuga dei dati o data breach. Per questo motivo è crollata la fiducia nei confronti del social.

Secondo quanto riportato dal sondaggio del Financial Times, la fiducia degli utenti era in aumento prima di Cambridge Analytica, poi è crollata dall’80% nel 2017 al 27% l’anno scorso.

Facebook non cancella le fake news

Il crollo della fiducia è dovuto anche alla grande quantità di fake news che circola sul social network, in grado anche di influenzare gli utenti-elettori. Sulla battaglia alle bufale sulla piattaforma Facebook cosa sta facendo? Ha introdotto una serie di misure, tra cui le partnership con fact checker riconosciuti dal Poynter Institute. In Italia è stata scelta Pagella Politica, ma occorre sapere che Facebook non cancella mai le fake news dalla piattaforma, anche di fronte alla certificazione di una bufala da parte del fact checker. Ho ascoltato questa clamorosa dichiarazione da Laura Bononcini, Public Policy Director di Facebook Italia: “Se uno dei nostri fact checker, in Italia Pagella Politica, ci certifica una fake news, noi l’abbassiamo nell’algoritmo del news feed”.

“Ma perché”, le ho chiesto? “Posso capire le opinioni che rientrano nella libertà di espressione”...

Risposta: “Chi siamo noi per cancellare il post. Possiamo solo penalizzarlo nel news feed”.

 

Zuckerberg sul tema ha scritto: “Un’altra domanda che ci viene posta è se lasciamo online contenuti dannosi o che creano divisione, solo perché generano interazioni. La risposta è no”. Secondo noi è sì.

Ecco la giustificazione del ceo: “L’unica ragione per cui questi contenuti restano online è perché le persone e i sistemi di intelligenza artificiale che utilizziamo per rivederli sono ancora in evoluzione, non perché abbiamo incentivi ad ignorarli”.

Ricordiamo, solo per fare un esempio, che tra giusto 4 mesi si svolgeranno le elezioni europee, non si può aspettare “l’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale”…

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