Ce la faremo a gestire a dovere l’opportunità straordinaria offerta dal fiume di denaro del Next Generation EU? Abbiamo la mentalità giusta e con essa le competenze e il metodo che occorrono per affrontare il nuovo di cui nutrirsi? I segnali non sono rassicuranti. Politica in deficit, imprese in preda alle incertezze, difficoltà a staccarsi da vecchi equilibri che non aiutano a far intravedere il futuro. Questi i temi che abbiamo trattato nella consueta intervista con Francesco De Leo, Executive Chairman di Kauffman & Partners (Madrid).
Key4biz. In queste ultime settimane il mondo si sta rivoltando: spirale inflazionistica con un +7.5% che non si registrava da più di 40 anni, un problema di supply-chain su scala globale, il rincaro italiano della bolletta energetica, infine i venti di guerra sull’Ucraina. Una tempesta perfetta…
Francesco De Leo. I segnali ci sono tutti e siamo obbligati a confrontarci con nuove sfide, ma la pandemia dovrebbe averci ormai abituato a non dare nulla per scontato.
Sembrano così lontani i tempi che hanno ingessato il Paese, anche se parliamo solo della fine del mese dello scorso gennaio, che ha coinciso con l’elezione del Presidente della Repubblica. È come se fossimo tornati al 1922: per certi aspetti si ha come la sensazione che gli eventi di allora ritrovino riscontro nelle settimane concitate che stiamo vivendo anche nel nostro quotidiano.
Siamo entrati nella fase di più profonda trasformazione delle nostre economie e stiamo forse assistendo alla creazione di un nuovo ordine mondiale. Un’accelerazione della storia? Forse, ma il tutto potrebbe anche essere una straordinaria opportunità che può dischiudere nuovi orizzonti, perché rimette in gioco molte carte. Tutto dipende da come ci si prepara ad affrontare questi cambiamenti.
Key4biz. L’ago della bilancia sarà rappresentato come si sa dai mercati, che, come sempre, giocano di rimessa rispetto a tutto ciò che succede intorno. E in Italia?
Francesco De Leo. Occorre concentrare l’attenzione sui pattern evolutivi dei mercati e cercare di evitare il rischio peggiore, che è come al solito, anche perché si presenta come la soluzione apparentemente più semplice, quello di investire sul passato. Noi siamo purtroppo un Paese in un certo senso stanco e un po’ per pigrizia intellettuale o anche per l’illusione di chiudere i conti con un passato che fa fatica ad andare via rischiamo di perdere ancora una volta l’appuntamento con il futuro. Da questo momento in avanti ci dobbiamo confrontare con una sola sfida: uscire dalla “comfort zone” fatta di ricette economiche già ampiamente superate e lasciarci alle spalle slogan come “piccolo è bello”, utili solo per chiacchiere da salotto o in voga in alcune chat su Twitter.
Key4biz. Si ma forse la prima cosa da fare è definire bene quale sia il punto di partenza ed averne piena consapevolezza….
Francesco De Leo. Sono più di 20 anni che il Paese è cristallizzato negli stessi equilibri e negli stessi assetti. È naturale che vi sia un progressivo segnale di affaticamento, a livello di sistema, anche perché poco o nulla è cambiato dal 2008 in avanti, l’anno in cui la crisi finanziaria iniziata negli Stati Uniti per i mutui subprime ed il collasso di Lehman Brothers, hanno scatenato la crisi più profonda dal 1929. Se siamo arrivati fino a qui ed in queste condizioni, qualche errore sarà pure stato commesso. Non possiamo farci illusioni e proseguire con la tradizionale linearità del percorso che ci ha condotto fino a qui. Direi, al contrario, che occorrerebbe piena consapevolezza sul fatto che non abbiamo più le certezze del passato e che le armi a disposizione dei governi e delle banche centrali, pur in considerazione della irripetibile spinta che viene dal Recovery Plan, da sole non sono sufficienti per assicurare la transizione. Un esempio su tutti? Le prime 10 aziende quotate alla Borsa Italiana nel lontano 2011, sono esattamente le stesse che ricoprono le prime 10 posizioni anche agli inizi di quest’anno. Se, al contrario guardiamo alle prime 10 società quotate in termini di capitalizzazione negli Stati Uniti del 2011 e rivediamo la classifica ad inizio 2022, scopriamo che, con la sola eccezione della holding di Warren Buffet (ndr. Berkishire Hathaway), che come allora è sempre al 7° posto, le altre società sono tutte cambiate, e sono sostanzialmente società tecnologiche. Se c’è ancora qualcuno che pensa che il ranking italiano possa costituire un buon viatico per il futuro, forse è meglio che ripassi le regole del gioco su come si possa essere competitivi nel contesto dell’economia globale. Abbiamo bisogno di essere un po’ meno provinciali e concentrati su noi stessi.
Key4biz. La trasformazioni in atto porta con sé una inevitabile instabilità che sui mercati si traduce in volatilità, una condizione non troppo amata dai mercati finanziari e dagli investitori. E allora, cosa fare?
Francesco De Leo. La volatilità di per sé non è né buona, né cattiva, dipende solo da che parte del cambiamento si vuole stare. Sarei meno preoccupato della volatilità dei titoli tecnologici, quelli che in gergo sono classificati come “growth stock”, perché sono cresciuti molto nei due anni della pandemia e con tutta probabilità stanno misurandosi con una correzione che era ampiamente attesa. Ma all’appuntamento con il futuro non si sfugge ecco perché occorre stare al passo, seguire il mercato, anticiparlo ed adeguarsi. Mercati ed investitori lo sanno benissimo e si comportano di conseguenza. A noi a volte fa comodo non tenerlo presente, ma c’è un costo e vorrei testimoniarlo in un modo molto semplice, facendo un esempio su tutti. Agli inizi del 2012, ENEL valeva in Borsa 34.7 miliardi di euro, Luxottica era a 10.6. In questi 10 anni ENEL ha raddoppiato la propria capitalizzazione di borsa superando i 70 miliardi di euro, mentre Essilor-Luxottica l’ha moltiplicata per 7 volte, raggiungendo i 75 miliardi di euro di capitalizzazione. Nello stesso arco di tempo Telecom Italia, oggi TIM, ha più che dimezzato la propria capitalizzazione di Borsa passando da 20.7 miliardi di euro a 9.2, come ENI che da 70 miliardi di euro oggi viaggia su una capitalizzazione di borsa intorno ai 47 miliardi. In casi del genere, un investitore da che parte vorrebbe stare? E alzando la prospettiva, il nostro Paese da che parte del cambiamento vuole stare? Da qui al 2030, quali sono i nuovi attori che sostituiranno le 10 società oggi ai vertici della Borsa Italiana, per capitalizzazione? Possiamo esserne certi: se saranno ancora le prime 10 quotate oggi in Borsa, vuol dire che saremo per sempre finiti in un ruolo marginale nel contesto dell’economia globale. Ma attenzione, perché il tempo fra qui e il 2030 trascorre veloce e oggi è già domani. Tuttavia, ci sono ancora tutti i margini per fare di più e fare meglio, per farci trovare pronti a quel fatidico appuntamento con il futuro. Occorre solo evitare scelte che hanno il solo obiettivo di perseverare nel mantenimento dello status-quo.
Key4biz. È un messaggio forte. È davvero così importante che si verifichino mutazioni di approccio così radicali?
Francesco De Leo. Non è importante, è necessario. Perché le risorse rese disponibili dall’Europa con il programma Next Generation EU, pur cospicue, non sono un requisito di per sé sufficiente. Conta la direzione dell’investimento, la progettualità e la capacità di esecuzione rispettando obiettivi e tempi. In questo senso quei fondi potrebbero essere non sufficienti. Non si devono destinare i fondi dell’Europa a progetti ormai fuori dal tempo, come in alcuni casi è, e si dovrà fare il massimo sforzo per attrarre i capitali privati utili per mobilitare i necessari talenti e le competenze capaci di imprimere una svolta. Occorre quindi puntare su quei settori che saranno il vero terreno chiave del confronto competitivo fra sistemi-Paese, facendo in modo che tutti siano riconducibili ad un unico piano coordinato di crescita. Al momento tutto questo non appare con chiarezza, anzi prevalgono elementi che indicano semmai il contrario.
Key4biz. E allora cosa si dovrebbe cambiare?
Francesco De Leo. Innanzitutto occorre una visione meno provinciale ed antiquata del mondo, lontana mille miglia dal confronto che sta emergendo nel contesto dell’economia globale. È come se in questi anni avessimo smesso di studiare e di guardare alla realtà per quello che è. Così in molti parlano ancora oggi di Tesla come se fosse una casa automobilistica, mentre è, a tutti gli effetti, la più grande azienda di robot al mondo. Si parla di Amazon come se fosse l’attore più importante al mondo nel commercio elettronico, mentre è diventata una delle più grandi aziende infrastrutturate nel cloud su scala globale. In molti continuano a sottovalutare Zoom, relegandola ad un ruolo di enabler di quelle video-conferenze che hanno consentito a molti di continuare a lavorare in presa diretta nei periodi di lockdown. Ma Zoom è a tutti gli effetti molto più di questo. Ha creato un nuovo mondo ed un nuovo modo con cui organizzare il lavoro ed il coordinamento fra imprese. Vorrei aggiungere che ancora oggi si pensa a Meta (Facebook) come il social network per definizione. Ma in troppi si dimenticano che solo nel 2021 Meta (quindi Facebook) ha investito più di 10 miliardi di dollari per creare uno dei più potenti super-computer al mondo, paragonabile per capacità di calcolo a quello a disposizione di Tesla, con un’architettura basata su GPUs (Graphic Processing Units). Di questo passo, Meta (Facebook) sta anticipando l’evoluzione verso il Metaverso, un universo parallelo dove realtà aumentata (AR, Augmented Reality) e realtà virtuale (VR, Virtual Reality), contribuiscono a ridefinire la percezione ed il confine fra realtà e mondo virtuale. Non è forse un caso che il gruppo che per primo ha colto le nuove opportunità offerte dal Metaverso sia Essilor-Luxottica, che insieme con Meta ha sviluppato i nuovi “occhiali intelligenti” di Ray-ban: una conferma di come occorra non lasciarsi distrarre da battaglie di retroguardia a difesa di un piccolo mondo antico, che già oggi non esiste più.
Key4biz. Le sue considerazioni mi deprimono un po’, saremo capaci di questa inversione di rotta che vuol dire cambiare mentalità e avere propensione al nuovo…
Francesco De Leo. Le condizioni ed il terreno di gioco sono uguali per tutti, ma per vincere occorre cambiare modulo e velocità di gioco. Possiamo consolarci nel constatare che è così per tutti, nessuno escluso e per questo non partiamo battuti in partenza. L’importante è non pensare a replicare il modulo di gioco degli altri concorrenti, perché se fosse così, saremo condannati ad essere sempre nel gruppetto degli inseguitori. Transizione digitale e transizione energetica sembrano essere poco più che uno slogan, senza una “grand strategy”: ma questo è un altro discorso e lo riprenderemo prossimamente. Sergio Marchionne diceva ai suoi collaboratori “di non seguire linee prevedibili, perché al traguardo della prevedibilità arriveranno anche i nostri concorrenti, e magari arriveranno prima di noi”. Occorre spronare il nostro Governo ad avere più coraggio. Di questo passo è come se ci trovassimo difronte ad uno studente che ha fatto diligentemente tutti i compiti a casa, ma che non ha compreso la natura dei problemi che gli sono stati assegnati. Direi un po’ poco, considerate le premesse e le attese che erano state alimentate solo un anno fa. Ma c’è tutto il tempo per rimediare, anche perché indietro non si torna. Dobbiamo cambiare e farlo in fretta perché, come diceva Ralpho Waldo Emerson: “Quando si pattina su ghiaccio sottile, la salvezza sta nella velocità”.