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Export vino: Francia leader, Italia seconda

a cura di Fiorina Capozzi |

Nuovo round Italia-Francia per la conquista del mercato del vino. Il 2015 l’Italia mette a segno il record di esportazioni, ma la Francia risponde con il primato assoluto in valore. Detta, in altri termini, i cugini d’Oltralpe continuano a far pagare di più le loro bottiglie senza peraltro subire grossi scossoni sul fronte della produzione. Secondo il Wine monitor di Nomisma, lo scorso anno, Parigi ha venduto 14,1 milioni di ettolitri intascando complessivamente 8,3 miliardi di euro, pari a 5,84 euro al litro.

L’Italia invece ha piazzato all’estero ben sei milioni di ettolitri in più, ma il prezzo al litro si è attestato appena a 2,67 euro. Segno che qualcosa non va nella strategia di marketing dei produttori italiani. Certo, va detto che i francesi sono facilitati dal minor numero di denominazioni che rendono più facile la comunicazione del prodotto soprattutto all’estero. L’enorme varietà italiana genera, infatti, una frammentazione sul fronte dell’immagine e della comunicazione che non aiuta i consumatori stranieri. Inoltre in Francia le spese di marketing e comunicazione sono gestite dai grandi consorzi con beneficio di tutti i produttori di una stessa area geografica.

Basti pensare che il Conseil interprofessionnel du vin de Bordeaux (Civb) investirà solo nel 2016 ben 20 milioni in comunicazione per promuovere in ogni angolo del mondo il celebre vino rosso francese. A questo si aggiunga poi la notevole forza di alcuni marchi come lo Champagne che resta dominus delle bollicine, nonostante i notevoli passi in avanti fatti dai produttori italiani di Prosecco che hanno venduto nel mondo 2,8 milioni di ettolitri (contro gli appena 1,8 milioni dei francesi). Nel caso dello champagne, il merito della brillante performance francese è soprattutto di Lvmh: il gruppo del lusso di proprietà del miliardario francese Bernard Arnault è leader nella produzione di bollicine francesi con una cinquantine di etichette ed ha gioco facile nella promozione di un prodotto quasi naturalmente legato a moda e cinema.

L’Italia non ha un colosso simile a Lvmh su cui poter contare nè ha neanche le grandi catene di distribuzione cui appoggiarsi all’estero, ma può ancora aggregarsi per costruire consorzi con una elevata capacità di spesa pubblicitaria e definire nuove strategie internazionali che premino le etichette nostrane. Nell’interesse di un Paese in quanto a enogastronomia, bellezze paesaggistiche, architettoniche e storico-culturali non ha nulla da invidiare a nessuno.

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