Commento

Europa verso le elezioni fra sovranità digitale (mancata) e iper regolazione. Rischio boomerang per l’AI Act?

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La Commissione Ue si avvia verso il suo ultimo semestre di attività prima delle elezioni politiche in programma il 6-9 giugno del 2024. La digital transformation è indietro, così come gli investimenti in startup. Attenzione all'iperregolazione in vista dell'AI Act.

La Commissione Ue si avvia verso il suo ultimo semestre di attività prima delle elezioni politiche in programma il 6-9 giugno del 2024. Negli ultimi mesi, la tecnologia sta cambiando a ritmi vorticosi, modificando in tempo reale il modo di vivere, viaggiare e lavorare dei cittadini europei e non solo. La Commissione, dal canto suo, ha fissato obiettivi molto ambiziosi per la digitalizzazione dell’Europa, sintetizzati nel Digita Decade che prevede la copertura Vhcn in fibra e 5G di tutto il continente al 2030. Ma ormai siamo agli sgoccioli del suo mandato.

Com’è andata sul fronte digital transformation?

Obiettivi davvero sfidanti che, con ogni probabilità, non saranno possibili da raggiugere anche perché la complessità del quadro globale cresce di giorno in giorno. Conflitti come quello in Ucraina e a Gaza hanno sconvolto il quadro geopolitico, imponendo sforzi anche economici che hanno distratto risorse dagli obiettivi digitali della Ue. Il derby Cina-Usa per il predominio del mondo procede serrato sul terreno dell’AI. L’avvicinarsi del termine del mandato europeo ha sottratto alla Commissione un pezzo da novanta come Margrethe Vestager, commissario alla Concorrenza che si è dimessa per concorrere alla presidenza della BEI, poi sfumata.

Il flop del fair share ha penalizzato non poco il suo grande supporter, il commissario Ue al Mercato Interno Therry Breton. la corsa ad una sovranità digitale europea, a più riprese rievocata dal presidente Ursula von der Leyen (più di facciata che di sostanza), l’avvento clamoroso dell’Intelligenza Artificiale sulla scena globale – un anno fa ancora non se ne parlava, oggi è diventato il tema imprescindibile delle nostre società – il lassismo della Ue sul fronte degli investimenti tecnologici, l’assenza di player globali in grado di competere con i giganti americani della Rete come Google, Amazon, Facebook, ChatGPT ecc. hanno spinto la Ue sempre più sulla difensiva e nell’angolo sul palcoscenico mondiale. E così gli sforzi si sono rivolti più che altro sul fronte regolatorio.

Il mega fronte regolatorio della Ue   

Dal Digital Market Act al Data Act e al Digital Services Act, al Chips Act e all’AI Act in attesa del Gigabit Infrastructure Act e del Digital Networks Act; cinque anni dopo: a che punto è l’Europa con la realizzazione degli obiettivi della Digital Decade?

Le domande da affrontare, sintetizzate da Politico.eu, includono:

• L’Europa è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi digitali per il 2030?

• Come può l’Europa affrontare una corsa tecnologica geopolitica?

• In che modo la DMA influisce sulle Big Tech e sugli ecosistemi? Cosa significa per la gamma di prodotti che le aziende possono offrire?

• Come trovare il giusto equilibrio nella regolamentazione dell’IA, in particolare dei modelli di IA generativa?

• Chi guida il dialogo mentre si sviluppano normative specifiche per l’IA generativa? Cosa ci si aspetta dal G7 in autunno?

E adesso è la volta dell’AI Act. Attenzione al cosiddetto “overruling“, un afflato iperregolatorio che secondo molti osservatori è un danno per noi europei.

Sovranità digitale, il sogno europeo diventerà mai realtà?

Il mantra della sovranità digitale non è certo una novità in Europa. L’Europa ha dato vita ad alcune grandi aziende tecnologiche – come Nokia, Ericsson, Spotify, Skype e Booking – ma pochissime di loro sono riuscite a diventare leader di categoria. Le imprese europee hanno in gran parte perso l’occasione dell’ultima rivoluzione tecnologica – il periodo dell’adozione di massa di Internet – poiché i giganti della tecnologia come Google, Facebook ed eBay sono stati costruiti negli Stati Uniti, non in Europa.

Questa tendenza non si sta invertendo: a metà del 2022, gli Stati Uniti hanno creato quasi la metà degli unicorni del mondo, seguiti da Cina (17,5%), India (5,5%) e Regno Unito (4%). Solo due paesi dell’UE, Germania e Francia, compaiono nella top 10, con una quota rispettivamente del 2,6% e del 2%.

La spesa Ue in startup quasi un terzo di quella Usa

Nonostante ospiti alcune delle università più importanti del mondo e i migliori ricercatori, l’Europa non spende ancora tanto quanto gli Stati Uniti e la Cina in ricerca e sviluppo. Nella lista delle 10 aziende che spendono maggiormente nella ricerca stilata dalla Commissione Europea, solo una, Volkswagen AG, proviene dall’Europa.

Il problema principale sono gli investimenti in startup. Nel 2022 le startup europee hanno raccolto 95,7 miliardi di dollari, quelle americane 241,5 miliardi, secondo dati di Dealroom.  

L’Unione Europea e i singoli governi dovrebbero fare di più? Certamente. Altrimenti il rischio è che l’Europa resti come sempre la regina delle regole, credendo che questo si tramuti in implicazioni globali positive. Questo è vero, ma ha anche degli effetti nefasti sul Vecchio Continente.   

Attenzione alle startup dell’AI

Un recente sondaggio condotto dall’associazione delle startup europee di IA ha rilevato che il 73% dei VC intervistati si aspetta che le nuove regole dell’UE sull’IA ridurranno o ridurranno significativamente la competitività dell’ecosistema. Inoltre, il 50% delle startup basate sull’intelligenza artificiale ritiene che la legge rallenterà la loro innovazione e il 16% sta addirittura valutando la possibilità di interrompere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale o di trasferirsi al di fuori dell’UE.

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