Chi cura questa rubrica “ilprincipenudo” è al contempo un ricercatore specializzato ed un giornalista investigativo, e – tra le proprie attività professionali – si diletta anche di “monitoraggio”, ovvero della verifica di quel che accade a livello istituzionale, politico e mediale in relazione ai temi delle politiche culturali, delle economie mediali, delle dinamiche sociali: ed è stupefacente quel che sta accadendo, dopo l’approvazione, giovedì della scorsa settimana 4 novembre, di alcuni decreti legislativi adottati dal Consiglio dei Ministri in queste materie, in particolare la Direttiva cosiddetta “Copyright” e la Direttiva cosiddetta “Smav” (acronimo per “Servizi Media Audiovisivi”). Ne abbiamo scritto da ultimo proprio ieri: vedi “Key4biz” dell’11 novembre 2021, “Esclusiva, il testo della Direttiva Servizi Media Audiovisivi”.
A distanza di una settimana, i decreti legislativi non sono stati ancora pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, e, soprattutto, la rassegna stampa (ovvero mediale, web incluso) su queste due direttive, importanti per l’assetto del sistema mediale nazionale, è insignificante, se non addirittura inesistente.
Dopo un comunicato di entusiasmo del Ministro Dario Franceschini (Pd) giovedì sera (non ripreso da nessuno), si è registrata una nota di soddisfazione della Sottosegretaria al Mise Anna Ascani (Pd). Se il titolare del Ministero della Cultura ha rimarcato orgogliosamente il rinnovato sostegno alla produzione audiovisiva nazionale, la Sottosegretaria ha sostenuto: “sono particolarmente soddisfatta per l’approvazione di due importanti decreti legislativi che regolano le attività di due settori cruciali per l’economia e la società, ovvero le telecomunicazioni ed i servizi media audiovisivi. Con il testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici – del quale per il Governo ho seguito l’intero iter – è stata ridisegnata la disciplina a tutela del pluralismo nel sistema integrato delle comunicazioni, in coerenza con i principi della giurisprudenza europea, a garanzia della tutela degli utenti, in particolare dei minori – aspetto al quale tengo particolarmente. Non solo, le norme prevedono la salvaguardia per le produzioni audiovisive indipendenti europee, con particolare riguardo alle opere italiane”.
Perché queste dichiarazioni non sono state oggetto di commenti di sorta da parte dei tanti “stakeholder”?
Come scrivevamo ieri su queste colonne…qualcosa non quadra.
Possibile che nessuno (o quasi) si renda conto delle conseguenze di queste due direttive nel sistema dei media?
Se la Direttiva “Copyright” ha registrato un qualche commento, la Direttiva “Smav” è stata ignorata da (quasi) tutti. A parte la nostra intensa attenzione su “Key4biz”, soltanto Vincenzo Vita le ha dedicato attenzione, rimarcandone l’importanza (come abbiamo già segnalato, con il suo articolo del “Direttive europee sui media. La carezza e il pugno” di mercoledì scorso 10 novembre sul quotidiano “il Manifesto”).
Sulla Direttiva “Copyright”, possiamo osservare un diffuso apprezzamento, da soggetti come le “collecting” Siae e Nuovo Imaie ed Artisti 7670, nonché da parte di associazioni imprenditoriali come la Fieg (giornali) e la Fimi (musica). In particolare, emerge la soddisfazione del Presidente della Federazione Italiana Industria Musicale Enzo Mazza (vedi anche l’intervista concessa oggi alla newsletter specializzata “Rockol”).
Tra i pochissimi a segnalare la notizia della imminente approvazione della Direttiva, Aldo Fontanarosa sulle colonne de “la Repubblica” di giovedì 4 novembre, con un articolo intitolato “Copyright, equo compenso agli editori per i contenuti giornalistici in rete”.
Direttiva Copyright: Riccardo Luna controcorrente: “non salverà il giornalismo”
Unica voce in qualche modo dissidente ci sembra sia quella di Riccardo Luna (già “Digital Champion” nel 2014 con Matteo Renzi premier e direttore dell’agenzia stampa Agi fino a luglio 2019) che sempre sulle colonne de “la Repubblica” a distanza di alcuni giorni dall’approvazione a Palazzo Chigi, martedì scorso 9 novembre, manifestava qualche dubbio, in un intervento dal titolo “La direttiva sul copyright non salverà il giornalismo” (nella sua rubrica “Stazione Futuro”).
Anche Luna osserva segnala il consenso pressoché unanime sulla Direttiva “Copyright”: “sono tutti contenti: l’Europa che ha fatto la direttiva, il Parlamento che l’ha esaminata, e le associazioni che rappresentano gli editori di giornali (Fieg) e gli artisti (Siae)”. E si domanda: “e se sono tutti contenti chi sono io per dire che qualcosa non va? Ci provo lo stesso”.
Luna pone l’attenzione su tre questioni: “la prima osservazione deriva dal fatto che se è giusto retribuire gli editori ogni volta che un articolo finisce su Facebook o Google, come la mettiamo tutte le volte in cui un contenuto dei social finisce su un giornale? Oggi i quotidiani di carta e i rispettivi siti sono tutti pieni delle foto dello straordinario concerto dei Maneskin con i Rolling Stones: foto postate dai Maneskin su Instagram. Di proprietà di Meta, il gruppo Facebook. Che tutti usano liberamente. Gratis”. Osservazione corretta, ma francamente riteniamo che non esista una simmetria tra i flussi di notizie da una “fonte” (i media “mainstream”) e l’altra “fonte” (i “social”), e certamente nemmeno una simmetria o un equilibrio per quanto riguarda l’economia che è alla base di queste dinamiche.
Seconda osservazione di Luna: “in questi anni i social non hanno fatto bene alla qualità dell’informazione, hanno contribuito a diffondere dei contenuti ma il prezzo è stato deformarli per farli diventare più virali. Il click baiting, la titolazione ad effetto per acchiappare più utenti possibile, tradisce ogni giorno il patto che dovremmo fare con chi ci legge”. Giusta considerazione, ed è evidente la subordinazione che quasi tutti gli editori (ed i giornalisti) dei media “mainstrem” hanno ormai nei confronti delle logiche “numeriche” del web.
Terza osservazione: “nel mondo dell’informazione la ricerca di far soldi con le breaking news o con le scemenze è una partita miope e già persa; contano la ricerca della qualità, la credibilità, il tentativo incessante di spiegare la complessità del mondo, l’ossessione di essere utili a chi ci legge. Per queste cose le persone sono disposte a pagare. La strada contraria porterà alla morte del giornalismo prima di quella dei giornali”.
Riccardo Luna indica la via della “qualità”, come prospettiva che possa differenziare il giornalismo (quel che resta del giornalismo tradizionalmente inteso) dal flusso enorme e confuso di “notizie” e “pseudo-notizie” e “fake news” che alimenta incessantemente il web: ha ragione, ma il problema di fondo è che l’assetto economico del sistema mediale si sta spostando a tutto vantaggio di Meta & Google & Co. e le fonti di alimentazione dei media tradizionali – la “stampa” in primis (intesa come edizione di quotidiani e periodici) – stanno soffrendo un processo continuo di vampirizzazione da parte dei “social”…
La Direttiva “Copyright” interviene, senza dubbio, ma è debole (e comunque tardivo) tentativo e piccolo correttivo, a fronte di una radicale modificazione di paradigmi rispetto ai quali la riflessione pubblica, politica e mediologica, è scarsa.
In Italia, poi, il dibattito sull’economia e sull’ecologia dei media è totalmente inesistente.
Si segnala su questi delicati argomenti, l’edizione in edicola oggi dell’eccellente settimanale “Internazionale” (diretto da Giovanni Di Mauro), che recita a tutta copertina, con amara ironia: “Misteriosa società finanziaria uccide i giornali americani”. Sottotitolo: “La metà dei quotidiani statunitensi è controllata da fondi speculativi. Che fanno profitti distruggendo le redazioni”. Una testata come “Internazionale” è la dimostrazione forse di quel che Luna auspica: un giornalismo di qualità. E, sebbene “Internazionale” rappresenti un caso di successo, esso è un caso più unico che raro nell’asfittico panorama dell’editoria giornalistica italiana. Attendiamo di vedere i risultati di un altro esperimento controcorrente, il settimanale che il giornale online Tpi, diretto da Giulio Gambino, ha lanciato qualche settimana in edicola, “The Post International” che punta allo stesso target del sempre più magro (e non soltanto come foliazione) “l’Espresso”. Da segnalare che anche “Internazionale” si è mosso ulteriormente controcorrente lanciando un settimanale su carta, “L’Essenziale”, che ha l’ambizione si pubblicare “ogni settimana tutto quel che c’è da sapere sull’Italia”…
Perdura il silenzio totale degli stakeholder sulla Direttiva “Servizi Media Audiovisivi”
Se qualche voce è emersa sui media in relazione alla Direttiva “Copyright”, un silenzio curioso – e finanche un po’ inquietante – si registra rispetto alla Direttiva “Smav”.
Sulla prima, è interessante riportare un passo della succitata intervista di Enzo Mazza (Fimi) a “Rockol”: “l’azione di Google e degli Ott è stata molto intensa anche qui in Italia, cercando di limitare l’impatto del concetto dei massimi sforzi, aspetto fondamentale per superare il famoso “value gap” e introdurre l’obbligo di una negoziazione preventiva”.
Il Governo ha modificato le quote di investimento obbligatorio nei confronti di emittenti televisive e piattaforme, ma nessuno (dicesi: nessuno) ha manifestato commenti di sorta. Tace la Rai, tacciono Mediaset & Co, tacciono Netflix & Co.. E tacciono le associazioni dei produttori (Anica ed Apa) e degli autori (100autori ed Anac)…
Il Governo ha modificato le percentuali di affollamento pubblicitario, con conseguenze che si ha ragione di ritenere non indifferenti nell’economia del settore (e nei suoi attuali assetti). Tace la Rai, tacciono Mediaset & Co. …
Sulla Direttiva Smav, a distanza di una settimana, nessuna reazione nemmeno da parte della accademia o dei ricercatori: unica eccezione (a parte “Key4biz”, ovviamente), un commento di Silvia Compagnucci, Direttore Area Digitale dell’Istituto per la Competitività I-Com (presieduto da Stefano Da Empoli), che ha pubblicato ieri 11 novembre un articolo intitolato “Testo unico sui servizi media, cosa prevede e a che punto siamo”. Si tratta di un intervento con qualche profilo critico: si legge che “lo schema proposto dal governo nel testo discusso nei mesi scorsi desta numerose perplessità, imponendo un approfondimento di analisi”. Scrive Compagnucci, con particolare riguardo alle quote: “tale esigenza di semplificazione emerge con palpabile chiarezza con riguardo al sistema delle quote rispetto al quale la stessa legge di delegazione ha prescritto al governo di semplificare e razionalizzare il quadro attuale e di valutare eventuali riduzioni delle numerose quote e sotto-quote esistenti. Nonostante tale esplicita prescrizione, lo schema ha riproposto un sistema a elevata complessità che, seppur con l’apprezzabile fine di sostenere le opere europee e italiane, appare eccessivamente farraginoso, tanto da aver spinto le Camere, concordemente, a richiederne la semplificazione”. Semplificazione che non sembra essere stata accolta dall’esecutivo.
Possibile che le due direttive lascino il tempo che trovano?! No. Non è possibile.
Sarà quindi interessante verificare se tutti i “player” in campo stanno semplicemente attendendo la pubblicazione dei testi sulla Gazzetta Ufficiale, per manifestarsi.
Nelle more, come scrivevamo ieri… “Tutto ciò premesso”, dato che nessuno (o quasi) ne scrive, e dato che la pubblicazione del provvedimento tarda ad apparire sulla Gazzetta Ufficiale (è trascorsa una settimana dall’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri giovedì scorso: perché questo ritardo?!), IsICult ritiene che possa essere resa di pubblico dominio anche la versione del testo della Direttiva “Copyright” che è entrata nella riunione di pre-consiglio.
Ieri giovedì 11 novembre 2021 “Key4biz” ha pubblicato in esclusiva il testo della Direttiva “Smav” ovvero della Direttiva (Ue) 2018/1808.
Oggi venerdì 12 novembre 2021 “Key4biz” pubblica in esclusiva il testo della Direttiva “Copyright” ovvero della Direttiva (Ue) 2019/790.
Sarà interessante verificare anche eventuali modifiche apportate in modalità “last minute”, prima dell’“imprimatur” per la Gazzetta Ufficiale… Come suol dirsi, il diavolo spesso si nasconde nei dettagli.
Ribadiamo: anche questo, riteniamo sia un modo per stimolare un dibattito pubblico e plurale su tematiche che riteniamo siano fondamentali per l’economia e soprattutto per l’ecologia del sistema mediale (e culturale) italiano.
Addenda. Il canone Rai fuoriesce dalla bolletta elettrica? Anche su questo, silenzio da Viale Mazzini
Che esista una qualche problematicità nel modo con cui i media affrontano le tematiche politiche ed economiche del sistema mediale stesso emerge da un’altra osservazione: martedì scorso 9 novembre Matteo Rizzi sul quotidiano “Italia Oggi” pubblica una sorta di scoop (richiamato in prima), sostenendo che dal 2023 il canone Rai dovrebbe scomparire dalla bolletta elettrica (come una delle conseguenze delle riforme all’assetto del mercato dell’energia). Rizzi cita “fonti della Commissione Europea”. La notizia viene ripresa, nei giorni scorsi, da alcune testate, senza approfondimenti o verifiche di sorta. Soltanto ieri giovedì 11, viene rilanciata da “la Repubblica”, forte di una conferma che l’agenzia stampa Agi avrebbe ricevuto, sempre da “fonti”, ancora anonime, della Commissione Europea (“un portavoce della Commissione” si legge nel dispaccio Agi).
Da segnalare che, in audizione il 4 agosto 2021 di fronte alla Commissione Parlamentare di Vigilanza guidata da Alberto Barachini (Forza Italia), l’Amministratore Delegato Carlo Fuortes aveva sostenuto che il Governo lo aveva riassicurato in argomento, e che la questione non era proprio all’ordine del giorno dell’esecutivo.
Delle due, l’una: il Governo ha mentito all’Ad Rai?! le fonti di “Italia Oggi” e dell’Agi sono inaffidabili?! Si tratta di un tema centrale per l’economia di Viale Mazzini (e dell’intero sistema televisivo e audiovisivo italiano): nessuna reazione dal Settimo Piano, ma nemmeno da San Macuto.
Anche questi silenzi sono sconcertanti, non meno di quelli sulle direttive “Copyright” e “Smav”.
Clicca qui, per la versione della “Direttiva Copyright” portata al tavolo del pre-consiglio di Palazzo Chigi, per l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri nella seduta del 4 novembre 2021: “Direttiva (Ue) 2019/790 del Consiglio del 17 aprile 2019 (di seguito “direttiva”) sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/Ce e 2001/29/Ce, entrata in vigore il 7 giugno 2019 in attuazione della legge 22 aprile 2021, n. 53, recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020”, articolo 9”.