Mercoledì ho sentito nel telegiornale delle 14.00 la notizia e sono rimasta senza parole.
Mai si sarebbe potuto pensare che nei confronti della massima rappresentanza dell’UE, in visita ufficiale in Turchia sarebbe stata consumata una così grave e meditata offesa.
Ho evidenziato la parola “meditata” perché come Prefetto ho potuto rendermi conto, nel corso della mia carriera, quanto sia importante il cerimoniale nell’organizzazione degli incontri ufficiali nazionali ed internazionali.
Da Prefetto di Cagliari nel 2016 mi sono dovuta occupare dell’organizzazione della visita in Sardegna del Presidente cinese Xi Jinping, che fu ricevuto, oltre che dall’intera Giunta Regionale Sarda, da buona parte del Governo, compreso il Presidente del Consiglio protempore.
Era un evento particolarmente delicato non solo perché era la prima volta che il Presidente cinese, peraltro accompagnato dalla consorte, arrivava in Europa ed in Italia, anche se si trattava di una visita privata, ma anche per l’elevato numero di autorità coinvolte.
Già molto tempo prima iniziarono i preparativi per la visita in cui furono impegnati non solo la Prefettura ma anche gli Uffici del Cerimoniale di Palazzo Chigi e della Regione e i rappresentanti dell’ambasciata cinese a Roma.
Con la massima cura fu vagliato, momento per momento, ogni movimento della delegazione cinese, senza trascurare nessun particolare.
Tutto si svolse perfettamente ed al termine della visita ricevetti i complimenti ed i ringraziamenti formali dell’ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese.
Conosco, quindi, l’importanza del cerimoniale per la perfetta riuscita di un evento istituzionale e l’attenzione con cui bisogna considerare ogni fase degli incontri tra personaggi pubblici, soprattutto quando coinvolgono autorità internazionali, con abitudini e sensibilità differenti, e come la responsabilità di tutto alla fine sia sempre di chi ospita l’evento, che ha l’ultima parola su ogni cosa.
La versione turca odierna, quindi, secondo cui la scelta infelice è stata il frutto di un accordo con il cerimoniale europeo del presidente Michel, riesce solo a coinvolgere (ulteriormente) il collega europeo di Erdogan in quella che è l’ennesima dimostrazione della perfetta consonanza di vedute maschili ad ogni latitudine.
Si può dire quindi, senza tema di smentite che quello che è accaduto in Turchia non è frutto di un errore o di una svista.
E bisogna riconoscere che la Presidente della Commissione Europea, di fronte alla constatazione che i due uomini non solo si erano accomodati prima di lei, ma avevano tranquillamente occupato le due uniche poltrone predisposte dal cerimoniale turco per i tre partecipanti al vertice Europa-Turchia, ha dimostrato un self control invidiabile nel limitarsi ad esclamare un semplice “ Ehm!” che forse è da intendersi per l’acrostico di “Erdogan is misoginist”.
Ma l’offesa che il satrapo turco ha inteso infliggere alla Presidente della Commissione Europea non è solo uno sgarbo istituzionale nei confronti di una dei massimi rappresentanti dell’Europa, in visita ufficiale nel suo paese, , ma è soprattutto una grave provocazione, reiterata nel tempo, nei confronti di tutte le donne europee, che Ursula von der Leyen rappresenta.
È di pochi giorni fa l’annuncio di Erdogan del ritiro della Turchia dalla Prima Convenzione Internazionale, sottoscritta proprio ad Istanbul nel 2011, che sancisce l’uguaglianza tra uomo e donna e definisce la violenza di genere come un atto discriminatorio ed una violazione dei diritti umani.
Abbiamo un bel lottare nei nostri Paesi per raggiungere un’effettiva parità e per contrastare ogni forma di violenza sessista, quando abbiamo, vicinissima a noi, la minaccia dei paesi musulmani che rifiutano totalmente il principio della parità formale e sostanziale tra uomo e donna.
La pressione, peraltro, di quelle popolazioni sui nostri confini, per entrare nell’Europa del benessere e del progresso, se da un lato deve trovarci pronti all’accoglienza ed alla inclusione, dall’altra deve farci riflettere come, nel campo dei diritti, non si possa mediare e parlare di rispetto di culture diverse.
La condanna ed il rifiuto nei confronti di ideologie politiche o religiose che negano i diritti umani deve essere senza se e senza ma.
Ma soprattutto una consapevolezza non deve mai far abbassare la guardia al movimento delle donne: il riconoscimento della parità di genere non deve mai essere considerato un dato acquisito perché la discriminazione nei confronti delle donne affonda nella notte dei tempi e riaffiora continuamente, nei luoghi e nelle forme più diverse.
Basti pensare, nell’occasione in questione, all’incapacità dell’altro rappresentante europeo a reagire e rintuzzare immediatamente l’offesa imperdonabile di Erdogan.
Oggi ho voluto verificare nella rassegna stampa come la notizia fosse stata riportata dai nostri giornali.
Ho consultato, credo, tutti i quotidiani nazionali, da La Stampa a La Gazzetta del Mezzogiorno, da La Nazione a Il Mattino.
Su un totale di 17 quotidiani a tiratura nazionale, ben 8, quasi la metà, sia di destra che di sinistra, non hanno ritenuto la questione meritevole di essere inserita nella prima pagina.
Sono Il Manifesto, Il Messaggero, Il Fatto Quotidiano, il Mattino, Il Foglio, Libero, Domani, La Gazzetta del Mezzogiorno.
Non è stato molto consolante vedere che tutti gli altri, invece, hanno riportato la notizia pubblicando in prima pagina la foto emblematica dei due maschi seduti di fronte alla Presidente von der Leyen in piedi.
Meditiamo, donne…meditiamo!